L’UOMO NEL TEMPO E NELL’ETERNITA’

CAPITOLO 1: – L’UOMO CREATURA DI DIO

CAPITOLO 2: – IL CORPO DELL’UOMO

CAPITOLO 3: – L’ANIMA DELL’UOMO

CAPITOLO 4: – LO SPIRITO DELL’UOMO

CAPITOLO 5: – L’UOMO E DIO

Introduzione

Questo breve studio biblico, come i precedenti, è frutto di un lavoro spontaneo e frettoloso cioè è stato gettato giù, in pochi giorni, per appagare una richiesta giunta da diverse parti.

Nonostante però la brevità del tempo, entro il quale è stato ultimato, ha conosciuto una cura particolare e cioè quella di renderlo accessibile e comprensibile a tutti. Forse questa cura lo ha reso “troppo semplice” in alcune espressioni, o “troppo puerile” in alcuni concetti, ma noi crediamo che nell’assieme lo studio se ne sia avvantaggiato a beneficio di una larga categoria di credenti non preparati alla difficile terminologia teologica.

Qualche volta è stato necessario esprimere un concetto, una definizione con parole di uso non comune, ma il concetto e la definizione sono stati poi ripetuti con parole facilmente comprensibili.

La fretta con la quale è stato compiuto scusa molte delle lacune di questo lavoro; la profondità dell’argomento ne scusa molte altre, ma noi speriamo che nonostante lacune e difetti questo studio possa interessare un numero elevato di credenti e possa anche accendere in essi un desiderio sempre più vivo, sempre più intenso per gli studi biblici.

Questo studio ha, soprattutto, uno scopo: esaminare l’uomo nel suo aspetto di “creatura di Dio”, quindi nel suo aspetto più profondo, più importante. Noi speriamo che questo esame possa rappresentare un raggio, sia pur debole, di luce, per una conoscenza più intiera dell’uomo, la più meravigliosa fra le creature di Dio.

L’UOMO CREATURA DI DIO

Chi è l’uomo? Uno sconosciuto, ha risposto un famoso scrittore straniero. Veramente l’uomo è uno sconosciuto o almeno una creatura misteriosa che ci rivela sempre nuovi aspetti della sua personalità. Noi però non possiamo accontentarci di questa risposta e dobbiamo cercare di dare una risposta più ampia e più precisa alla domanda.

Dobbiamo soprattutto cercare la risposta nelle pagine della Bibbia, ma possiamo anche servirci di tutti gli altri mezzi che ci aiutano a comprendere l’uomo.

La Bibbia ci dichiara che l’uomo è una creatura formata da Dio con materiale già esistente.

Ci dichiara anche che è stato formato all’immagine di Dio e quindi che è la più perfetta fra tutte le creature, ed infine ci dichiara che è l’unica creatura che viva una vita abbondante, anzi una vita totale. Gen.1:26; 2:7,17,20,22 – 1 Cor.11:7.

Questa dichiarazione biblica ci dice che l’uomo è stato formato di materia e di spirito, perché Dio fece l’uomo con la polvere della terra, che già esisteva, e poi gli alitò un fiato vitale cioè un soffio di vita. All’uomo è stata data la supremazia del creato perché è stato fatto la più eccelsa delle creature. Tutte le creature di Dio sono perfette perché tutto quello che Iddio ha fatto “è buono”, ma l’uomo è la più perfetta delle creature di Dio.

Dobbiamo spiegare questa dichiarazione apparentemente assurda: ogni animale, ogni pianta, ogni cosa che è stata creata da Dio è perfetta rispetto a se stessa; per esempio un cane, come cane è perfetto, una rosa come rosa è perfetta. Tutte queste cose però sono imperfette rispetto a Dio; per esempio una rosa non ha tutta la bellezza di Dio, il cielo non ha tutta la grandezza di Dio, il sole non ha tutto lo splendore di Dio.

Quando mettiamo tutte le creature di Dio a confronto con loro stesse troviamo che tutte sono perfette, ma quando le mettiamo a confronto con Dio troviamo che l’uomo è la più perfetta perché è l’unica che è stata fatta all’immagine di Dio.

La vita nell’uomo

L’uomo, abbiamo anche detto, è l’unica creatura che viva una vita completa. Le creature viventi generalmente vivono la vita vegetativa oppure la vita sensitiva e la vivono soltanto per un periodo di tempo; l’uomo invece vive la vita vegetativa, la vita sensitiva e la vita morale e vive nell’eternità. Quindi la vita dell’uomo è la più abbondante; l’unica veramente completa.

Vogliamo spiegare il significato dei termini “vegetativa” “sensitiva” “morale”. La vita vegetativa è quel genere di vita che hanno quasi tutte le piante e alcune specie di animali inferiori e che consiste nella capacità di afferrare e assimilare le sostanze nutritive per vivere, svilupparsi e riprodursi. Prendiamo l’esempio di una pianta che assorbe dal terreno sostanze e umidità e dall’aria quelle particelle chimiche necessarie alla propria respirazione. Essa cresce, si sviluppa, produce il seme, muore e poi, a mezzo de seme, si riproduce.

La vita sensitiva invece è quel genere di vita che permette di servirsi dei sensi per afferrare il significato esteriore delle cose. Prendiamo l’esempio di un cane; esso vede, ode, riconosce i sapori, sente le carezze o avverte le percosse e riconosce gli odori. Il cane non soltanto si nutrisce, cresce, si riproduce, ma vive anche a contatto delle realtà fisiche del mondo a mezzo dei suoi sensi cioè dell’odorato, della vista, del palato…

La vita morale, infine, è quel genere di vita che permette di servirsi dell’intelletto e dei moti interiori, cioè della coscienza per regolare la propria condotta di fronte all’uomo e di fronte a Dio; di fronte al tempo e di fronte all’eternità. Per questo genere di vita non possiamo prendere esempi all’infuori dell’uomo, perché soltanto questa creatura meravigliosamente formata da Dio, oltre a nutrirsi, svilupparsi, riprodursi e oltre ad avere contatto col mondo fisico a mezzo dei suoi sensi, può fare uso della ragione e della coscienza per vivere una vita che lo eleva sopra del mondo fisico; una vita superiore, una vita piena.

L’uomo non è ab-eterno, cioè non è sempre esistito, ma dal giorno che è stato creato. Gli è stata data l’immortalità e perciò anche per questo dobbiamo dire che la vita dell’uomo è l’unica vita totale. Una pianta, un animale, possono vivere il tempo che durano, ma l’uomo vive il tempo che dura nel mondo e vive fuori del mondo nell’eternità.

Quindi l’insegnamento biblico ci dice chiaramente la medesima cosa che gli studiosi di teologia esprimono in maniera più complicata quando ci dicono che “l’uomo è un essere razionale composto di materia fisica e materia spirituale; che è composto cioè di organismo fisico che è, a sua volta, un composto chimico fornito di apparati e sistemi e una psiche spirituale”.

Tutte queste parole servono semplicemente per dirci che l’uomo è un essere materiale e spirituale e che possiede una mente capace di ragionare e quindi capace di controllare e dirigere la propria vita fisica e la propria vita interiore.

La teologia e la Bibbia sono perciò d’accordo nel dirci che l’uomo è la più perfetta delle creature e che è l’unica che ha in se stessa l’immagine di Dio.

L’uomo nel pensiero materialista

Chi non è d’accordo con queste dichiarazioni è il “materialismo”. Il materialismo è quel pensiero scientifico che cerca di negare la vita spirituale e che perciò vuole affermare che tutto è materia e soltanto materia.

Il materialismo dice che l’uomo non è un essere spirituale e materiale, ma soltanto materiale. Il materialismo nega l’esistenza di Dio e quindi nega anche che l’uomo possa avere o possa essere l’immagine di Dio.

I materialisti spiegano la superiorità dell’uomo sulle altre creature con la teoria dell’evoluzione. Essi dicono che l’uomo in origine non era come oggi; era semplicemente una scimmia senza favella cioè senza parola e quindi con un intelletto limitato, simile a quello delle scimmie che noi conosciamo.

Questa scimmia si sarebbe venuta a trovare in circostanze particolari di vita che l’avrebbero obbligata a fare uso dei suoni della propria gola.

Forse per difendersi dalle bestie feroci avrebbe imparato a lanciare un grido speciale che fosse servito a chiamare in aiuto le altre scimmie; forse per unirsi alle proprie compagne per raggiungere i torrenti, avrebbe imparato un altro grido che fosse stato subito riconosciuto come un segnale; forse per avvertire che aveva trovato cibo per tutti avrebbe imparato ed usato un altro grido…

Questi gridi sarebbero state le prime parole che sono poi aumentate e che si sono perfezionate. Con l’uso delle parole sarebbe nato e si sarebbe sviluppato anche l’uso del ragionamento e con l’uso del ragionamento sarebbe iniziato il perfezionamento della scimmia, che ha incominciato a lasciare la vita bestiale per cercare una vita più elevata che lentamente e lentamente l’ha condotta ad un genere di vita superiore.

Se domandate ai materialisti: – Ma questa scimmia da dove è venuta? Essi vi diranno: – Anche la scimmia è venuta da una specie inferiore ad essa e questa specie inferiore è venuta a sa volta da una specie inferiore fino a che si arriva all’organismo composto di una sola cellula invisibile. L’organismo di una sola cellula è venuto da processo biologico primitivo e poi…non sappiamo nulla.

Insomma i materialisti non possono spiegare l’origine della vita, però vogliono affermare che da quando la vita è incominciata si è continuamente perfezionata per un processo di evoluzione materiale. Così da un piccolo insetto, lentamente, lentamente è venuto un animale imperfetto; da quell’animale imperfetto, lentamente è venuto un animale più perfetto; da quell’animale più perfetto è venuta la scimmia e dalla scimmia, attraverso decine e centinaia di millenni, è venuto l’uomo.

Noi non possiamo accettare questo ragionamento non soltanto perché è in contrasto con la Bibbia, ma anche perché è incompleto e perché è contro la logica e l’esperienza. I materialisti, per pretendere di essere accettati, dovrebbero prima spiegarci l’origine della vita e poi dovrebbero anche dirci perché la vita degli animali è sempre la stessa attraverso i millenni e quella dell’uomo è in continuo progresso e in costante movimento.

Gli animali si adattano, ma non si evolvono; l’uomo si evolve e non si adatta e questo perché gli animali non hanno una vita razionale cioè pensante ed una vita morale mentre l’uomo ha l’una e l’altra.

I gatti di seimila anni fa vivevano come i gatti di oggi; le rondini di allora facevano gli stessi nidi che costruiscono le rondini di oggi, ed i lupi e le volpi di millenni addietro avevano precisamente le medesime tane. Se questi animali, oltre agli istinti, avessero avuta la ragione, avrebbero imparato, come l’uomo, a perfezionarsi con la propria volontà, invece sono rimasti nella stessa condizione del passato.

E’ vero, i gatti sono divenuti domestici, le galline hanno perduta la capacità di volare, i cani si sono sottomessi all’uomo, i cavalli, le vacche sono entrati a servizio della società…, ma questo non è evoluzione, non è progresso, ma è adattamento a nuove condizioni di vita che sono state imposte.

Quindi l’uomo non viene da una specie inferiore, perché fra gli animali e l’uomo c’è una separazione che sempre rimane e mai può essere colmata; una separazione che dimostra che l’uomo è la più perfetta creatura di Dio perché è l’unica che porta la Sua immagine, l’unica che ha la ragione, l’unica che ha una personalità materiale e spirituale; l’unica che è immortale.

Il nome dell’uomo

Per approfondire ancora di più la questione, forse è opportuno servirci di un’altra dichiarazione della Bibbia e cioè quella che viene dallo studio dei nomi dell’uomo.

