di ROBERTO BRACCO – “Non vi era luogo per loro” (Luca 2:7) – L’evangelista spinge la sua precisazione descrittiva fino alla scrupolosità e ci fa sapere che nell’albergo non vi era posto per Maria, per Giuseppe e neanche per il loro PICCOLO PRIMOGENITO. I congiunti evidentemente trovarono asilo nella grande rimessa di una pubblica locanda ed il fanciullino trovò il suo primo letto in una mangiatoia, forse colma di fieno. Se la descrizione di Luca avesse preceduto la nascita del bambino, avremmo potuto concludere che soltanto i coniugi di Nazareth non avevano potuto godere del beneficio di un albergo, ma poiché il testo sacro è meticolosamente esatto nel dirci che “per loro” non c’era posto includendo in quel plurale anche il piccolo Gesù, possiamo comprendere che soprattutto per quest’ultimo si deve notare il grande contrasto che appare fra la sua grande regalità ed il suo doloroso ingresso nel mondo.
Possiamo anzi notare che non c’era nulla di eccezionale nel fatto che due coniugi di condizioni economiche modestissime e giunti nei sobborghi di Gerusalemme in periodo di superaffollamento fossero stati respinti ai margini della competizione per gli alloggi. Tutto al più sarebbe stato possibile scorgere in quell’episodio un quadro della dura battaglia sociale che divide le popolazioni di tutto il mondo in poveri e ricchi o in gaudenti e in sofferenti. Non c’era nulla di eccezionale, ripetiamo, nel caso di una povera famiglia operaia che non riesce ad ottenere una camera d’albergo, ma ben c’era qualche cosa di eccezionale nel fatto che il “Re” non trovasse accoglienza o albergo nella sua terra.
Non un re, ma il Re era venuto al suo popolo, ai suoi sudditi ed essi gli avevano negato un posto; non soltanto gli avevano negato un trono ma anche un posto, sia pure il più umile nell’ultimo fra gli alberghi di Gerusalemme. “Non vi era luogo”. Il Natale non poteva essere accolto fra le moltitudini; non poteva essere posto all’ombta di un asilo accogliente o di un palazzo sontuoso: doveva rimanere nella stalla, nella mangiatoia…
Il piccolo, fanciullo passerà ancora per le vie del mondo picchiando alla porta di ogni albergo, MA NON TROVERA’ neanche un nido, neanche una tana. I suoi non vorranno riceverlo, ed egli avrà delle mense che non saranno sue e si rifuggerà in case che non gli apparterranno; cavalcherà sopra un puledro preso umilmente in prestito, morirà sopra un letto che sarà soltanto un patibolo e scenderà in una tomba che non gli appartiene… Egli continuerà ad essere Colui per il quale “non vi era luogo nell’albergo”.
Natale! Celebrazione dell’umiliazione; tripudio dell’annichilimento. VOI NON TROVERETE MAI IL NATALE NEI LUOGHI OVE GLI UOMINI HANNO CERCATO DI PORTARLO: fra le feste, in mezzo alle candeline colorate o sotto gli alberi carichi di doni. Voi non lo troverete sulle mense riccamente imbandite o nelle straduzze dei presepi artificiali; non lo troveremo neanche intorno alle stufe che accolgono fra le braccia del loro calore le famiglie spensierate ed un po’ inebriate dalle feste di dicembre. Non lo troverete neppure dentro le cattedrali rifulgenti nei loro ornamenti di oro o nei drappeggi dei loro apparati…
No, non troverete il Natale in nessuno di questi luoghi come non lo avreste potuto trovare in nessuna camera degli alberghi di Gerusalemme o di Betlem perché “non vi era luogo per Lui”.
Noi possiamo trovare e rivivere il Natale soltanto li, ove esso nacque: vicino alla mangiatoia!
Lontani da ogni grandezza umana, da ogni pensiero mondano. Divisi dal clamore disordinato di un popolo in confusione, noi potremo, nella stalla senza luce e senza gloria, contemplare in adorazione il “fanciullo che ci è nato”.
Senza bisogno di fare applicazioni mistiche o senza dare interpretazioni figurative, noi possiamo dare al nostro testo la fisionomia di un richiamo all’umiltà più profonda, alla sobrietà più sana, al rinunciamento più completo; li c’è il Natale, li c’è il glorioso Re.
In questi giorni, purtroppo, quasi tutti hanno smarrito il senso, il significato del Natale e per questo doloroso motivo vediamo sostituito lo spettacolo del Figlio di Dio che nasce in una stalla e viene adagiato in una mangiatoia con quello più coreografico e più vivace, ma meno reale e niente affatto sublime, di una solennità religiosa carica di fili d’argento e di fiocchi di bambagia.
No, non c’è posto per Lui; ed anche oggi tutto si accoglie e tutto si riceve, ma Il Re del cielo continua a rimanere li perché una torma di umili pastori possa essere guidata fino al suo letto dalla schiera celeste che salmeggia intorno al suo capo.
Vogliamo unirci ai guardiani veglianti del gregge? Vogliamo anche noi distogliere lo sguardo dallo spettacolo multicolore di questo mondo per volgerlo verso il povero ricetto di Betlem?
Prostriamoci nell’umiliazione ed adoriamo il Re che non ha avuto, che non ha e che non può avere un luogo nell’albergo di questo mondo!