di Roberto Bracco – Non ci riferiamo alla famiglia nel senso sociale, ma a quella che è “famiglia” per vincoli spirituali; ci riferiamo cioè alla chiesa cristiana non come organizzazione o denominazione, ma come popolo di “fratelli” che si amano, si stimano, si aiutano in virtù di quell’amore celeste che è stato sparso in loro mediante lo Spirito Santo.
La famiglia cristiana è la più perfetta, la più serena, la più lieta fra tutte le famiglie della terra. È disciplinata da un Padre che non può fallire, è assistita da una grazia che non si esaurisce mai, è ispirata da un programma che esalta e sprona le più sane energie del credente.
Anche in questa famiglia esistono differenze di età, di carattere, di capacità, di attitudini, ma queste anziché essere motivi di dissenso e di divisione, sono elementi di equilibrio e di fusione. I membri di una famiglia, proprio come le membra di un organismo, trovano nelle loro differenze il punto di incontro per una equilibrata comunione ed ima reciproca collaborazione.
Uno è il Padre, uno è il Maestro e tutti gli altri sono fratelli per vivere nella semplicità e nella sincerità di una familiarità pura, generosa, calda. Il Libro degli Atti quando parla per la prima volta di questa famiglia, la presenta con queste parole: “…avevano tutti un solo cuore…”. Ed in seguito nel fornire maggiori particolari precisa che “Tutti erano perseveranti nella dottrina, nelle orazioni, nella comunione e nel rompere il pane”.
L’unione dei membri non era e non è apparente o formale, ma sostanziale; non è determinata artificiosamente dall’appartenenza ad una organizzazione religiosa, ma genuinamente dal possesso di uno stesso sentimento e della realizzazione di una identica esperienza.
Nel mondo religioso si compie un autentico attentato alla integrità della famiglia cristiana quando si cerca di darle una fisionomia o un assesto che prescindano o ignorino gli elementi spirituali che costituiscono l’essenza del cristianesimo. Le imposizioni di discipline profane, l’instaurazione di gerarchie ecclesiastiche, l’applicazione di metodi sociali serviranno solo e sempre a creare nuovi complessi religiosi, ma mai ad esaltare o edificare la famiglia cristiana.
I fratelli devono incontrarsi e vivere come fratelli in una semplicità che non deve essere turbata o contaminata da regolamenti umani e in una comunione che non deve essere oltraggiata dal despotismo gerarchico.
L’opera del ministero deve avere sempre come base una vera ed inequivocabile vocazione celeste e deve compiersi in quell’esercizio di reciprocità che “sottopone gli uni agli altri” pur facendo tutti uguali gli uni agli altri. L’infallibilità dei “concili” o dei vescovi sono concetti estranei alla Scrittura e ripugnanti alla familiarità cristiana.
I rapporti della famiglia sono essenzialmente rapporti di amore; i fratelli amano i fratelli e per questo desiderano incontrarsi nella preghiera, nell’adorazione, nell’esortazione, nell’assistenza; queste manifestazioni di vita spirituale si trovano in comunione, cioè nell’avere “ogni cosa in comune”.
Noi credenti che viviamo nel mezzo di una generazione che esalta l’egoismo, ed eleva a sistema la prepotenza dobbiamo, più che nei giorni passati, ricercare con studio diligente e costante, che sia restaurata la familiarità cristiana come la abbiamo conosciuta nei primi giorni del risveglio pentecostale. Dobbiamo tutti deporre ai piedi del Signore le nostre arbitrarie pretese di superiorità e soprattutto i nostri sentimenti di egoismo e di indifferenza per far rinascere nella nostra vita e quindi fra noi, nelle nostre relazioni, quei principi di uguaglianza e quelle manifestazioni di amore sincero e sollecito che devono caratterizzare la nostra comunione cristiana.
Coloro che hanno ricevuto una più copiosa benedizione o che sono stati chiamati a più alte responsabilità devono sentirsi più impegnati per far parte con profonda umiltà dei beni ricevuti ai propri fratelli. Ma anche coloro che hanno ricevuto meno e che occupano una posizione marginale nel campo di Dio, devono sentirsi obbligati a dare il proprio contributo alla causa comune che è poi la causa di Gesù Cristo.
Un calore sincero e un affetto senza riserve devono spingerci gli uni verso gli altri e quindi dobbiamo sgombrare il terreno di ogni giudizio per superare antipatie, intolleranze, suscettibilità nell’esercizio di un amore che sappia comprendere, compatire, stimare in un modo veramente evangelico. Tutti i problemi e tutte le controversie devono essere risolti o composte ai piedi del Signore e la preghiera deve essere mantenuta al centro dei nostri incontri.
La lettura, la meditazione e lo studio delle Scritture devono tornare a rendere vivi e palpitanti i nostri incontri; lontani da aspri motivi polemici e purificati da pretese ambizione dobbiamo investigare la Parola di Dio non per cercare la conferma della nostra opinione per poter tentare di confondere il nostro fratello, ma per trovare in essa quel consiglio divino che deve sempre unirci in un uguale cammino di santità.
Quel che l’uomo della strada vedeva e diceva ieri, rendendo inconsapevoli testimonianze all’opera di Dio, deve apparire anche oggi; sono tutti uguali, vivono e parlano nello stesso modo, sono ima famiglia sola, si aiutano con trasporto e si vogliono bene…!
Oggi lo sgretolamento della famiglia cristiana deriva in larga misura dal tragico fatto che non tutti camminano verso il cielo; pochi pensano al cielo, pochi parlano del cielo, pochi anelano il cielo e quindi la prima incrinatura all’unità dei figli di Dio deriva dalla diversità del programma in seno alla famiglia.
La speranza cristiana è diventata, per molti, un distintivo che non corrisponde più al sentimento del cuore e alle convinzioni dell’anima e molti di quelli che sperano “sperano in Cristo soltanto per le cose di questa vita”.
Fratelli, torniamo come piccoli fanciulli ai piedi di Cristo ed abbandoniamoci totalmente all’opera della Sua grazia affinché Egli stesso possa farci UNO soltanto in Lui: uno nell’amore, uno nella fede, uno nella santità; una famiglia che sia veramente la famiglia cristiana.