Nella Bibbia generalmente, il nome indica, ed illustra la personalità dell’individuo e quindi il nome dell’uomo può aiutarci a comprendere la personalità dell’uomo; può aiutarci cioè a conoscere più chiaramente chi è l’uomo. Nella Bibbia troviamo quattro nomi principali relativi all’uomo; essi sono Adamo, Ish, Gheber e Anthropos.

I primi tre sono di origine ebraica e quindi ci vengono dal Vecchio Testamento e l’ultimo è di origine greca e perciò si trova nel Nuovo Testamento.

Qual è il significato di questi nomi? Che ci dicono essi dell’uomo?

Andiamo per ordine: Adamo ha un’origine molto incerta e molto discussa e perciò secondo alcuni studiosi avrebbe un significato e secondo altri un significato diverso.

Alcuni hanno detto che Adamo deriva da una parola che vuol dire “rosso” e perciò Adamo significherebbe il rosso. Altri invece hanno sostenuto che questo nome è nato da una parola che potrebbe farlo interpretare “nato di terra“. Altri hanno detto che potrebbe essere interpretato, per la sua origine, “fare o produrre“; ed infine altri studiosi, non meno valenti dei precedenti, hanno sostenuto che l’origine del nome Adamo può farlo interpretare “famiglia o stirpe” o piuttosto “umanità” cioè uomo in senso collettivo.

Da queste molteplici interpretazioni riesce difficile dire che cosa esprima il nome Adamo e dobbiamo perciò seguire ed ascoltare le varie idee degli studiosi. Coloro che dicono che Adamo può essere interpretato “il rosso” sostengono che probabilmente questo nome indica il colore della terra usata da Dio per formare l’uomo o indica il colore della pelle del primo uomo.

Coloro che danno la seconda interpretazione sostengono che il nome esprime semplicemente la natura e l’origine dell’uomo che è realmente il “nato dalla terra”. Vedi Eccl.6:10;12:9.

Coloro che difendono la terza interpretazione sostengono che Adamo vuol dire “produzione di Dio od opera di Dio“. Gli ultimi infine dichiarano che Adamo vuol dire semplicemente “capo di una stirpe” oppure “umanità“.

Noi non accettiamo completamente nessuna di queste interpretazioni, ma non le rigettiamo, perché tutte ci dicono qualche cosa intorno all’uomo.

Adamo è il nome dell’uomo che è usato anche nel Nuovo Testamento per indicare il genere umano. Quando nel N.T. troviamo questo nome sappiamo che esso esprime umanità, origine di una stirpe ed infatti troviamo menzionato vicino all’Adamo dell’Eden, cioè al “primo Adamo” anche l’Adamo del Golgota, cioè il “secondo od ultimo Adamo“: Gesù Cristo. Dall’uno e dall’altro sono nate le stirpi dell’umanità. I due Adami hanno generato le due grandi famiglie dell’intera umanità.

Il secondo nome dell’uomo è Ish,ma questo più che un nome può essere considerato un aggettivo perché Ish vuol dire semplicemente maschio come Ishak vuol dire femmina; il genere umano perciò si distingue in Ish e Ishak come anche il mondo animale (e in certi casi anche il mondo vegetale) si divide in ish e ishak.

Questo nome perciò non è usato soltanto per l’uomo e per la donna, ma anche per il maschio e per la femmina dell’animale.

Comunque è interessante osservare che Iddio ha chiamato l’uomo maschio e la donna femmina perché questo ci dice che l’uomo ha una vita sessuale cioè una “vita di fusione” (i due diverranno una medesima carne) la quale si realizza mediante l’attrazione di due organismi che si completano e di due affetti che s’incontrano.

L’uomo quindi porta anche in questo nome il segno dell’opera di Dio e del piano di Dio che ha voluto suggellare nella sua creatura la legge dell’amore e della comunione.

Quando noi facciamo un’opera, ci serviamo sempre dei modelli che possediamo; per esempio se eseguiamo una pittura, noi raffiguriamo alberi, monti, cieli…, cioè tutte cose che vediamo, ma Iddio nel creare l’uomo ha fatto una cosa assolutamente nuova cioè non si è servitp di nessun modello e lo ha fatto maschio e femmina, ossia completamente differente dagli angeli che non hanno sesso. (Luca 20:35-36).

Quindi noi crediamo che Ish voglia dire “colui nel quale Dio ha messo la legge dell’amore e della comunione e al quale ha insegnato la perfetta unione spirituale col cielo”. Non dimentichiamoci infatti che l’unione dell’uomo con la donna rappresenta un’immagine, un’anticipazione dell’unione del credente con Dio, della chiesa con Cristo.

Veniamo ora al terzo nome dell’uomo: Gheber.

Anche Gheber è un aggettivo e vuol dire “forte”. E’ un aggettivo che non è dato a tutto il genere umano, ma soltanto al maschio che è stato costituito per disegno divino “il forte”, cioè il dominatore del creato ed il conduttore di quella parte del genere umano che è definito “sesso debole” (I Pietro 3:7).

Questo nome ci dice che l’uomo è “il forte” anche di fronte ai più forti perché anche i leoni o gli elefanti sono dominati dall’uomo, e ci dice altresì che anche sotto questo aspetto Iddio ha messo in effetto un piano di saggezza infinita. Egli ha diviso il genere umano in sesso forte e in sesso debole affinché, nell’equilibrio di questi due opposti, si potesse raggiungere l’armonia.

Oggi gli evoluzionisti negano che la donna sia nata “sesso debole” e l’uomo “sesso forte”. Essi sostengono che la donna si è adattata ad essere sesso debole in conseguenza soprattutto della sua missione materna che la obbliga ad una vita di difesa nell’intimità della casa. La Bibbia invece ci dichiara che sin da principio Iddio ha fatto l’uomo maschio e femmina perché l’uno fosse forte e l’altra debole, così come nell’unione spirituale fra Dio e l’uomo, Iddio sia il forte e l’uomo il debole, Iddio il conduttore e l’uomo il subordinato, il sottomesso.

Veniamo ora all’ultimo dei nomi dell’uomo, quello del Nuovo Testamento “Anthropos”. Questo nome viene tradotto comunemente uomo, ma la sua origine permette un’interpretazione più chiara: Anthropos si è formato con l’unione di diverse particelle linguistiche che potrebbero essere tradotte “Colui che guarda in alto“.

E’ un nome meraviglioso che ci dice chiaramente chi è l’uomo: colui che guarda al cielo, che parla con il cielo, che ha comunione con il cielo.

Sembra quasi che il Nuovo Testamento ci dia una luce più chiara, una rivelazione più precisa dell’uomo; egli non è soltanto il nato di terra, il forte, ma è soprattutto colui che ha intimità con Dio.

Per chiudere questo argomento vogliamo ricordare che i latini, infine hanno chiamato l’uomo homo, dalla radice linguistica humus che vuol dire terra ed anche questa definizione torna a ricordarci della debolezza e della corruzione della natura umana.

La Bibbia, adunque, afferma che l’uomo è l’immagine di Dio ed è una creatura razionale composta di spirito e materia, che può vivere una vita piena nell’immortalità. Egli che è stato formato dalla polvere nel suo involucro esterno, ha ricevuto un soffio vitale da Dio e può vivere guardando a Dio e anelando Dio.

Egli è il dominatore del creato, ed è, fra tutte le creature di Dio, quella che possiede i privilegi più elevati. Naturalmente è anche quella che ha le più grandi responsabilità di fronte a se stessa, di fronte alla creazione e di fronte a Dio, perché è l’unica creatura capace di vivere una vita razionale e morale.

Gli evoluzionisti negano anche quest’ultima affermazione e sostengono che anche gli animali posseggono il senso morale; si servono, per dimostrarlo, dell’esempio del gatto che ruba in cucina e si nasconde o del cane che rovina un oggetto di casa e fugge spaventato. Noi accettiamo il principio che anche gli animali possano andare oltre gli istinti e sentirne la reazione, ed esserne anche colpevoli di fronte ad una legge rudimentale che riguarda loro, ma escludiamo che questo fenomeno naturale possa essere definito vita morale ed intellettuale e quindi neghiamo l’eventualità che la morale dell’uomo sia il perfezionamento delle reazioni della bestia. L’uomo è la creatura dei privilegi e la creatura della responsabilità o almeno dei privilegi e delle responsabilità in misura totale.

Gli animali, come la creazione, possono portare certe conseguenze (vedi Gen.9:5; Rom.8:22), ma soltanto l’uomo è pienamente responsabile di fronte a Dio (vedi II Sam.24:17; Rom.8:17; Salmo 8:4-8) perché ha ricevuto i più grandi privilegi da Dio. (vedi Gen.1:28).

IL CORPO DELL’UOMO

Nel capitolo precedente abbiamo detto che l’uomo è una creatura razionale, cioè che ragiona, composta di materia e spirito; ora vogliamo vedere più chiaramente che cosa vuol dire “composta di materia e spirito”. La Bibbia ci dice che l’uomo è anima, corpo e spirito I Tess.5:23 e sembra quasi avvertirci che è difficile scoprire tutti i segreti del corpo e comprendere chiaramente la distinzione fra l’anima e lo spirito. Ebrei 4:12. E’ necessario che questi due riferimenti biblici siano letti e considerati perché in essi non soltanto è affermata chiaramente la trinità dell’uomo, ma è anche detto della difficoltà di questo problema.

Veramente il problema è molto profondo perché se è chiara la differenza fra la materia e lo spirito, cioè fra il corpo dell’uomo che è la materia e la parte spirituale dell’uomo, sembra che non sia altrettanto chiara la differenza o la distinzione fra l’anima e lo spirito che rappresentano appunto la parte spirituale. Per questa ragione il problema è stato risolto nelle più diverse maniere, e gli uni hanno detto che c’è soltanto il corpo ed un’anima spirituale, ed altri hanno detto che c’è soltanto il corpo e lo spirito, che quando sono uniti hanno la vita e perciò l’anima è soltanto la vita. I materialisti poi negano l’anima e lo spirito e dicono che c’è soltanto il corpo.

Il problema è veramente difficile e noi non pensiamo di risolverlo facilmente e completamente, ma vogliamo almeno affrontarlo accettando come basi i termini posti dalla Bibbia. Per noi quindi l’uomo è una trinità composta di corpo, anima e spirito; oltre ai passi citati troviamo l’esistenza del corpo, dell’anima e dello spirito e questi termini si trovano separati e distinti in quasi ogni pagina del libro di Dio.

L’esame accurato di queste tre realtà che compongono e formano l’uomo potrà aiutarci a comprendere meglio il problema e potrà aiutarci ad andare verso la soluzione.

Il corpo come composto

Esaminiamo immediatamente l’aspetto materiale dell’uomo, cioè esaminiamo il suo corpo. Il corpo dell’uomo è un composto chimico, cioè è l’unione di diverse sostanze chimiche che coesistono assieme. La parte più abbondante del corpo è l’acqua che nel neonato rappresenta il 70% del suo peso e nel vecchio il 60%. Immaginatevi un bambino appena nato dal peso di 4 kg, ebbene, egli ha un corpo composto per kg 2800 di acqua. Immaginatevi un vecchio dal peso di kg 70, 42 kg del suo corpo sono di acqua.

Anche l’acqua è un composto chimico che si può dividere in idrogeno ed ossigeno e perciò il corpo umano è composto di queste materie chimiche alle quali si aggiungono carbone, ferro, fosforo, grassi, ecc. Tutte queste sostanze chimiche sono legate strettamente assieme e danno vita al corpo o vivono nel corpo; quando il corpo cessa la propria funzione queste sostanze chimiche si separano e rientrano tutte nella natura. L’uomo cioè ritorna alla terra e il corpo si decompone; prima era composto e poi si decompone o, come diciamo comunemente, si corrompe.

Tutte queste sostanze chimiche però non formano il corpo in un modo confuso e disordinato, anzi l’unione avviene in una maniera meravigliosamente ordinata per costituire un organismo.

