IL PAESE E’ DAVANTI A VOI…

di ROBERTO BRACCO  –  È necessario espandersi.  Iddio ci parla di un paese del quale dobbiamo “prendere possesso”. Esso è preparato davanti a noi per essere occupato e noi dobbiamo semplicemente prenderne possesso nel nome del Signore.

Non è più il paese che si stendeva davanti agli israeliti nel deserto e che era aperto per attenderli con le benedizioni dei suoi campi fecondi; il paese preparato per noi è costituito dalle benedizioni suggellate nelle promesse che Iddio ci ha fatto in Cristo.

I campi della Sua grazia, i giardini del Suo amore, le messi della Sua potenza si estendono a perdita d’occhio davanti a noi; ci invitano e ci attendono. Dobbiamo semplicemente occuparli.

Iddio ha preparato questa dovizia celeste per tutti noi e per ognuno di noi e ci assicura che “ogni luogo che la pianta del nostro piede calcherà sarà nostro” (Giosuè 1:3).

Noi diventeremo possessori di ogni promessa celeste che raggiungeremo con l’autorità della fede.

Nel mondo esiste una legge internazionale che stabilisce che ogni terra senza proprietario diventa legittimamente di quella nazione che prima, fra le altre, ci pianta la propria bandiera. Noi dobbiamo piantare la nostra bandiera o la bandiera della chiesa sui campi delle benedizioni celesti ed assicurarci in maniera definitiva il possesso di essi.

Il piano divino ha provveduto ogni consolazione ed ogni benedizione e non è saggio rinunciare ad esse per vivere stentatamente nella miseria spirituale.

Una nazione che vive prevalentemente con le risorse agricole dei propri possedimenti è condannata alla povertà quando è costretta entro confini troppo angusti. Frequentemente, attraverso lo sviluppo della storia, abbiamo assistito al travaglio angoscioso delle piccole nazioni incapaci di sollevare dalla miseria le loro numerose popolazioni. Quasi sempre esse hanno cercato di varcare i propri confini, verso altre terre, per un moto naturale e logico di espansione.

Quando non hanno potuto allargare i propri confini, quando non hanno potuto conquistare nuove terre, sono state costrette a cedere i propri figli ad altre nazioni, attraverso l’integrato meccanismo dell’emigrazione.

Questo vivido esempio ci dichiara che quando si è costretti a vivere in uno spazio troppo limitato e troppo povero, la vita diventa oppressione e dolore. Infatti la vita di molte comunità cristiane è oppressione e dolore perché, nonostante il paese delle benedizioni sia aperto, esse continuano a vivere entro i confini delle esperienze del passato. Quei confini erano larghi ieri, ma purtroppo sono diventati soffocanti oggi.

La gioia, l’allegrezza, la potenza, la gloria, la sapienza che mancano nelle nostre comunità, sono a disposizione di tutti i figliuoli di Dio; anche di quelli che continuano a trascorrere giorni di aridità e di sterilità.

Dobbiamo prendere possesso del paese; dobbiamo posarci la pianta del nostro piede e piantarci la nostra bandiera.

E’ inutile elevare sterili recriminazioni; è inutile piangere sulla miseria e la fame: le nostre comunità possono godere ancora una volta la gloria delle benedizioni divine ed essere riempite dalla nuvola della presenza di Dio.

Non dobbiamo, non possiamo dire che non conosciamo il modo per prendere possesso del paese; se siamo sinceri davanti a Dio dobbiamo riconoscere la luce che abbiamo ricevuto. Tutti siamo stati ammaestrati dall’Alto e tutti sappiamo come conquistare le benedizioni celesti.

Il nostro testo ci dice: “Caccerete dinanzi a voi tutti gli abitanti…”.

Fra noi e le benedizioni di Dio ci sono molti ostacoli: i nostri nemici. Noi dobbiamo scacciarli nel nome del Signore.

L’autorità della grazia, che si manifesta in noi nell’opera di rigenerazione che abbiamo esperimentata, ci dà una supremazia assoluta sopra i nostri nemici e perciò noi dobbiamo soltanto esercitare la nostra fede per scacciarli.

Quando il nemico che ci impedisce il cammino verso la benedizione viene tolto di mezzo, noi possiamo prendere possesso della nostra eredità cristiana e goderla lietamente nella presenza di Dio.

