di Roberto Bracco – Tutte le cose ci circondano, tutte le circostanze che viviamo assumono un loro aspetto particolare in relazione al punto di vista dal quale le consideriamo.
Per poter affrontare e compiere la nostra vita in perfetta armonia con i piani e con la legge di Dio dovremmo far nostro il punto di vista di Dio onde poter vedere cose e circostanze alla luce di una intelligenza che trascenda le povere considerazioni contingenti per farci liberamente spaziare nell’infinito e nell’eterno.
Noi esseri finiti, e fisicamente mortali, siamo portati a misurare gli avvenimenti col metro della nostra vita e a valutare le cose col rapporto del visibile; è logico che da questo punto di vista ci appaiono delle cose più grandi di noi o delle circostanze la cui influenza non ci è impossibile sfuggire. A Dio, invece, nessuna cosa e nessuna circostanza aumentano di dimensione; Egli le vede così come sono e perciò rimane Signore assoluto sopra esse.
Iddio è l’Eterno ed Egli considera le cose con l’occhio dell’eternità. Che cos’è per Lui il secolo o il millennio? Che cosa rappresentano agli occhi Suoi i colossi montani che agli occhi nostri appaiono come mostri di pietra eretti per sfidare il cielo?
Cose, circostanze di dimensioni microscopiche di natura insignificante!
E l’individuo o le nazioni; i popoli o le civiltà che cosa rappresentano davanti a Dio?
Non certamente quello che rappresentano agli occhi dell’individuo che considera le cose con i sensi naturali.
Che cos’è l’individuo? Che cosa rappresentano le sue opere?
Un essere di fango che percepisce delle sensazioni sfuggevoli e che produce opere effimere e fugaci.
E che cosa sono i popoli e le civiltà?
Agglomerati umani, manifestazioni passeggere che parlano soltanto di fenomeni transitori e di realtà finite e momentanee.
Dove sono oggi i grandi uomini che hanno riempito con il loro nome e la loro fama il secolo nel quale sono vissuti o anche i secoli successivi?
E dove sono i popoli e le civiltà che qualche volta per secoli hanno dato l’impressione di dover durare in eterno?
Soltanto un pugno di cenere o pochi ruderi sbocconcellati testimoniano dell’apparizione, sulla scena dell’eternità, di queste figure di fumo.
Non è vero! Protestano i difensori dei valori umani: le opere dei grandi sono viventi e le civiltà dei popoli, anche oggi, rappresentano le pietre miliari del progresso dell’umanità. L’apparizione di queste realtà non è stata fugace ma duratura, potremmo forse dire: eterna.
Ma che cos’è questa voce? Questa difesa? Un suono che si perde e svanisce nell’aria.
Gli uomini e le cose realtà durature?
Ma se questo pianeta stesso è un globo di terra che partecipa nell’infinito e nell’eternità. Dove sono le civiltà che voi dite essere le pietre miliari del progresso?
E dove sono gli uomini la cui voce e le cui opere sono ancora vive?
No, non parlateci degli uomini di ieri o delle civiltà che sono tramontate sotto il sole della storia; parlateci delle cose che voi nascondete sotto la giustificazione della presto per non confessare ci sinceramente che sono sparite, che loro fumo si è dileguato. Si parlateci di quelle realtà; perché di quelle di oggi desideriamo sentir parlare domani quando il succedersi dei millenni dei millenni avrà fatta diventare preistoria la storia di oggi cioè avrà dileguato dall’orizzonte terso dell’eternità, il fumo lieve ed impalpabile dei nomi che vi rendono tanto orgogliosi. Gli uomini sono soltanto molecole in movimento è le loro opere rappresentano unicamente il modificarsi vertiginoso della loro posizione. Questa è la visione dell’uomo e delle eternità ad un occhio eterno. Questa visione offre un concetto esatto della vita e suggerisce il senso di proporzione nelle cose. Essa ci fa avere un’idea sempre più viva, sempre più luminosa di Colui ” che solo ha l’immortalità ” cioè di Colui che è Eterno; in pari tempo ci farà avere un concetto esatto di coloro che sono mortali cioè che vivono nel tempo come esseri finiti, quindi ci farà avere un concetto più chiaro di noi stessi.
Di conseguenza ci fa avere un’idea più precisa di quelli che sono i piani infiniti e meravigliosi di Dio è di quelli che sono gli scopi veri, precisi della nostra vita.
Tutte le cose, tutte le circostanze strappate dalla cornice del tempo e poste sulla scena dell’eterno, dell’infinito, ci appaiono nella loro vera luce, nel loro preciso significato.
Il meraviglioso, e qualche volta inconcepibile, piano della salvezza trova la sua cornice logica nell’eternità. Esso non si presenta più agli occhi nostri, dilatati dallo stupore, velato dai mille perché sollevati dalla nostra cecità intellettuale e tanto meno ci appare soffocato e contorto da una cornice troppo stretta per le sue dimensioni infinite.