L’organismo può essere assomigliato ad una perfetta fabbrica moderna ove tutto il lavoro si svolge in modo armonico e sincronizzato, cioè in una unione precisa di tutte le macchine e di tutti gli uomini che concorrono al lavoro.

L’organismo è formato di apparati e sistemi; per esempio, l’apparato digerente, l’apparato respiratorio, il sistema nervoso, il sistema cardiovascolare…Tutti agiscono in armonia e tutti contribuiscono alla vita del corpo. Il sistema nervoso rappresenta la direzione di questa grande fabbrica e da esso partono tutti gli ordini e ad esso arrivano tutte le impressioni.

La mano che si muove, l’occhio che si chiude, la gamba che si distende, tutto, tutto ubbidisce al sistema nervoso che ha il proprio inizio, potremmo dire la propria sede o la propria centrale, nel cervello. E così l’immagine che appare davanti ai nostri occhi, il suono che viene raccolto dal nostro orecchio o il sapore gustato dal nostro palato…, tutto viene raccolto dal sistema nervoso e viene condotto alla propria sede cioè al cervello.

La vita del corpo

Il corpo, quindi, non è soltanto pelle, tessuti, muscoli, ossa, ma è sistemi,apparati in continua attività, in continuo movimento. L’uomo col suo corpo può vivere naturalmente una vita istintiva ed una vita sensitiva, perché questo meraviglioso organismo è dotato di cinque istinti e di cinque sensi.

I sensi che si trovano nel corpo dell’uomo sono vista, per vedere le immagini; udito, per udire i suoni; palato per gustare i sapori; olfatto per odorare e tatto per avvertire le qualità esterne degli oggetti. Quattro dei cinque sensi sono localizzati in un organo del corpo: la vista nell’occhio, l’udito nell’orecchio, il palato nella bocca, l’olfatto nel naso. Il quinto invece è diffuso in tutto il corpo, ma è particolarmente sensibile nelle polpastrelle delle dita; il corpo ha tatto in qualsiasi parte, ma in un modo particolare sulla punta interna delle dita.

Con questi sensi l’uomo ha contatto con il mondo; essi sono come finestre apertesul mondo fisico nel quale l’uomo vive con il suo corpo.

Gli istinti invece fanno partecipare attivamente e totalmente alla vita fisica. Come abbiamo già detto, anche gli istinti sono cinque e cioè: di nutrizione, di conservazione, di riproduzione, di acquisto e di dominio.

Gli istinti, come i sensi, fanno parte dell’organismo, cioè sono una produzione di quella meravigliosa fabbrica che è il corpo umano. Il bambino che viene alla luce è capace, sin dalle prime ore della sua vita, a poppare magistralmente; nessuno gli ha impartito lezioni, ma egli sa provvedere alla propria nutrizione perché possiede un istinto che lo muove, che lo fa agire.

Se un individuo qualsiasi inciampa e cade, prima ancora che riesca a rendersi conto di quel che sta avvenendo, mette le mani avanti per difendere le parti più delicate del corpo. Se un oggetto viene lanciato violentemente verso il viso di una persona, questa, prima di rendersi conto della circostanza, chiude gli occhi. Che cosa agisce quando vengono messe le mani avanti e vengono chiusi rapidamente gli occhi? L’istinto di conservazione.

Quindi l’istinto di nutrizione guida l’individuo verso la ricerca dell’alimento indispensabile al proprio organismo; l’istinto di conservazione compie la difesa dell’organismo; l’istinto di riproduzione conduce alla continuazione della specie mediante la prolificazione; l’istinto di acquisto produce il lavoro, ed infine l’istinto di dominio guida l’uomo ad esercitare il proprio compito di signore e dominatore della creazione.

Come abbiamo notato in un altro scritto, gli istinti rappresentano una guida naturale perfetta. L’uomo nell’Eden viveva una vita istintiva nei suoi rapporti col mondo fisico e in quella vita rispettava l’armonia posta da Dio nella natura. Il peccato ha prodotto l’alterazione degli istinti, o piuttosto l’alterazione degli istinti ha prodotto il peccato che è sempre azione contro gli istinti o , come si dice comunemente, è azione generata da istinti bassi.

L’alterazione dell’istinto di nutrizione produce la gola, le ghiottonerie; l’alterazione dell’istinto di conservazione produce le risse, la guerra; l’alterazione dell’istinto di riproduzione produce l’adulterio, la fornicazione, l’onanesimo; l’alterazione dell’istinto di acquisto produce l’avarizia, l’egoismo, e l’alterazione dell’istinto di dominio produce l’orgoglio, la superbia.

Il corpo in relazione all’anima

Il corpo adunque ha in se stesso una sensibilità perfetta, una legge naturale armonica, una vita organica equilibrata, ma ha questa vita soltanto quando ospita l’elemento spirituale che è veramente l’elemento vita. Un corpo privo dell’elemento spirituale non ha sensi e non ha istinti.

Osserviamo un cadavere: esso è esanime, accomodato sopra il cataletto funebre, ha, organicamente, tutto quello che aveva mentre, pochi minuti prima, era in vita. La sua pelle, i suoi tessuti, i suoi muscoli, le sue ossa, i suoi apparati, i suoi sistemi: tutto è lì, precisamente come prima, nella stessa quantità, nello stesso ordine. Ma esso non si muove; è inerte, insensibile. Possiamo vedere chiaramente che qualche cosa manca; qualche cosa non c’è più e quel che manca ha spento i sensi e gli istinti, cioè ha spento la vita.

Quindi i sensi dell’uomo e gli istinti naturali dell’uomo abitano nel corpo, ma vengono messi in azione soltanto a mezzo dell’elemento spirituale; il corpo perciò ci viene presentato, da questa logica conclusione, come lo strumento dell’anima.

L’anima usa il corpo, muove il corpo, si serve del corpo. Naturalmente l’anima usa e può usare soltanto le parti sane dl corpo, cioè quelle che ubbidiscono alle leggi dell’armonia naturale. Prendiamo infatti l’esempio di un individuo a cui sia stato amputato il braccio destro; egli non ha più una parte del suo corpo e perciò quella parte non può più essere usata dall’anima. Prendiamo ora l’esempio di un individuo che abbia persa la ragione; l’anima non si può servire di un corpo nel quale è stata devastata la direzione e perciò in quel corpo rimane l’elemento spirituale, come elemento vita, ma non come elemento azione. L’anima in quel corpo pensiamo che non abbia la responsabilità delle azioni del corpo stesso.

Il corpo, ripetiamo, è lo strumento dell’anima, l’esecutivo dell’anima, cioè colui che eseguisce la volontà dell’anima. Infatti l’apostolo Paolo quando parla dell’uomo parla non del corpo, ma di Colui che sta dentro al corpo. (vedi 2 Cor.5:9-10).

La Scrittura assomiglia il corpo ad una tenda, ad un tempio, ad un vaso, cioè lo assomiglia sempre ad “un contenente” ossia a qualche cosa che accoglie dentro di sé il “contenuto” (vedi 1 Corinti 6:19; 1 Corinti 5:1; 1 Timoteo 2:21). In altre parole la Bibbia ci dichiara che il corpo è un astuccio, che accoglie l’uomo e con l’uomo le benedizioni che l’uomo riceve dal cielo o il male che riceve dall’inferno.

Pensiamo brevemente alle definizioni della Bibbia: una tenda, un tempio, un vaso. Una tenda ci suggerisce l’idea di un viandante che compie un pellegrinaggio; egli per non riparare allo scoperto, pianta la sua tenda e trascorre in essa le sue ore. Ma un giorno, finalmente, raggiunge la sua città ed allora arrotola definitivamente i teli della sua tenda e prende dimora stabile nella sua casa.

Un tempio invece ci parla di un luogo necessario al culto, all’adorazione; un luogo aperto per accogliere la presenza di Dio. Anche per questo verrà il giorno finale e cioè quando Iddio manifesterà la Sua presenza non più in un tempio di terra, di creta, ma nella gloria del cielo.

Un vaso infine ci dice di un recipiente preparato, secondo l’uso orientale, per essere colmato di fiori, o di oli profumati, o di gemme preziose. Anche del vaso però possiamo vedere la fine “quando sarà fiaccato sopra la cisterna” (Eccl.12:8), mentre delle gemme possiamo contemplare il destino eterno nei tesori del Signore.

Il corpo è un contenente, l’essenza spirituale è il contenuto, e, poiché i credenti partecipano le promesse divine nella loro anima, il corpo diviene, nel cristiano, il tempio della presenza di Dio, il vaso ripieno della benedizione celeste, traboccante della gloria della grazia celeste.

La nascita del corpo

Come nasce e da chi nasce il corpo dell’uomo?

Se osserviamo attentamente la Scrittura possiamo notare che il corpo è definito frequentemente “la carne” ed è definito in questo modo per suggerire l’idea della discendenza umana, della natura umana e della debolezza umana.

Il corpo quindi, cioè la carne, discende dall’uomo, ha la natura dell’uomo e trascina le debolezze dell’uomo, perciò la carne viene dall’uomo, nasce dall’uomo.

Ogni cosa che ha vita è composta di due parti e cioè dell’involucro materiale, fisico, visibile, e dall’interno che è l’elemento vita, l’elemento invisibile. Il corpo dell’uomo è l’involucro esterno e questo involucro nasce dagli involucri che sono stati prima di lui e che si sono riprodotti.

Come la pianta offre il seme alla terra per riprodurre se stessa, così l’uomo offre il seme alla matrice per riprodurre se stesso. Come la pianta può soltanto dare l’involucro esterno e deve aspettare che Dio metta la vita nel seme, così l’uomo può offrire soltanto “la carne” e deve sottomettersi all’intervento di Dio per l’immissione dell’anima. Come i sensi e gli istinti esistono soltanto con la presenza dell’anima, così la fecondazione e la nascita avvengono soltanto con la presenza dell’elemento vita. (vedi I Cor.3:6, 15:37-38).

Quindi il corpo nasce per un processo naturale di fecondazione del seme umano che riproduce l’uomo; l’uomo carnale nasce dall’uomo carnale; l’involucro nasce dall’involucro.

Il corpo con la nascita è legato da una relazione col corpo che lo ha generato: ha la stessa natura, la medesima debolezza.

Un nero produce un nero, un giallo riproduce un giallo, un nano riproduce un nano, un gigante riproduce un gigante. Perciò c’è sempre una relazione d’involucro fra colui che genera e colui che è generato. A causa di questa relazione tutti i corpi discendono da Adamo e in Adamo e per Adamo tutti i corpi hanno perduta quella perfezione, quella salute e quella potenza che esistevano prima della caduta.

Gli uomini nascono simili a figli di tubercolosi; quando nascono non hanno la tubercolosi nell’interno, non hanno i microbi nel sangue o nei polmoni, però hanno la tubercolosi all’esterno perché nascono deboli, gracili, poveri alla resistenza. La debolezza e l’ambiente li rendono inevitabilmente e in poco tempo tubercolosi perché l’involucro era pronto per accogliere la tubercolosi.

Il corpo, ripetiamo, nasce per un processo di fecondazione naturale: l’ovulo materno viene fecondato dal seme paterno e la carne riproduce la carne stabilendo, secondo la carne, un legame d’unione. Iddio interviene in quest’opera immettendo l’anima, cioè l’elemento spirituale, l’elemento spirituale che, quindi, come vedremo più chiaramente in seguito, non viene dall’uomo, ma da Dio e che perciò non ha relazioni dirette con l’uomo, ma ha soltanto relazione con Dio.

 

L’ANIMA DELL’UOMO

Eccoci giunti alla parte centrale e fondamentale del nostro studio, quella che affronta l’indagine relativa all’anima.

