SINCERITA’ E TRASPARENZA

di A. W. TOZER  Se si volesse avere un’immagine abbastanza esatta dell’umanità si potrebbe senz’altro capovolgere il sermone sul monte nel suo contrario e dire: Prego, questa è l’umanità. Perché il contrario del sermone sul monte mostra esattamente le caratteristiche che contraddistinguono la vita e il comportamento umani naturali. Nel mondo di solito non troviamo nessuna delle virtù di cui Gesù parla all’inizio del suo discorso sul monte. Anziché la povertà di spirito si trova la forma più spiccata di superbia; anziché mansuetudine governa l’arroganza; anziché la fame di giustizia si sente dire: Io sono ricco, ho tutto e non ho bisogno di niente; anziché misericordia c’è la crudeltà; anziché la purezza di cuore ci sono immaginazioni perverse; anziché portatori di pace gli uomini sono nervosi attaccabrighe . Anziché accettare umiliazioni contrattacchiamo con ogni mezzo.

Di questa stoffa morale è fatta la società civile. L’atmosfera ne è satura: noi respiriamo questo spirito. La cultura e l’educazione affinano un po’ queste cose, ma non cambiano nulla dei tratti caratteristici. Eppure questi mali e queste caratteristiche fan parte proprio di quelle cose che rendono la vita una lotta spaventosa. Tutti i nostri affanni di cuore e molti dei nostri malanni fisici hanno la loro fonte diretta nei nostri peccati. Superbia, arroganza, irascibilità, cattivi pensieri, odiosità e avarizia causano più dolori agli umani, che tutte le malattie le quali possono colpire solo il corpo dell’uomo.

In un tale mondo le parole di Gesù risuo­nano sorprendenti e arcane come un’apparizione celeste. E’ bene che egli abbia parlato in tal modo e nessun altro avrebbe potuto farlo; ed è bene che noi lo ascoltiamo. Le sue parole sono verità. Egli non ci offre un’opinione fra le tante; Gesù non ha mai espresso pareri vaghi. Non ha mai tirato ad indovinare; allora sapeva ciò che sa pure ora. Le sue parole non sono solo la somma di una riflessione o di osservazione esatta. Gesù parlò dalla pienezza della sua divinità e le sue parole non sono altro che la verità originaria. Egli è l’unico che poteva dire con illimitata autorità: “Beati”; giacché lui stesso è il ‘beato, che venne dal mondo celeste, per rendere beati gli uomini. E le sue potenti opere, che nessun altro uomo può fare su questa terra, confermano le sue parole. Chi è savio lo ascolta. Gesù usò la parola mansueti, in una frase breve e concisa, come spesso fece anche in altre occasioni, e solo a posteriori spiegò cosa intendeva. Nel corso dell’evangelo di Matteo dice di più in merito e ci mostra l’applicazione per la nostra vita.

Gesù offre il riposo.

 “Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo. Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Matteo 11,29).

Qui sono a confronto due opposti: un carico e un riposo. Il carico non è solo quello dei primi ascoltatori di queste parole ma quello dell’intera umanità che vi è sottoposta. Esso non ha nulla da fare con l’oppressione politica, la povertà o il duro lavoro. Esso va in una profondità maggiore . Esso pesa sui ricchi come sui poveri. Né la ricchezza né la povertà possono liberarsene.

Il carico che l’umanità porta è pesante e schiacciante. La parola usata qui da Gesù significa un onere o una fatica che porta all’esaurimento. Riposo significa che il carico viene tolto via. Qui non si tratta di ciò che facciamo noi, bensì di quello che riceviamo quando smettiamo di volervi riparare con le proprie forze. La mansuetudine propria di Gesù è il riposo della pace.

Gettiamo un’occhiata al nostro carico. Esso è interiore. Attacca cuore e intelletto, e raggiunge il corpo solo dall’interno. Come primo il carico della superbia. Che sofferenza causa l’amore per sé stessi! Non viene molto dolore nella vita dal credere che non si gode di stima sufficiente? Fintanto che io mi comporto come se fossi un piccolo dio, che devo servire fedelmente, vi saranno anche quelli che si divertiranno a offendere il mio idolo. Come posso sperare di trovare il riposo e la pace interiori?

I rabbiosi tentativi del cuore di proteggersi da ogni messa in disparte, da ogni retrocessione, di salvaguardare l’onore vulnerabile dalle cattive opinioni di amici e nemici, fanno in modo che i pensieri si arrovellino sempre. Chi conduce questa lotta per anni ed anni risente questo carico come sempre più insopportabile. E tuttavia molti uomini portano tal carico pesante senza interruzione. Mettono ogni parole detta contro di loro sul bilancino dell’orefice. Si contorcono sotto ogni critica. Soffrono per ogni offesa immaginaria, trascorrono notti insonni se gli viene preferito un’altra persona.

Un tale carico non è necessario. Gesù ci chiama al riposo, alla pace. Il suo metodo è la mansuetudine. L’uomo mansueto non si preoccupa di chi sia maggiore di lui, ha deciso da lungo tempo che non g] viene di ricercare l’onore del mondo sviluppa nei suoi stessi confronti un umorismo benigno e può dire: Oh, sono trascurato? Mi è stato messo un altro davanti? Si mormora che io non sia niente di speciale? Mi dispiace che gli uomini dicono di me cose che mi sono già detto da solo? Ancora ieri ho parlato di me a Dio e detto che non sono nulla, sono solo un verme nella polvere. Ho forse mutato opinione? No, no. Voglio piuttosto umiliarmi e smettere di preoccuparmi delle opinioni che altri hanno di me.