L’Eterno Figlio dell’Eterno che si offre per una redenzione eterna si muove, nella visione, non come un personaggio enigmatico, ma come un Dio che compie in modo naturale il suo piano di amore. Egli sviluppa questo piano in maniera oculata ed ordinata seguendo fedelmente un ordine logico che non tiene presente nel tempo, nell’apparente realtà delle cose finite.
Trascorrono i secoli ed i millenni; le circostanze più dure sconvolgono la terra e rivoluzionano i popoli; il sangue e le lacrime si mescolano insieme per irrigare i solchi di una terra che si agita confusamente sotto il peso di una maledizione che prima di essere divina è stata umana.
Sì, tutte queste cose avvengono nel tempo e se noi vogliamo creare violentemente un parallelo tra queste circostanze ed il piano della salvezza non riusciamo, purtroppo a seguirlo e a comprenderlo. Ma liberiamoci dalla limitazione di una identità irreale che ci vuole soffocare e noi potremo vedere con chiarezza e comprendere, con naturalezza tanti dettagli del piano di Dio che molte volte ci sono apparsi come manifestazioni se non stravaganti, almeno incomprensibili, di un Signore dispotico ed autoritario. Soprattutto liberiamoci dalla morsa del tempo per spaziare con l’occhio dello spirito, che è occhio eterno, su quelli che sono i nostri problemi personali.
Qual è individuo che non è assillato da un problema? Qual è il credente che non persegue ansiosamente la soluzione di un quesito?
Ogni uomo ha un problema e qualche volta molti problemi, ma il più delle volte questi rimangono perennemente privi di soluzione e forse accompagnano l’uomo nella tomba soltanto perché lo sguardo non ha saputo oltrepassare la cortina del tempo.
Il problema del dolore, il problema della rinunzia, il problema del peccato e mille altri problemi posti nelle cornici limitate nelle quali vengono poste dagli uomini, si contorcono, si serrano in loro stessi e divengono ermetici, ma portate sul piano dell’eternità si distendono, si aprono, si spiegano spontaneamente.
Ma non vogliamo, nel presente scritto che rappresenta soltanto una bozza imperfetta di un pensiero, affrontare questioni che preferiamo vedere affrontate dall’indagine individuale perché divengano esperienze personali e realtà personali e quindi vogliamo avviarci alla conclusione che desideriamo raggiungere con un’esortazione a tutti e quindi anche a noi stessi.
Noi cristiani siamo i cittadini della eternità per eccellenza: abbiamo realizzata una redenzione eterna, abbiamo ricevuto delle promesse eterne, c’è stata data una legge eterna, e ci è stata concessa, in un modo particolare, una visione eterna ma, ci domandiamo, viviamo noi nel tempo o nell’eternità?
Se l’ansia della nostra vita ci conduce dietro il benessere terreni; se i nostri sforzi ci inducono a fermarci sempre più saldamente alle cose di quaggiù noi viviamo nel tempo.
Se le seduzioni del mondo attirano i nostri sguardi in basso, se i piani della carne ci mettono in lotta con la legge di Dio noi viviamo nel tempo. Se i dolori o lutti, le prove o le persecuzioni ci si schiantano e ci vincono e fanno cessare la lode sulle nostre labbra o spengono la speranza del nostro cuore noi viviamo nel tempo.
Ma se il cielo ci attira, se la legge del Signore c’inebria, se la speranza la fede ci sollevano nelle sfere supreme noi viviamo nell’eternità.
Se i dolori o le prove rappresentano per noi soltanto delle esperienze necessarie e noi sappiamo lasciarle dietro le spalle dopo esserci sublimati in esse noi viviamo nell’eternità. Se i beni o le glorie, le ricchezze o compiti rappresentano per noi accessori che non ci vincolano e non ci dominano noi viviamo nell’eternità. Si, vivere nel tempo significa vivere come se la vita del nostro pellegrinaggio terrestre fosse la sola posta davanti a noi e quindi quella da vivere intensamente in tutte le sue circostanze positive, in tutti i suoi piani temporanei. Vivere nell’eternità significa invece vivere come se questa vita che sta davanti a noi nel periodo del nostro passaggio nel tempo fosse (come realmente è) soltanto una frazione improporzionata ed improporzionabile, dell’eternità che ci accoglie. Il predicatore esclamava: “Se l’uomo si ricorda che i giorni delle tenebre saranno molti, tutto quello che gli sarà avvenuto sarà vanità.” (Ecclesiaste 11:8).
E noi ribadiamo:
Fratelli, le ricchezze sono vane, la gloria è vana; le prove e i dolori sono momentanei e scompariranno assieme alla nostra vita di quaggiù. La nostra carne è un vapore e il nostro nome sarà sbiadito e cancellato ma una eternità ci accoglie, viviamo in essa come figliuoli dell’Eterno, nella ricerca delle cose eterne, nell’osservanza della legge eterna.