L’uomo, abbiamo già detto, è una trinità e in questa trinità il corpo rappresenta soltanto l’involucro esterno. Nel corpo c’è l’anima e lo spirito, cioè la sostanza spirituale dell’uomo.

Il nome dell’anima

Incominciamo con l’esaminare il problema dell’anima con l’aiuto che ci viene dalla Scrittura. Nella Bibbia si parla dell’anima continuamente; il Vecchio Testamento ripete questa parola decine e decine di volte, dal libro della Genesi in poi e il Nuovo Testamento è ugualmente ricco di questa parola.

Nel Vecchio Testamento originale, cioè nei manoscritti ebraici, l’anima è indicata col nome “néphes”.

Nel Nuovo Testamento, che, come sappiamo è stato scritto nella lingua greca, l’anima è indicata col termine “psiche“.

Cerchiamo di penetrare nel significato di queste parole per poter comprendere meglio il problema dell’anima.

Néphes può essere tradotto “respiro che passa per la gola” cioè respiro che dà vita. Se noi osserviamo un morente, notiamo che i movimenti della sua gola si fanno sempre più deboli e sempre più rari, fino a tanto che si arrestano, cioè fino a tanto che non passa più aria attraverso la gola.

Néphes quindi indica la vita che sta nell’uomo; la vita invisibile che viene assomigliata all’aria.

Psiche invece può essere tradotto “io” cioè essere sensibile e razionale.

Sembra che anche su questo soggetto, dal Vecchio Testamento al Nuovo Testamento, la rivelazione si sia allargata e la luce si sia diffusa. L’anima è presentata soltanto come un soffio di vita nel Vecchio Testamento e diventa un “ego”, cioè un “io”, nel Nuovo Testamento.

Questa constatazione è molto importante perché ci dimostra che lo Spirito di Dio ha voluto dirci qualche cosa di più profondo intorno all’anima. Se Iddio non avesse voluto darci questa rivelazione, invece della parola psiche, che vuol dire “io”, avrebbe fatta usare una parola simile alla parola usata nel Vecchio Testamento, cioè alla parola néphes. Nella lingua greca infatti c’è anche la parola “ànemos” che può essere tradotta anima e che vuol dire “soffio, vento“.

Queste osservazioni linguistiche possono essere considerate da alcuni ardite o, addirittura, puerili, ma per noi non è tanto importante far trionfare tutta l’osservazione quanto è importante sottolineare la conclusione che è semplicemente questa: i due termini per designare l’anima, cioè quello del Vecchio Testamento e quello del Nuovo Testamento, non dicono la medesima cosa ed appare chiaro che nel N.T. il concetto dell’anima è stato più chiaramente e più profondamente precisato.

Néphes ed ànemos sono simili, mentre néphes e psiche sono differenti. Perché Dio ha fatto usare nel Vecchio Testamento la parola néphes che vuol dire “soffio…” e non ha fatto usare nel Nuovo Testamento la parola ànemos che vuol dire pure “soffio”, ma anzi, al posto di questa, ha fatto usare la parola psiche che vuol dire “io sensibile e razionale”?

Certamente per farci comprendere chiaramente che l’anima non è un principio di vita “senza ragione“, ma è una persona razionale; è, come dicono i teologi, il “principio vitale staticamente ed intrinsecamente considerato fino all’individualizzazione; sede delle passioni e dei moti concupiscibili”.

Definizione teologica dell’anima

Questa definizione è per i teologi e perciò è espressa in maniera complicata, ma non è difficile chiarirla sostituendo alcune parole con altre più semplici. Possiamo quindi dire che i teologi affermano: – “L’anima è la vita, perché ha la vita ferma in sé stessa, fino al punto che l’anima è un io, una persona. Nell’uomo l’anima rappresenta l’albergo delle passioni, dei desideri, delle concupiscenze e dei sentimenti”.

Naturalmente non tutti i teologi dicono questo, ma soltanto quelli che riconoscono l’esistenza dell’anima come una realtà separata dal corpo ed esistente, quindi indipendentemente dal corpo.

Vogliamo anche far notare che quando diciamo “l’anima è la sede delle passioni e dei sentimenti”, noi non diciamo che cos’è l’anima, ma diciamo semplicemente che cosa alberga nell’anima o diciamo qual è l’azione dell’anima. Infatti anche quando diciamo che il corpo è la sede dei sensi e degli istinti noi non diciamo che cos’è il corpo, ma dichiariamo che cosa c’è nel corpo.

Perciò il punto fondamentale della questione è risolto con l’affermazione che “l’anima è un’entità in sé stessa perché possiede una propria individualità”. Risolta questa questione possiamo anche accettare una diversa definizione teologica che ci aiuta a considerare il problema da un altro punto di vista. Ecco la definizione: -“L’anima è una sostanza spirituale che insieme col corpo costituisce l’uomo“.

Questa definizione teologica afferma che l’uomo è un composto di sostanza fisica e spirituale; l’unione di queste sostanze forma la personalità umana.

Noi abbiamo accettato questo concetto sin dal principio di questo studio, però abbiamo precisato che la sostanza spirituale dell’uomo è rappresentata dall’anima e dallo spirito. Ora però è giunto il momento di dire che abbiamo accettato il concetto che l’uomo è un composto di corpo, anima e spirito, perché parliamo dell’uomo che vive; dell’uomo che vive nel mondo, nello spazio, nel tempo. Parliamo cioè dell’uomo che vive la sua vita, per un certo numero di anni, su questa terra di polvere, anzi di fango.

Immaginiamoci, per breve tempo, di parlare dell’uomo fuori del mondo e fuori della vita; di parlare cioè dell’uomo nell’eternità…Noi non diciamo più che l’uomo è un composto di sostanza chimica e di sostanza spirituale, perché le realtà eterne sono soltanto spirituali; noi diciamo che l’uomo è una personalità spirituale e parlando dell’anima diciamo che l’anima è l’uomo”. (vedi Genesi 2:7).

Abbiamo fatto questo piccolo giro di parole non per allontanarci dal soggetto, ma per approfondirci maggiormente in esso. Continuiamo a parlare dell’anima per dimostrare che realmente in questa vita, nel tempo, nel mondo, essa rappresenta la sostanza spirituale che unita al corpo forma l’uomo, ma fuori di questa vita, nell’eternità, l’anima è l’uomo. Il corpo è soltanto l’astuccio dell’anima, cioè l’astuccio o la tenda dell’uomo; quando l’astuccio sarà posto nella terra, sarà abbandonato alla corruzione, l’uomo continuerà ad essere perché l’anima, che è essenza spirituale, quindi essenza incorruttibile, continuerà a vivere.

L’anima nella definizione della Bibbia

E’ vero perciò che l’anima è la vita, perché l’anima è l’uomo e perciò la ragione; i sentimenti, i desideri si trovano nell’uomo vivente. Se leggiamo anche pochi fra i molti passi della Bibbia che illustrano l’azione dell’anima, noi vediamo chiaramente che dall’anima sorgono i sentimenti, i pensieri, cioè vediamo chiaramente, come già detto, che l’anima è l’uomo e che l’uomo, di fronte a Dio, è semplicemente “un’anima” (vedi I Sam.18:1; Salmo 42:1-2; Ebrei 10:39; I Pietro 2:11).

La Bibbia è molto precisa nel dichiararci che l’anima è un’entità separata dal corpo e nel dirci anche, ripetiamo, che è la sola entità che davanti a Dio rappresenta l’uomo. L’anima è quella che accetta o che respinge Dio; l’anima è quella che decide di operare il bene o di operare il male. Perciò l’anima, e l’anima soltanto, ha una responsabilità di fronte a Dio. (vedi Ebrei 4:12; Matteo 10:28; Ezech.18:4; II Cor.5:10).

Per concludere questa prima parte del soggetto diciamo più chiaramente: – L’anima è l’uomo. L’anima è una persona che rappresenta, in modo preciso, la personalità dell’uomo. Nel mondo l’anima vive a mezzo dell’unione con due altri elementi chiamati corpo e spirito. Questi due elementi non hanno una personalità propria, come l’anima, ma l’acquistano nell’unione con l’anima.

L’anima in relazione al corpo

Con un esempio semplice possiamo spiegare il significato di quest’ultima dichiarazione. Il pane che l’uomo mangia non è l’uomo, ma è un alimento che si unisce all’uomo. Quando però l’uomo lo mangia e lo assimila il pane entra nell’uomo e si confonde con l’uomo e si confonde con la personalità dell’uomo; diventa sangue, nervi, ossa nell’uomo, acquista cioè una personalità nella personalità dell’uomo.

Il corpo, rispetto all’anima, ha una posizione quasi uguale a quella del pane rispetto all’uomo. Tutte le parti chimiche che compongono un corpo non hanno una personalità umana, ma esse si uniscono all’anima, si confondono con l’anima e acquistano una personalità dall’anima.

L’esempio riguarda soltanto il corpo, ma nel capitolo successivo chiariremo in modo più prolungato le relazioni anima-spirito.

Vogliamo anche aggiungere che il corpo e lo spirito sono essenze che possono modificarsi sostanzialmente nell’uomo, mentre l’anima è essenza che può modificare soltanto idealmente. Per essere più chiari precisiamo: il corpo umano si modifica continuamente; dalla nascita alla morte, attraverso l’infanzia, la fanciullezza, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia è una continua trasformazione di cellule, di tessuti, di caratteri esteriori e organici.

Lo spirito (come vedremo meglio in seguito) può essere di natura celeste o di natura infernale; può essere di sfere elevate e può essere di sfere sotterranee e quindi anche quello che chiamiamo “spirito naturale” dell’uomo conosce i più diversi cambiamenti in rapporto alla posizione dell’uomo.

L’anima invece non si cambia mai nella sostanza; essa non ha un’infanzia, una giovinezza, una vecchiaia; l’anima è e rimane sempre quel che è.

L’anima del fanciullo è come l’anima dell’adulto e la differenza delle opere fra il fanciullo e l’adulto vengono soltanto dal fatto, come è stato già detto, che l’anima può usare il corpo così come esso è. Il corpo di un neonato rappresenta un organismo rudimentale che non risponde pienamente alla volontà dell’anima ed è per questo motivo che l’anima del fanciullo è considerata “innocente” cioè priva di “colpa volontaria”.

Anche il neonato però vive; l’istinto di nutrizione, per esempio, è attivo in esso e il neonato sa poppare meravigliosamente. L’istinto è il risultato della vita e, nell’uomo, la vita risiede nell’anima.

Tutte le cose che il bambino riesce a compiere, a misura che i suoi organi fisici si sviluppano, dimostrano che la sua anima è già adulta. Guardiamo quei fanciulli precoci che vengono definiti “prodigi”; essi compiono delle cose che riempiono di stupore. Da dove deriva la loro eccezionale capacità? Semplicemente da un anticipato sviluppo dei loro organi, particolarmente del loro cervello; l’anima ha in questi casi la possibilità di servirsi di strumenti pronti per l’uso.

Il solo sviluppo del cervello non potrebbe chiarire il fenomeno dei “fanciulli prodigio” o anche quello degli “scienziati” e degli “artisti”; può forse il cervello mettere in azione se stesso? No! Ma l’anima riflette sopra esso le proprie reazioni e manifesta attraverso esso le proprie azioni.

Quindi non è necessario ricorrere all’ereditarietà del psichismo dei teosofi per spiegare le meraviglie dei neonati e dei bambini; non è vero che essi sanno compiere gli atti che compiono perché hanno vissuto molte vite precedenti a mezzo della reincarnazione, ma è assolutamente vero che essi possono compiere tutti gli atti che il corpo è capace di compiere in ubbidienza alla loro anima adulta, alla loro anima che non cambia.

L’unico cambiamento che l’anima può subire è un cambiamento ideale, è quel cambiamento cioè che deriva dalla scelta del proprio ideale. L’anima che rigetta il peccato ed accetta Dio rimane sostanzialmente la stessa, cioè rimane sempre un’essenza spirituale identica a prima, ma viene trasformata agli occhi di Dio.