Ma capite bene. L’uomo modesto e mansueto non è un topo umano che soffre di complesso di inferiorità. Anzi nel su di vita è così coraggioso come un leone, cosi forte come Sansone. Ma ha smesso di ingannare se stesso. Ha accettato la valutazione della sue vita personale fatta da Dio. Sa di essere proprio tanto debole e bisognoso d’aiuto, come dice Dio. Ma nel contempo sa che agli occhi di Dio è più importante di un angelo e che può ogni cosa in Colui che lo fortifica (Filippesi 4,13).

La pace che viene dalla mansuetudine.

“Nulla da se stesso, tutto in Dio.” Questo è il motto dell’uomo mansueto. Egli sa benissimo che il mondo non lo vede mai come lo vede Dio. Perciò ha smesso di fare attenzione al mondo. E’ entrato nella calma; E consente a Dio di dargli il proprio valore. Attende pazientemente il giorno in cui riceverà il giusto cartellino dei prezzi manifestato ciò che ha realmente valore. Allora i giusti appariranno nel regno del loro Padre. Il mansueto è disposto ad attendere tal giorno.

Nel frattempo è arrivato al luogo del riposo. Va per la sue via in mansuetudine fascia a Dio il compito di difenderlo. Non c’è più per lui il vecchio combattimento dell’autodifesa. Ha trovato il riposo che porta la mansuetudine.

Perciò è anche liberato dal carico della vita dell’apparenza. Non intendo con ciò il fare da camaleonte, ma il normale desiderio umano, di mostrarsi dal lato migliore e di nascondere agli occhi del mondo la propria povertà interiore. Il peccato ci ha giocato molti tiri malvagi. Uno di essi consiste nell’ispirarci una falsa vergogna. Non esiste quasi uomo o donna che osi mostrarsi ed essere come realmente è, senza migliorare un poco l’impressione di se stesso sugli altri.

La paura di essere svergognato rode come una bestiolina nei loro cuori. Uomini di cultura temono di trovarsi di fronte un giorno un uomo più aggiornato di loro. Lo studioso teme l’uomo che ne sa più di lui. Il ricco suda freddo al pensiero che un giorno i suoi vestiti, la sue auto, la sue case possano apparire meno lussuosi, paragonati a quelli di altre persone ricche. La cosiddet­ta alta società viene motivata in tal modo, e gli strati più poveri la imitano, al loro livello di possibilità.

Nessuno adesso dovrebbe sorridere di commiserazione. Questi carichi sono davvero reali e costano moltissimo alla vittima di uno stile di vita tanto cattivo e falso. La psicologia, montata per anni attorno a questa attitudine, rappresenta la vera mansuetudine come irreale, una specie di sogno, tanto lontana quanto un astro.

Essere trasparente e sincero

Una fonte d’insopportabile peso è l’artificiosità. Moltissima gente vive neIl’ansia segreta di tradirsi un giorno o l’altro e che un amico o un nemico potrà gettare uno sguardo nella loro povertà interiore. Perciò non sono mai rilassati. Gli intellettuali sono tesi e temono di poter un giorno dire qualcosa d’ordinario o stupido. Persone che hanno viaggiato molto temono d’incontrare un giorno qualche Colombo che posse descrivere luoghi molto lontano, che loro non hanno mai visto.

Questo stato innaturale è parse della nostra triste eredità di peccato, ma viene ancora più raffinata dal nostro tempo dal ritmo veloce. Tutta la pubblicità si base in gran parse sulla pessima abitudine di voler apparire più di quel che si è. Vengono offerti corsi in questa o in un’altra materia, rivolgendosi in tutta evidenza al desiderio di voler brillare. Vengono venduti libri vestiti e prodotti cosmetici facendo costantemente appello al desiderio di essere qualcosa, apparire per quello che non si è.

L’artificiosità è una maledizione che spa­risce nello stesso istante in cui ci inginocchiamo ai piedi di Gesù e ci affidiamo alla sue mansuetudine. Allora vogliamo piacere solo a Dio. A questo punto è importante solo l’essere reale. Quello che sembriamo essere, allora non ci è più importante. A parse il peccato, non abbiamo nulla di cui doverci vergognare. Solo dal desiderio egoista di voler essere migliore degli altri, veniamo indotti e sviati a voler apparire quello che non siamo.

L’uomo naturale cede frantumato sotto questo onere di superbia ed apparenza. Noi possiamo essere liberati da questo carico solo tramite la mansuetudine di Gesù Cristo. Un’intelligenza sana può aiutarci un poco, ma il nostro IO è tanto forte che emerge sempre in altri punti appena viene respinto da uno.

Gesù dice agli uomini di ogni tempo di venire a lui che vuol dar loro riposo. Il riposo che egli offre e il riposo della man­suetudine, la meravigliosa liberazione che ci viene data quando ci accettiamo come siamo e smettiamo di voler essere qualcosa di meglio. Dapprima abbiamo bisogno di un po’ di coraggio, ma la grazia necessaria ci viene donate quando riconosciamo che dividiamo questo giogo nuovo e soave con il forte Figlio di Dio. Egli lo chiama suo giogo, e si mette da un lato mentre noi ci disponiamo dall’altro.

Una preghiera.

Signore, liberami dalla costrizione interiore di dover gareggiare con gli altri per un posto, una posizione e un prestigio più ele­vati. Io voglio essere sincero e senza artificiosità. Liberami da ogni teatralità e da ogni apparenza. Aiutami a dimenticarmi e a trovare il mio riposo, la mia vera pace, mentre rivolgo i miei sguardi a te. Affinché tu posse esaudire la mia preghiera, mi umilio davanti a te. Poni su di me il tuo gioco soave dell’oblio di me stesso, affinché io possa trovare così la mia pace. Amen.