2 Dicembre 2012 | di Elisabeth Elliot – Qualche tempo fa ho letto di un nuovo trionfo nel campo medico che riguarda gemelli non ancora nati. L’amniocentesi ha dimostrato che uno di loro aveva la sindrome di Down. La madre ha deciso che non voleva quel bambino, quindi con un semplice espediente di perforare il cuore del bambino con un lungo ago, è stato ucciso nel grembo materno. Lei ha portato la gravidanza a termine e un bambino è nato vivo – quello che lei voleva tenersi – e un bambino morto – quello che non voleva. Ciò è stato salutato come un notevole passo avanti. Vi chiedo di fermarvi per un istante e considerare questa domanda: cos’era, appunto, quello che è stato ucciso? Che cos’è quello che non è stato ucciso? La risposta a entrambe le domande, naturalmente, è – un bambino. Erano entrambi bambini. Erano gemelli. Ho usato parole semplici, ordinarie per raccontare la storia – le stesse parole che ha utilizzato il giornalista riportando la notizia. Niente di ambiguo. Niente di sedizioso.
Ho letto la settimana successiva sulla stessa rivista di un’altra scoperta medica. Questa volta i medici hanno utilizzato uno strumento inserito in un utero non per uccidere un bambino, ma per salvarlo. Questo bambino aveva una grave anomalia cardiaca che hanno potuto risolvere con la chirurgia intrauterina. Può una persona onesta e ragionevole, non fare il confronto? In questo secondo caso, lo strumento in mano al chirurgo ha permesso al piccolo cuore di continuare a battere. Nel primo caso, l’ago nella mano del chirurgo ha fatto smettere il cuore di battere. Come, esattamente, dovremmo chiamarlo?
L’intervento intrauterino è stato chiamato salvavita perché ha sistemato il cuore difettoso di un bambino. Che linguaggio possiamo usare quando parliamo di distruggere un cuore che funziona perfettamente? C’è una semplice parola, è ovvio, ma non ci è permesso di usarla. Beh, potremmo dire vita-distrutta? E’ consentita per questa tecnica così chiara ed efficiente? Beh, non proprio. Perché la parola vita è esplosiva. La vita non è rilevante quì. E’ la vita della madre che è presa in considerazione, e di nessun altro. L’altro non è una vita – non è degno di vivere in ogni caso, la sua vita non vale la sofferenza della madre. Quindi non dobbiamo usare parole ordinarie. Sono troppo emotive. Sono troppo forti. Il fatto è che hanno fermato il cuore. Questo è tutto. Hanno solo interrotto il suo battito.
Mi fa piacere che l’autore di questo articolo sul bambino il cui cuore è stato guarito ha ammesso la possibilità che la chirurgia fetale potrebbe sollevare una questione etica che il mondo medico pensava di aver messo a tacere. Potrebbe rendersi necessario, alla luce di questi progressi, chiedersi ancora una volta se un feto è una persona?
Questo è il problema oggi. E’, in ultima analisi, l’unica domanda che deve essere considerato quando si parla del nascituro. E’ un qualcosa tipo “usa e getta”? Si tratta di un oggetto senza vita propria, un po’ di tessuto che appartiene ad una donna che ha il diritto di fare con esso ciò che vuole? Se ne ha bisogno e lo vuole, se lo tiene. Se non ne ha bisogno e non lo vuole, lo butta via. E allora cos’è tutto questo discutere?
La sincerità è la volontà di accettare i fatti. Coloro che dicono la verità sono da sempre considerati ridicoli, o così pericolosi da meritare la morte. “Nessuna verità”, ha scritto Hannah Arendt, “che va a toccare il profitto, l’ambizione o la cupidigia di qualcuno, è ammissibile. Le azioni sgradevoli possiedono un’esasperante ostinazione che nulla può giustificare se non candide bugie.”
Ecco i fatti sgradevoli. Stavamo parlando di bambini: il gemello che è stato salvato, il bambino con il cuore difettoso che è stato anche salvato, e il gemello il cui cuore è stato trafitto con un ago. Erano bambini. Le scelte riguardavano questi bambini: scelte deliberate, consapevoli. Una, per consentire a un bambino di vivere. L’altra di intervenire chirurgicamente in modo che un bambino destinato a morire potesse vivere. (Si sarebbe mai sognato il chirurgo che ha eseguito l’operazione di dire alla madre che il suo bambino non era una persona? Ha salvato la sua vita, e la madre le fu grata.) Ma nell’altro caso, qual è stata la scelta? E’ stata di uccidere un bambino. Questi sono i fatti sgradevoli, ma sono esasperatamente ostinati. Non si smuovono. Era un bambino. E ‘stato ucciso. Nulla può giustificare tali fatti se non bugie.
Vi chiedo sinceramente di guardare a quella piccola creatura con i suoi occhi e le sue mani e il cuoricino che batte, tenuto in quello che è il più sicuro dei luoghi, il grembo della madre. Nessuna donna che ha in lei una cosa del genere dubita sul fatto che tiene in grembo un bambino. Nessun medico che lo estrae con qualsiasi mezzo rapido e putativamente sicuro può negare che ciò che estrae è un essere umano, e che quello che fa è ucciderlo.
Vi chiedo in nome di Dio di guardare alla verità. E vi chiedo, infine, di pensare a ciò che Gesù ha detto: ” in verità vi dico: tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me ” (Matteo 25:40). Gesù non dimentica.