La nascita dell’anima

L’anima è l’uomo, l’anima è spirituale, l’anima è immortale…, ma quando nasce l’anima? L’anima è eterna come Dio, cioè è sempre stata e sempre sarà? Oppure l’anima ha un’origine precisa? E se ha un’origine ha anche una fine?

Nei primi secoli del cristianesimo questo problema fu posto al centro di discussioni lunghe e infuocate e, naturalmente, fu risolto nelle maniere più diverse e, spesso, più strane. Comunque sin dal principio fu accettato il punto fondamentale della dottrina che può essere definito in questo modo: “L’anima non è ab-eterna, ma ha un’origine e cioè viene in essere quando viene creata, però benché abbia un’origine l’anima è immortale”. L’anima dunque viene creata per non morire più.

Questa definizione apre altri problemi, ma serve però a precisare il punto di partenza dell’esame relativo all’origine dell’anima. Nella chiesa antica infatti circolarono molte eresie su questo punto e senza parlare di tutte basta ricordare quella sostenuta da Origene, grande dottore alessandrino vissuto fra il II e il III secolo, il quale sosteneva che le anime erano tutte esistenti avanti i secoli; esse erano le “Intelligenze pure” che servivano Dio.

Queste Intelligenze però furono trascinate dal diavolo, che era anche un’Intelligenza, a peccare di ribellione contro Dio e perciò caddero a causa del peccato. Quelle che peccarono molto diventarono demoni, mentre quelle che peccarono leggermente diventarono angeli, arcangeli…, secondo il grado del loro “peccato leggero“. Rimasero le Intelligenze che non avevano “peccato tanto” da diventare demoni, ma non avevano neanche “peccato poco” da diventare angeli. Le intelligenze cioè che avevano commesso un peccato che stava a metà fra quello dei demoni e quello degli angeli; queste furono le anime scelte da Dio per essere poste nei corpi. Iddio creò quindi il mondo presente nel quale noi viviamo e legò ogni Intelligenza decaduta cioè ogni anima ad un corpo. Quest’unione rappresenterebbe un castigo divino, una specie di “primo giudizio” al quale verrebbero sottoposte le anime esistenti prima della loro nascita in questa terra.

Come vediamo, Origene, il grande dottore d’Alessandria, ha cercato di risolvere tutti insieme molti problemi di dottrina. La sua conclusione è molto interessante e rispecchia il pensiero della filosofia greca e più da lontano, alcuni concetti religiosi dell’India, ma non può essere accettato da noi, come non è stato accettato dalla chiesa cristiana dei secoli che sono stati avanti di noi.

Noi affermiamo che l’anima esiste dall’istante che viene creata da Dio e affermiamo che questa creazione avviene ora e non è avvenuta prima dei secoli. Infine affermiamo che l’anima vive nel corpo fisico una sola volta.

Tutte queste affermazioni però non hanno ancora risolto il problema che è contenuto nella domanda: – Come nasce l’anima e quando nasce l’anima?

Veramente questo problema è un problema molto difficile da risolversi in modo completo e convincente, ma noi possiamo però servirci degli studi e delle conclusioni di coloro che lo hanno esaminato prima di noi e con capacità molto maggiori di quelle che noi abbiamo.

Questo problema è stato affrontato con grande abilità da uomini valenti ed ha avuto diverse conclusioni. Non possiamo elencare tutte queste conclusioni, ma vogliamo ricordare tre di esse e cioè le tre conclusioni che possono darci un’idea precisa dei ragionamenti profondi che sono stati fatti intorno a quest’argomento.

LA CONCLUSIONE DI TERTULLIANO, il grande avvocato e difensore del cristianesimo, vissuto fra il II e il III secolo. Egli afferma che l’anima dei figli deriva dai genitori cioè dal “seme corporeo” dell’uomo.

Quest’affermazione di Tertulliano fu chiamata “traducianismo corporale” perché nella lingua latina la parola “tradux” indica il tralcio della vite che viene piegato in terra e viene sotterrato perché produca una nuova vite.

La conclusione di Tertulliano però è molto confusa: non si riesce a comprendere se l’anima è materia o se è spirito; se è spirito non si riesce a comprendere in che modo la materia possa generare lo spirito. Tutti sappiamo infatti che ogni cosa può generare soltanto una cosa uguale e non una cosa opposta.

LA CONCLUSIONE DI AGOSTINO, il grande dottore della chiesa vissuto fra il IV e il V secolo. Egli respinge il traducianismo corporale di Tertulliano ed afferma il suo “traducianismo spirituale”. Anche per Agostino le anime dei figli vengono dai genitori, ma non dai corpi dei genitori, bensì dalle anime dei genitori. Quindi le anime non nascono dal seme dell’uomo, ma dall’anima dell’uomo, come la luce nasce dalla luce.

Anche questa conclusione è molto confusa e forse era confusa per lo stesso Agostino che era stato obbligato a darla per difendere la dottrina del “peccato originale”.

Il grande dottore voleva dimostrare che il peccato, che si trova nell’anima dei genitori, viene trasmesso all’anima dei figli, perché l’anima dei figli è generata dall’anima dei genitori come luce, da luce.

Che voleva dire il grande Agostino con questo giuoco di parole? Possiamo immaginarlo e possiamo chiarirlo con un esempio.

Pensiamo a due stanze intercomunicanti fra loro, separate cioè da una porta chiusa. In una di queste due stanze c’è una lampada accesa, nell’altra stanza c’è il buio completo. Improvvisamente apriamo la porta di comunicazione fra le due stanze e la stanza buia viene inondata dalla luce della stanza illuminata: luce, da luce!

La stanza illuminata è il corpo dei genitori con l’anima, la stanza buia è il corpo del figlio che deve nascere: viene improvvisamente aperta una relazione e l’anima dei genitori produce quella del figlio.

Se Agostino voleva dire questo, dimostrava una grande superficialità perché tutti sappiamo che l’anima come sostanza spirituale, non può dividersi e non può rigenerarsi come neanche la luce può dividersi o rigenerarsi.

Pensiamo di nuovo all’esempio delle due camere. La camera buia è stata illuminata dalla camera luminosa; ma quelle luci sono due luci separate e distinte? No! Quella luce è una sola luce e se noi chiudiamo di nuovo la porta la camera buia ritorna nell’oscurità perché non ha una luce propria, ma soltanto il riflesso di un’unica luce.

Quindi, non soltanto dobbiamo rigettare il traducianismo corporale di Tertulliano, ma dobbiamo rifiutare anche il traducianismo spirituale di Agostino. L’anima non può essere generata dal seme corporeo dei genitori e non può neppure essere generata dall’anima dei genitori.

Rimane quindi la terza conclusione, quella sostenuta contemporaneamente da diversi grandi uomini del cristianesimo e quindi, per questo motivo, rimasta senza il nome di alcun uomo. Ci riferiamo alla conclusione conosciuta sotto il nome di “Creazianismo”; essa asserisce che “ogni singola anima viene creata direttamente da Dio e viene infusa nel corpo quando questo è nel seno materno”.

Iddio non ha creata soltanto la prima anima cioè Adamo, ma ha creata ogni anima che è venuta in essere dal principio del mondo.

Questa conclusione, a nostro parere, ha tutto l’appoggio della Bibbia. Se noi osserviamo attentamente i molti passi della Bibbia che si riferiscono alla creazione dell’anima, non soltanto ci accorgiamo che essa sostiene il creazianismo, ma ci accorgiamo anche che la Bibbia sostiene che l’anima viene infusa da Dio nel seme umano affinché questo possa produrre la fecondazione.

In altre parole, la prolificazione umana rappresenta un atto di collaborazione con Dio; l’uomo compie la parte umana, cioè offre il seme, Dio compie la parte divina e cioè mette la vita nel seme: l’anima. Se Iddio non mette la vita, il seme non viene fecondato e perciò la vita non viene dall’uomo, ma da Dio sin dal primo istante della fecondazione.

Per questo motivo troviamo scritto: “Ho acquistato un uomo con l’aiuto dell’Eterno” Gen.4:1; Oppure: “Iddio mi ha dato un altro figliuolo” Gen.4:25; od anche: “Tengo io il luogo di Dio che t’ha negato d’essere feconda?” Gen.30:2.

La fecondazione è possibile soltanto con Dio e in Dio e perciò benché troviamo scritto “crescete e moltiplicate” Gen.1:28, troviamo anche scritto: “…i figliuoli sono un’eredità che viene dall’Eterno…”. Salmo 127:3.

Questi e molti altri passi biblici, che potrebbero essere citati, ci parlano chiaramente della nascita dell’anima. Essi ci dicono che l’anima non nasce dai genitori, ma viene creata da Dio e viene creata nel momento stesso della fecondazione che rappresenta perciò, ripetiamo, un atto di collaborazione che unisce l’uomo a Dio e Dio all’uomo. Perciò la Bibbia respinge la conclusione di Tertulliano, quella di Agostino e tutte le altre conclusioni che affermano che l’anima nasce dalla materia o che le anime dei genitori generano le anime dei figli. Respinge tutte queste idee ed afferma solennemente che ogni anima rappresenta l’opera creatrice di Dio.

L’esistenza dell’anima

Per concludere questo capitolo, dobbiamo parlare anche dell’esistenza dell’anima. Può sembrare strano che questo argomento venga trattato alla fine, invece che al principio del capitolo, ma vogliamo chiarire che per noi quest’argomento è…fuori argomento.

Noi non abbiamo bisogno di parlare dell’esistenza dell’anima perché ci sembra di parlare dell’esistenza di noi stessi, perché noi “siamo l’anima”; quindi se parliamo dell’esistenza dell’anima lo facciamo esclusivamente per aiutare coloro che non credono all’essenza spirituale dell’uomo; per aiutare cioè coloro i quali pensano che l’uomo è soltanto materia, soltanto corpo.

Essi dicono che il corpo è un organismo fisico, a mezzo dei centri nervosi e del cervello, nascono i pensieri, i sentimenti, le azioni.

Quando questo organismo s’invecchia, s’ammala e muore, anche i pensieri e i sentimenti finiscono. Naturalmente coloro che negano l’anima negano anche Dio e negano tutte le realtà spirituali perché credono soltanto nell’esistenza della materia.

A noi sembra che l’esistenza dell’anima possa facilmente essere provata anche con la ragione. Noi credenti ci fondiamo soprattutto sopra la fede, ma riteniamo che anche il ragionamento conduca alla conclusione positiva, cioè affermativa, dell’esistenza dell’anima.

Ecco alcune osservazioni che vengono dalla ragione:

Gli scienziati affermano e dimostrano che un organismo umano si rinnova continuamente in “tutte” le parti che lo compongono. Durante ogni breve periodo tutte le “cellule” di un organismo vengono sostituite da cellule, cioè da parti nuove. Quindi in ogni breve periodo l’organismo umano è rinnovato “totalmente“. Noi non siamo oggi come organismo, quelli che eravamo anni addietro: la pelle non è più la stessa, i tessuti non sono più gli stessi, la materia celebrale non è più la stessa…siamo completamente rinnovati.

Se i pensieri, i sentimenti, il carattere, le azioni venissero tutte dall’organismo, non potrebbero essere sempre le stesse, ma dovrebbero cambiare continuamente e l’individuo dovrebbe avere, ogni volta che le sue cellule si rinnovano, una nuova vita. Egli non potrebbe più ricordare i pensieri che sono venuti dalle cellule che non sono più e non potrebbe ricordare le opere portate a termine da un organismo che non esiste più.

Invece noi notiamo che l’organismo fisico si rinnova continuamente, ma che nell’individuo c’è qualche cosa che rimane sempre immutabile. L’organismo muore e rinasce ogni giorno nelle sue parti. Le cellule di ieri scompaiono e sorgono quelle di oggi, ma il pensiero dell’individuo, il carattere dell’individuo, i sentimenti dell’individuo rimangono estranei al rinnovarsi del suo organismo. Quindi l’individuo non è soltanto organismo, ma è anche, come dicono gli scienziati di problemi spirituali, psichismo, non è soltanto corpo, ma è anche anima; quell’anima che non cambia e non si trasforma con la materia perché è essenza spirituale, immutabile.

Passiamo ora ad una seconda osservazione:

Gli scienziati dicono che l’organismo umano è dotato di molti centri reagenti e un centro ricevente. I centri reagenti sono i sensi: vista, udito, gusto, olfatto e tatto, il centro ricevente è il cervello. I centri reagenti vengono colpiti dal mondo fisico e conducono le reazioni al cervello che le riceve; perciò i suoni, le immagini, i sapori, gli odori, il colore…tutto viene afferrato dai sensi e condotto al cervello. Quindi è col cervello che l’organismo riceve le impressioni della vita. Il cervello può essere perciò assomigliato ad uno specchio che riceve e riflette tutto quello che viene portato dai sensi dell’organismo.

Supponiamo che il ragionamento dell’uomo, il pensiero dell’uomo venissero, come dicono i materialisti, dall’organismo dell’uomo, cioè dal cervello dell’uomo; supponiamo quindi che l’uomo sia costituito soltanto dal corpo e che anche la sua ragione abbia esclusivamente un’origine fisica. Con questa supposizione abbiamo concluso che il cervello dell’uomo può essere, nello stesso tempo, centro reagente e centro ricevente, cioè che il cervello può essere uno specchio che riflette la sua immagine in se stesso.

Questa conclusione è assurda ed allora dobbiamo ammettere, per conclusione logica, che come il cervello riflette l’immagine portata dall’occhio o come riflette il suono portato dall’orecchio, così riflette il pensiero portato dall’anima. La presenza dell’anima è tanto evidente come è evidente quella dell’occhio nell’organismo perché come il cervello non può vedere senza l’occhio o come il cervello non può udire senza l’orecchio, così non può ragionare senza l’anima.

Ed ora vogliamo concludere con una terza ed ultima osservazione:

Gli scienziati affermano che tutto l’universo è mosso ed equilibrato da una legge di causa ed effetto ed in questa legge esiste una regola precisa e senza eccezioni: una causa produce sempre un effetto della stessa natura. L’uomo produce l’uomo, la pianta produce la pianta, l’elettricità produce l’elettricità…il materiale produce il materiale.

Se l’uomo è soltanto un organismo fisico cioè un corpo, come può produrre un effetto spirituale? Se l’uomo è soltanto materia, come può concepire l’idea di Dio, l’idea dello spirito che rappresentano effetti opposti alla causa?

Eppure la storia c’insegna che tutti gli uomini, in tutti i secoli, in tutti i luoghi hanno avuta chiara l’idea di Dio. Il loro pensiero ha sempre concepito realtà spirituali, realtà infinite fuori del mondo della materia.

Queste idee, queste concezioni non potevano essere gli effetti di una causa materiale, perché il materiale non può produrre lo spirituale e quindi dobbiamo concludere che erano e sono soltanto gli effetti spontanei dell’essenza spirituale che è nell’uomo, anzi che è l’uomo: l’anima. L’anima dell’uomo ha sempre prodotto gli effetti della sua essenza, cioè ha sempre prodotto pensieri spirituali e si è sempre volta verso Dio, come attratta da una affinità, da una somiglianza di essenza.

La sete interiore dell’uomo, i suoi pensieri elevati all’infinito, all’eterno, le sue concezioni, anche imperfette di Dio sono una dimostrazione logica, convincente dell’esistenza dell’anima. Possiamo quindi applicare a questa osservazione la frase di Agostino: – Dio, Tu ci hai creati per te e l’anima nostra non trova requie fino a tanto che non torna a Te.

LO SPIRITO DELL’UOMO

Se con il capitolo precedente abbiamo parlato della parte centrale dell’argomento, abbiamo parlato cioè dell’uomo considerato soprattutto come “anima vivente”, in questo capitolo parliamo della parte più complicata nello studio della personalità umana, e cioè dello spirito.

Lo studio relativo allo spirito dell’uomo si presenta difficile soprattutto perché non sempre il termine “spirito”, viene usato nella Bibbia, per esprimere il concetto distintivo del composto umano.

Noi troviamo il termine “spirito” usato come un contrapposto del termine “carne” (vedi Romani 8:5, 6, 9); troviamo il termine “spirito” usato per definire l’essenza spirituale dell’uomo (vedi Luca 24:39) e troviamo anche il termine “spirito”usato per esprimere i sentimenti interiori dell’uomo (vedi Luca 9:55). In questi casi la parola “spirito” non indica mai quella parte della personalità umana che è associata al corpo e all’anima, ma è usata per esprimere concetti assolutamente diversi.

Quindi lo studio di questa parte del nostro argomento è complicato dalla difficoltà che esiste nel trovare il significato della parola “spirito” ogni volta che essa è usata nella Bibbia.

In alcuni passi della Scrittura, comunque, possiamo facilmente riconoscere che questa parola è usata per distinguere il composto umano e in questi casi il termine “spirito” esprime una parte dell personalità umana. Possiamo leggere, per esempio, “…il vostro spirito e l’anima e il corpo…” I Tess.5:23.

Oppure:

…la divisione dell’anima e dello spirito…” Ebrei 4:12;

Od anche:

…farò orazione con lo spirito, ma la farò ancora con la mente…(cioè con l’uomo razionale) I Cor.14:15.

Il problema si presenta veramente complicato, ma non mancano possibilità per esaminarlo e per raggiungere almeno quelle conclusioni che sono accessibili alla nostra povera mente umana. Molte conclusioni appartengono soltanto a Dio ed Egli ce le rivelerà quando saremo nella gloria, ma alcune possono essere raggiunte anche da noi, a mezzo dell’aiuto divino, ed è utile che le raggiungiamo.

Il nome dello spirito.

Incominciamo con l’esaminare il nome dello spirito.

Nel Vecchio Testamento lo spirito è indicato con il termine “ruàh” e nel Nuovo Testamento con il nome “pneuma”.

Ambedue questi nomi possono essere tradotti “aria” “soffio”.

Dal Vecchio al Nuovo Testamento non è avvenuto nessun cambiamento; lo spirito viene presentato dal principio come “aria” e attraverso tutte le pagine della Bibbia continua ad apparire figurato nella medesima maniera. Lo spirito è l’aria. Questa immagine ci permette di fare un confronto: l’anima è l’io, cioè l’uomo; il corpo è l’involucro dell’io, cioè il rivestimento dell’uomo; lo spirito è l’aria dell’io, cioè il respiro dell’uomo.

In altre parole, come l’aria nel senso fisico è il primo alimento, possiamo dire la vita stessa del corpo, così lo spirito è l’aria dell’anima cioè l’alimento invisibile dell’anima.

Se togliamo l’aria al corpo, provochiamo la morte del corpo; se togliamo lo spirito all’anima provochiamo l’immobilità dell’anima. L’aria è il dinamismo del corpo, lo spirito è il dinamismo cioè il movimento e l’azione dell’anima.

Questo concetto non ci viene suggerito soltanto dal significato linguistico del nome spirito, ma ci viene anche suggerito dai passi della Bibbia che illustrano la funzione dello spirito nell’uomo. Troviamo scritto, per esempio:

…la polvere ritorni in terra…e lo spirito ritorni a Dio…” (Eccl.12:9).

Padre, io rimetto lo spirito mio nelle tue mani…” (Luca 23:46).

il suo spirito ritornò in lei, ed ella si levò prontamente…” /Luca 8:55).

…Signor Gesù, ricevi il mio spirito…” (Atti 7:59).

Questi sono soltanto alcuni dei molti versi biblici che ci parlano dello spirito assomigliandolo all’aria che dà vita. L’ultimo alito di vita, rappresenta l’ultimo respiro del corpo e l’ultima manifestazione dello spirito, rappresenta l’ultima attività terrena dell’anima. Quindi lo spirito ci viene presentato dal suo stesso nome e da molti passi della Bibbia come l’elemento che produce il moto, l’azione, la vita dell’uomo.

Con questo aspetto dello spirito concorda anche una definizione teologica molto importante che così si esprime: “Lo spirito è il principio vitale dinamicamente procedente da Dio, è la sede degli impulsi attivi”.

Questa definizione teologica è importante per tre ragioni: perché è il risultato di un accurato studio teologico compiuto alla luce della Bibbia; perché esprime l’individualità dello spirito in un modo magistrale ed infine perché è stata data dalla chiesa cattolica, che nega l’individualità dell spirito e che invece, attraverso lo studio delle Scritture, è stata obbligata a fornire questa definizione.

Naturalmente anche questa definizione ha bisogno di essere chiarita o almeno riportata in parole più semplici, più comprensibili. Essa dichiara che “lo spirito è il principio di vita che procede da Dio e che si muove per andare da Dio all’anima e renderla attiva”.

Forse un esempio può chiarire meglio il concetto: immaginiamoci che l’anima sia una lampada elettrica e immaginiamoci che lo spirito sia la corrente elettrica.

La lampada ha una individualità e la corrente ha una individualità. La lampada sta ferma, la corrente si muove, cioè “procede dalla sua causa ai suoi effetti”.

Senza essere obbligati ad immaginare tutto il problema dell’elettricità pensiamo semplicemente ad una lampada elettrica della nostra casa. Essa è lì, completa, perfetta: ha il suo involucro di vetro, ha i suoi filamenti di metallo, ma è spenta. Se noi giriamo l’interruttore che chiude il circuito, cioè il percorso dell’energia elettrica, allora la corrente passa liberamente e “procede dall’interruttore alla lampada” e la lampada si accende.

Quando la lampada è accesa noi non distinguiamo più le due individualità: lampada – elettricità, perché vediamo soltanto una lampada accesa, ma se giriamo nuovamente l’interruttore e spegniamo la lampada, noi constatiamo che la luce era il risultato dell’unione di due individualità.

Ci sembra che l’esempio dato dal nome stesso dello spirito e l’esempio suggerito dalla definizione teologica dello spirito siano efficaci per farci comprendere almeno l’aspetto superficiale di questo profondo soggetto spirituale.

Lo spirito nella personalità umana

Lo spirito quindi appare come un’individualità, ma non come una personalità razionale a se stante; esso è un parte dell’uomo, ma non è l’uomo. In altre parole l’uomo è composto di un involucro che è soltanto la “sua scatola”; è composto di uno spirito che è soltanto la “sua aria” il “suo principio di vita” ed è composto di un’anima che è la sua reale personalità immortale e immutabile.

Il corpo non è l’uomo perché è destinato alla corruzione ed anche nella resurrezione non sarà più quello che è stato, perché il materiale sarà sostituito dallo spirituale (I Cor.15:43).

Lo spirito non è l’uomo perché è soltanto un principio di vita che “procede da Dio all’uomo” e che quindi non sarà più necessario quando fra Dio e l’uomo non ci sarà più spazio cioè non sarà più necessario quando l’uomo si troverà in un mondo spirituale nel quale egli stesso sarà purissimo spirito (Ebrei 12:23; I Giov.3:2).

L’anima invece è l’uomo nel senso più completo di questa parola ed essa sarà nell’eternità con la sua stessa, precisa personalità che già possiede nel tempo e nella vita.

Questa considerazione ci spiega perché, frequentemente, la Bibbia stessa, invece di chiarirci l’argomento, sembra complicarlo alla nostra mente. E’ difficilissimo, forse impossibile, scorgere le diverse individualità di una lampada accesa e così è difficilissimo dividere razionalmente le diverse individualità dell’uomo vivente.

Con questo ragionamento però non abbiamo voluto affermare che lo spirito sia un’essenza estranea all’uomo, indipendente dall’uomo; abbiamo voluto semplicemente dichiarare che lo spirito sta all’anima, come l’aria sta al corpo.

L’aria non è estranea al corpo, indipendente dal corpo, anzi il corpo vive nell’aria e l’aria circola nel corpo; ogni corpo vive nell’aria, ogni corpo ha la propria aria. Somigliantemente lo spirito non è estraneo all’anima perché ogni anima vive nello spirito e lo spirito circola in ogni anima; ogni anima adunque ha il proprio spirito.

L’individualità dello spirito nell’uomo

Se vogliamo comprendere la differenza intrinseca dello spirito fra un uomo e l’altro; se vogliamo cioè comprendere perché lo spirito di ogni uomo è differente, dobbiamo continuare a servirci dell’esempio già usato, precedentemente: quello dell’aria.

L’aria che circola nell’atmosfera è composta di ossigeno, azoto ed argon, ma a questo composto si miscugliano altre decine e decine di particelle fisiche; per esempio anidride carbonica, vapore acqueo, ozono, ammoniaca, nitrati, acido solfidrico, pulviscolo atmosferico ecc.

Ovunque noi troviamo i tre elementi principali in proporzione equilibrata, cioè ovunque troviamo ossigeno, azoto ed argon, ma non dappertutto troviamo le altre particelle nella medesima quantità. L’aria di città è diversa dall’aria di paese; l’aria di montagna è diversa dall’aria di pianura.

Anche in un medesimo luogo l’aria di un individuo è diversa dall’aria di un altro individuo, rispetto alla loro statura, perché, da un livello all’altro, possono avvenire mutamenti radicali del contenuto dell’aria. Quindi la personalità fisica dell’individuo si modifica secondo l’aria che respira e l’aria che l’individuo respira è diversa dall’aria che gli altri respirano: ognuno quindi ha la “propria aria”.

Immaginiamoci ora questa immensa atmosfera spirituale che procede da Dio come “principio di vita”; essa è intorno al mondo delle anime che vivono nel tempo e nei corpi; essa è lo spirito che mette in azione la vita.

A questa immensa atmosfera naturale si miscugliano però decine e decine di particelle estranee: alcune benefiche, alcune malefiche. Negli strati più bassi di questa atmosfera, queste particelle sono costituiti dai detriti dell’inferno, dal pulviscolo del male, dai vapori del peccato. Negli strati più alti queste particelle sono costituite dalle irradiazioni del bene, dalle emanazioni della verità.

Ogni uomo ha il suo spirito; quello spirito nel quale si trova la sua anima, quello spirito che circola nella sua anima. Lo spirito genera impulsi in ragione della sua essenza come l’aria modifica la personalità dell’individuo in ragione della sua composizione.

L’uomo può “cambiare aria” ed anche l’anima può “rinnovare lo spirito” (Salmo 51:10). L’uomo non esce mai dall’aria e l’aria è sempre nell’uomo, ma l’uomo può spostarsi in montagna o in pianura ed aggiungere elementi benefici o malefici al composto naturale dell’aria e così l’anima non esce mai dallo spirito e lo spirito non esce mai dall’anima, ma l’anima può aggiungere allo spirito naturali elementi elevati od elementi bassi in ragione della posizione che assume.

L’uomo perciò ha lo spirito naturale che è lo spirito dell’uomo, lo spirito proprio (vedi I Cor.2:1; Rom.8:16) ma egli può aggiungere a questo spirito gli elementi del cielo o gli elementi dell’inferno (vedi Giov.13:27; Fatti 2:4).

Il ragionamento ha confermato la conclusione già data in anticipo: lo spirito non è in se stesso “una personalità razionale”, ma è soltanto un “principio di vita” che acquista una personalità nell’unione che realizza con l’anima, precisamente come l’aria nell’uomo o come la corrente elettrica nella lampada.

La personalità dello spirito

Se lo spirito avesse una propria personalità razionale, dovremmo concludere, infatti, che l’uomo avrebbe in se stesso una doppia personalità: quella dell’anima e quella dello spirito: alla morte dell’omo quindi ci sarebbero due uomini distinti e separati.

Se invece lo spirito seguisse sempre l’anima e quindi alla morte dell’uomo rimanesse unito all’anima come una parte essenziale dell’anima, dovremmo concludere che lo spirito non esisterebbe come individualità, ma sarebbe soltanto un aspetto, una caratteristica dell’anima cioè parte integrale (e non integrante) dell’anima.

No! L’esame della Bibbia ci dichiara e la ragione ci conferma, che lo spirito il principio dinamico dell’anima, come il corpo è il mezzo di comunicazione dell’anima.

Con il corpo, l’anima ha, soprattutto, comunicazione con il mondo fisico e per lo spirito, l’anima ha i suoi impulsi attivi. Quindi, per concludere, noi vediamo l’uomo nell’anima mentre nel corpo e nello spirito vediamo due elementi contrapposti che, nelle loro particolari caratteristiche, si fondono con l’anima per integrare la personalità umana nella vita e nel tempo. L’uomo è un composto trino nel tempo, nella vita terrena, ma diviene un “corpo puro” “incomposto”, fuori dal tempo, nella gloria dell’eternità.

In altre parole l’uomo è formato nella vita terrena di corpo, anima e spirito; involucro materiale, personalità di essenza spirituale e principio dinamico di vita di essenza spirituale. Nel cielo l’uomo avrà un corpo “spirituale” e sarà una “personalità spirituale” quindi sarà un “tutto spirituale” privo di reali distinzioni di individualità o di parti che lo compongono.

Non pensiamo, naturalmente di aver esaurito il problema e di aver chiarito ogni concetto e non presumiamo neanche di aver convinto ogni lettore, ma pensiamo, o almeno speriamo di aver avviato il ragionamento in maniera da aiutare ed incoraggiare lo studio di questo fondamentale soggetto dottrinale.

Vogliamo ripetere, ad evitare ogni eventuale malinteso, che noi abbiamo una concezione tricotomica dell’uomo nel senso che noi crediamo che in questa vita, ove l’uomo vive assente dal Signore (II Cor.5:6) e a contatto con un mondo fisico, la personalità umana è composta da un elemento del mondo fisico: il corpo; da un elemento procedente da Dio: lo spirito e da un elemento stabile in sé stesso: l’anima.

Fuori di questa vita il problema assume un altro aspetto, sia perché l’uomo esce dal mondo fisico e sia perché l’uomo muta totalmente la sua posizione rispetto a Dio. Abbiamo accennato anche al mutamento del problema, cioè alla personalità dell’uomo fuori della vita e del mondo fisico, ma abbiamo voluto soprattutto esporre il nostro punto di vista in relazione al problema che veramente c’interessa da vicino, che c’interessa oggi: la personalità dell’uomo in questa vita.

L’UOMO E DIO

Perché è stato creato l’uomo

L’uomo è stato creato in adempimento di un piano preparato da Dio. L’Eterno, come savio architetto, aveva preparato un progetto di amore e di sapienza e in questo progetto aveva incluso la creazione dell’uomo; anzi la creazione dell’uomo rappresentava nel progetto di Dio il particolare più importante, il particolare centrale.

Iddio serbò per ultimo la creazione dell’uomo appunto perché essa rappresentava il coronamento dell’opera onnipotente dello Spirito. L’Eterno riconobbe che era buono quel che rea stato creato il primo giorno, che era buono quel che era stato creato il secondo, il terzo, il quarto e il quinto giorno; ma vide che era “molto buono” quel che era stato creato al compimento del suo progetto e cioè alla fine del sesto giorno che aveva visto finalmente l’apparizione dell’uomo.

Dopo l’uomo viene il riposo, anzi l’uomo è legato al riposo, come un giorno è legato al giorno che segue.

Iddio che si “riposa dalle sue opere” dopo la creazione dell’uomo, ci suggerisce chiaramente l’idea dell’Architetto che vede compiuto, ultimato perfettamente il suo progetto. L’uomo quindi è il compimento assoluto dell’opera di Dio.

Iddio ha, con la creazione dell’uomo, la sua immagine nel mondo; una creatura che assomiglia a Lui, che può parlare con Lui, che può ascoltare la Sua voce. A questa creatura Iddio conferisce autorità e capacità onde renderla sovrana nel mondo nello stesso modo che Egli è sovrano nel cielo. La somiglianza fra l’uomo e Dio viene resa ancora più perfetta. Ambedue si muovono nell’universo come dominatori: Iddio nell’alto dei cieli, l’uomo, in proporzioni ridotte, sul creato in questa terra.

Ma certamente il piano di Dio non si conclude nel fare una specie di ritratto di se stesso; non ha neanche lo scopo di creare semplicemente una creatura che differisca dagli angeli. Il piano di Dio è più profondo, più vasto, più glorioso. Le parole di Paolo ai Colossesi squarciano, in parte, il velo di questo mistero divino.

…Tutte le cose sono state create per mezzo di lui (Gesù Cristo) e in vista di Lui…“. Colossesi 1:16.

Da queste parole veniamo a sapere che non soltanto ogni cosa è stata creata per mezzo di Cristo, (vedi anche Giovanni 1:4) ma anche che ogni cosa è stata creata in “vista di Cristo” cioè che ogni cosa è stata creata per accogliere Cristo, per preparare l’opera di Cristo, per permettere il ministero di Cristo, per cooperare all’esaltazione di Cristo.

Iddio quindi ha creato l’uomo per compiere un piano che doveva servire allo sviluppo di un altro piano. Anche qui serviamoci un poco dell’immaginazione per comprendere meglio attraverso l’esempio.

L’architetto ha preparato un progetto accurato per costruire “le fondamenta” di un edificio; egli segue i lavori con attenzione e con interesse e quando li vede ultimati, si riposa soddisfatto. Ma quel lavoro non è la conclusione di quanto egli ha in mente o in programma di costruire, anzi quel lavoro è soltanto la preparazione del vero lavoro; del lavoro che dovrà mostrare visibilmente e pr sempre il suo talento.

L’uomo è stato creato perché Iddio voleva, doveva manifestare Cristo, la Parola che era nell’eternità; quindi la creazione dell’uomo compie il progetto di Dio non soltanto perché l’uomo è la più perfetta fra le creature, ma perché con l’uomo è ultimato il piano necessario alla manifestazione e all’esaltazione della Parola.

Se la creazione è stata compiuta per Cristo e in vista di Cristo e se nella creazione l’uomo è stato collocato da Dio nel posto più elevato, è chiaro che l’uomo ha un compito centrale nel progetto di Dio; egli deve servire direttamente a manifestare Cristo e far esaltare Cristo, quindi l’uomo è stato creato affinché Cristo venga sovranamente e vittoriosamente glorificato.

La glorificazione di Cristo però non è un piano relativo all’uomo o relativo al tempo, ma è un piano relativo al cielo stesso e quindi relativo all’eternità. In altre parole l’uomo non è stato creato perché Cristo fosse glorificato soltanto di fronte all’uomo, nella vita dell’uomo, ma affinché Cristo fosse glorificato di fronte a tutti nell’eternità.

La Bibbia c’insegna infatti che Cristo è stato “sovranamente innalzato” ed ha ricevuto un “nome che è sopra ogni nome; acciocché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee; e che ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore…” Fil.2:9-11.

Or noi sappiamo che la gloria di Cristo viene dopo la Sua incarnazione, cioè il Suo annichilimento; sappiamo anche che la vittoria di Cristo viene dopo la sua battaglia attraverso la quale Egli riduce al niente “ogni signoria, ed ogni podestà e potenza…” I Cor.15:24.

Perciò noi possiamo concludere che l’esaltazione di Cristo poteva venire soltanto con la vittoria definitiva sopra le potenze del male, ma che la battaglia contro il male, personificato in Lucifero, poteva essere combattuta soltanto con la creazione dell’uomo.

La Bibbia ci sa ragione in questa conclusione e non soltanto ci dice “…per questo è apparito il Figliolo di Dio, acciocché disfaccia le opere del diavolo”. I Giovanni 3:8.

Ma ci dice anche più chiaramente: “…Egli (Gesù Cristo) somigliantemente ha partecipate le medesime cose; acciocché per la morte distruggesse colui che ha l’imperio della morte, cioè il diavolo”. Ebrei 2:14.

Il piano di Dio rimane in misura notevole nascosto agli occhi nostri; avvolto nel mistero, ma alcuni particolari ci vengono chiaramente dichiarati dalla Scrittura. La ragione della creazione dell’uomo rappresenta uno di questi particolari: Dio ha creato l’uomo a compimento di un piano che doveva essere la base di un piano successivo di vittoria e di esaltazione.

La caduta dell’uomo

Ma l’uomo, creato da Dio, alla Sua stessa immagine, ha assecondato il piano divino oppure lo ha rovinato?

La domanda è complicata ed è pericolosa. Una risposta troppo precipitosa o troppo superficiale potrebbe far concludere che Dio ha creato l’uomo per farlo cadere, oppure che l’uomo ha modificato o ritardato il piano di Dio. Tutte queste conclusioni suonano offensive alla giustizia di Dio, alla potenza di Dio, alla saggezza di Dio.

Cerchiamo perciò di trovare la risposta che è contenuta nella Bibbia. La prima cosa che la Bibbia ci dichiara senza equivoci, riguarda la responsabilità dell’uomo nella sua caduta.

La trasgressione di Adamo viene addebitata ad Adamo: egli è colpevole di fronte a Dio e Dio lo giudica e lo condanna. Adamo non ha nessuna scusa, nessuna attenuante: ha disubbidito volontariamente benché abbia ricevuto capacità per ubbidire. Non può nascondersi nella sua debolezza, nella sua ignoranza perché egli non è debole e non è ignorante.

Iddio non è partecipe del peccato di Adamo; non lo ha preparato, non lo ha voluto…Dobbiamo ammettere, però, che Egli lo ha preconosciuto perché l’onniscienza divina si realizza fuori del tempo e tutto è chiaro e presente davanti a Dio senza che per Lui esista passato o futuro.

La preconoscenza però non è partecipazione, non è responsabilità; tutto al più la preconoscenza è un elemento utilizzabile nello sviluppo di un piano. Iddio quindi può aver concepito il Suo piano tenendo presente la caduta dell’uomo e certamente ha preparato il piano della vittoria e dell’esaltazione usando anche la tragica caduta di Adamo.

Quindi Adamo non ha volontariamente assecondato il piano di Dio, ma con la sua caduta non lo ha ostacolato, perché il pano divino “era” prima della sua caduta ed era stato concepito tenendo presente la sua caduta. Il piano divino rimane quello che è, e in esso vengono incluse tutte le circostanze preconosciute da Dio.

L’Eterno, come abbiamo scritto in un’altra circostanza, agisce come un abile condottiero d’eserciti e compie i suoi piani di vittoria utilizzando anche quelle mosse belliche che apparentemente sembrano negative.

La caduta dell’uomo però appare come il crollo rovinoso di un edificio artisticamente edificato: la sconfitta nella tentazione, l’espulsione dall’Eden, il lavoro faticoso, il sovvertimento dell’armonia del creato e poi, sempre più in basso, le ribellioni, le guerre, le superbie…Sembra veramente di vedere, come diceva un grande letterato, “un masso che dal vertice di una rupe, viene precipitato a valle da una frana ruinosa, che lo fa rotolare rumorosamente, per la china scheggiata”.

Eppure anche questa caduta, questa rovina, quest’armonia turbata si trovano incluse nel piano divino. Iddio ha preconosciuto la rovina e si è servito anche di questa per sviluppare il suo disegno di vittoria.

Da queste rovine si formano le razze, nascono i popoli, sorgono le lingue. Da queste rovine scaturiscono i mestieri, le arti, la scienza. Soprattutto da queste rovine incomincia il vittorioso contrattacco della battaglia di Dio.

Sembra quasi che anche nella caduta dell’uomo Iddio abbia voluto stabilire un rapporto fra la Sua creatura e Sé stesso. Egli incomincia l’opera concepita in Cristo nell’annichilimento di Cristo. Il Figliolo scende fino ai luoghi più bassi per poi iniziare l’ascesa fino alle vette più alte.

L’uomo scende e scende sempre più in basso, perché possa poi essere elevato in alto nella vittoria di Cristo.

Se l’uomo non fosse arrivato fino al fondo della valle, Cristo non avrebbe potuto compiere il proprio annichilimento, perché Cristo è sceso dal cielo fino all’uomo e se Cristo non avesse potuto compiere il proprio annichilimento la vittoria di Cristo non sarebbe stata completa.

L’uomo, in altre parole, precipita in basso fino all’ultimo livello della caduta e Cristo va fino all’uomo e riporta la vittoria sulle potenze che sono in tutti i livelli del mondo spirituale, principiando dal più basso ed elevandosi come un trionfatore fino al cielo (vedi Colossesi 2:15; Efesi 4:10).

Tutti gli eserciti, tutte le potenze, tutte le autorità sono frantumate dalla vittoria di Cristo; da quella vittoria alla quale, inconsapevolmente, ha partecipato l’uomo con la sua rovinosa caduta usata da Dio come un elemento di battaglia.

La salvezza dell’uomo

La vittoria di Cristo è la vittoria di Dio, ma diviene anche la vittoria dell’uomo. Cristo vince per adempiere il piano di Dio, Cristo vince per acquistare un nome che è sopra ogni nome, ma Cristo vince anche, ed anzi soprattutto, diciamo noi, per salvare l’uomo, per redimere l’uomo.

Il primo Adamo è caduto, ma la sua caduta ha permesso l’apparizione del secondo Adamo, dell’ultimo Adamo: l’uomo è salvo.

Non possiamo in questo studio particolare indugiarci ad esaminare la dottrina della salvezza. Speriamo di poter affrontare, in uno studio successivo, l’analisi delle varie fasi dell’opera meravigliosa della redenzione onde vedere da vicino, alla luce delle Scritture, il meccanismo spirituale del perdono, della giustificazione, della rigenerazione, della santificazione, della glorificazione. Ma anche senza entrare profondamente nell’argomento possiamo dichiarare: – L’uomo è salvo; è salvo in Cristo e mediante l’annichilimento di Cristo.

Iddio ha compiuta l’opera della vittoria e ha compiuta l’opera della salvezza. La prescienza Gli ha fatto vedere la caduta dell’uomo, e Gli ha fatto preparare e compiere la salvezza dell’uomo. L’uomo quindi è salvato anticipatamente in Dio e perciò un Dio che crea un uomo che Egli preconosce infedele, non è un Dio crudele, ma un Dio amoroso. Dio accetta l’infedeltà dell’uomo, volge quell’infedeltà al compimento dei Suoi piani e provvede alla salvezza dell’uomo.

L’uomo però non è salvato soltanto in questo piano universale di redenzione, cioè l’anticipata opera di misericordia non riguarda soltanto l’intera umanità, ma l’uomo, anche individualmente, è partecipe del risultato dell’opera della redenzione.

Desideriamo essere estremamente chiari per non essere fraintesi.

Noi non crediamo alla predestinazione nel senso che Dio voglia creare alcuni uomini per il cielo e alcuni uomini per la perdizione, ma crediamo però che Dio conosce tutti gli uomini prima ancora della loro nascita. (vedi Gal.1:15; Ger.1:5).

Iddio conosce “ogni” uomo; Iddio ama “ogni” uomo; (Giov.3:16 I Tim.2:4) Iddio chiama “ogni” uomo; Iddio salva “ogni” uomo; Iddio glorifica “ogni” uomo.

Nel piano di Dio c’è conoscenza, amore, chiamata, salvezza e glorificazione per ogni uomo. Questo non vuol dire che “tutti” gli uomini vengono salvati, (Marco 16:16) perché gli uomini sono stati creati da Dio assolutamente liberi di scegliere la bandiera sotto la quale desiderano arruolarsi.

La perdizione degli impenitenti, che pur sono stati conosciuti da Dio, amati da Dio, chimati da Dio e salvati e glorificati nelle intenzioni di Dio, non sarà una sconfitta per il nome di Dio, perché essi risulteranno arruolati nell’esercito perdente capitanato dal diavolo.

L’uomo nell’eternità

L’uomo è salvato in Cristo e con Cristo, cioè partecipa la vittoria di Cristo perché si lega a Cristo per la fede nella sua vittoria.

La vittoria di Cristo diviene per l’uomo elevazione; egli viene condotto in alto assieme a Cristo; (Giov.12:32) più in alto del livello del primo Adamo e più in alto degli angeli celesti: (Ebrei 2:7). L’uomo viene posto nel piano gerarchico di Dio, immediatamente dopo Cristo (Apoc.3:21) quasi ad occupare quel posto reso vacante dalla ribellione di Lucifero (vedi Ezechiele 28:14).

Il diavolo aveva turbata l’armonia della terra e l’armonia del cielo, ma Iddio, nella vittoria di Cristo, ha ristabilito l’armonia del cielo e l’armonia della terra (Colossesi 1:20) e l’uomo è stato incluso a cooperare e poi a partecipare le conclusioni gloriose di questo piano.

Lucifero è avvilito, è vinto: Iddio ha dimostrato la potenza della vittoria in cielo e in terra. L’angelo della superbia non soltanto è stato rovesciato dal cielo, ma è stato anche avvilito in terra; non soltanto è stato sconfitto da Dio nello spirito, ma è stato anche abbattuto da Dio incarnato.

Nel cielo Dio ha voluto intorno a sé e contro Lucifero gli angeli fedeli e ha vinto; in terra Dio si è servito di quegli stessi uomini che il diavolo credeva di aver vinto per sempre.

Ormai l’uomo che ha cooperato inconsapevolmente all’adempimento del piano della misericordia, della sapienza e della potenza di Dio, è glorificato con Dio; entra nella vita intima di Dio ed entra così profondamente che solo un’immagine umana molto viva, molto cruda, può aiutare a cogliere questo elevato concetto: l’uomo diviene “una stessa carne con Cristo” (Efesi 5:31-32).

Da Adamo nell’Eden alla Sposa dell’Agnello nel cielo è tutto un poema che parla dell’amore di Dio e della potenza di Dio.

In questo poema si odono sovente gli accenti dolorosi delle rovine umane, ma essi non possono coprire le melodie infinite ed eterne di Colui che ci ha creati e ci ha salvati “non per farci perire, ma per darci la vita e la gloria in eterno” II Pietro 3:9.

Questo piano luminoso di potenza e di misericordia esprime gli accenti più alti dell’amore di Dio. Egli ci ha creati, ci ha salvati per darci il luogo di gloria più elevato e farci regnare nell’eternità a fianco al Suo Figliolo, ma questo piano, ci spiega altresì l’odio infernale del diavolo verso l’uomo, contro l’uomo.

Lucifero vede nell’uomo l’odiata immagine di Dio; Lucifero vede nell’uomo lo strumento usato da Dio contro di lui e, soprattutto, Lucifero vede nell’uomo la creatura preparata da Dio per ristabilire l’equilibrio dei luoghi celesti; la creatura cioè che, in un certo senso, è stata eletta a sostituire il più eccelso e il più risplendente fra gli angeli di Dio.

Il destino eterno dell’uomo è chiuso dentro questa sintesi:

Creato per amore, perdonato per amore, salvato per amore, glorificato nell’alto dei cieli per amore; l’uomo è l’oggetto dell’amore di Dio nel senso più completo della parola ed è in questa manifestazione di amore infinito che il piano di Dio si compie e che Cristo è esaltato nei secoli dei secoli: Amen!