Il popolo d’Israele non prese mai possesso di tutta la terra promessa e donata da Dio; esso si costrinse volontariamente entro confini più angusti e si privò della benedizione largita provvidenzialmente dall’Eterno. Molti cristiani e molte comunità seguono, in questi giorni, il medesimo metodo e si adagiano sul letto della propria pigrizia o del proprio timore rinunciando a quella vita esuberante e a quelle benedizioni divine che Iddio ci ha elargite con il Suo Figliuolo e per il Suo Figliuolo.

Le benedizioni sono davanti a noi, ci attendono, c’invitano; eliminiamo l’ostacolo che cerca di sbarrarci i passi e conquistiamole nel Nome del Signore.

Il campo dell’allegrezza

Poco più in là del confine della nostra tristezza, si stende, sterminato, il campo dell’allegrezza. E’ un meraviglioso campo fiorito ove si raccolgono gli uccelli per elevare le melodie delle loro sinfonie. La primavera della grazia divina ha sparso i suoi colori e i suoi canti sul tappeto verde di questo magnifico campo ed in esso tutti i figliuoli di Dio possono godere la gioia pura dello Spirito.

Il paese è davanti a noi, ed anche questo campo è chiuso entro i confini del paese della benedizione. Dobbiamo soltanto posare la pianta del nostro piede in esso per prenderne possesso assoluto.

Iddio c’incoraggia e ci ripete ogni giorno: “siate sempre allegri”, od anche: “Rallegratevi, da capo dico: rallegratevi!”. (Filippesi 4:4)

Egli vuole che prendiamo possesso del campo della benedizione perché vuole che viviamo nell’allegrezza e nella gioia.

C’è un nemico, però, che con la lancia in pugno, cerca di spaventarci e fermarci e noi non possiamo raggiungere la nostra proprietà se non lo scacciamo nel nome del Signore. Il nemico si chiama “la sollecitudine umana”. Noi possiamo abbatterlo perché siamo stati resi più forti e più abili di lui, ma purtroppo preferiamo non affrontarlo.

Sembra quasi che quel nemico ci sia caro o, almeno, ci sia utile: ci lasciamo guidare, consigliare, ispirare da esso e non pensiamo mai a scacciarlo con autorità affinché la benedizione dell’allegrezza possa essere conquistata.

Il nostro cuore potrebbe traboccare della gioia del cielo, la nostra anima potrebbe vivere costantemente nelle sfere elevate, ed invece viviamo ristretti entro il confine delle nostre aride esperienze.

L’allegrezza è un bene quasi sconosciuto alla nostra vita o se è vero che qualche volta guardando al campo invitante che ci attende ci sentiamo invadere dalla gioia, è anche vero che il maggior tempo dei nostri giorni lo trascorriamo nella pena e nello sconforto.

Tutte le circostanza della vita ci abbattono; tutte le contrarietà e tutte le tentazioni ci turbano. Noi non siamo sempre allegri e non abbiamo in noi tutta la gioia del cielo. Eppure un uomo che è stato fatto figliuolo di Dio e che ha ricevuto in eredità la gloria e l’eternità non dovrebbe conoscere mai turbamento e cordoglio: egli dovrebbe soltanto saltare e cantare sul campo dell’allegrezza. Il suo cielo dovrebbe essere sempre sereno e i suoi prati dovrebbero essere sempre fioriti.

Il campo è davanti a noi e ci attende, ma noi non potremo possederlo se non scacceremo le sollecitudini umane. Le nostre ansietà, le nostre preoccupazioni, la nostra avidità, la nostra avarizia rappresentano il nemico crudele che ci sbarra il passo.

Davanti a noi c’è vita esuberante e serena, ma prima di arrivare alla benedizione traboccante dell’allegrezza dobbiamo liquidare la sollecitudine; quando questo nemico sarà distrutto non troveremo più difficoltà a godere l’eredità del Signore.

Il viso scuro, la mente turbata, il cuore in collera, sono quasi sempre sintomi di un male: tristezza! La tristezza è sempre conseguenza di povertà spirituale. Bisogna arricchire, bisogna prendere possesso di nuove benedizioni…bisogna, perciò, colpire, scacciare, distruggere il feroce nemico che ci ruba l’allegrezza.

Mettiamo dunque tutte le nostre ansietà fra le braccia di Dio; esercitiamoci a sobrietà e modestia; sradichiamo ogni sentimento di avarizia e prendiamo decisamente possesso del campo dell’allegrezza.

Il torrente della potenza

Attraverso la valle fiorita del paese della benedizione scorre cristallino, il torrente della potenza. Tutti coloro che si abbeverano ad esso possono alzare vittoriosamente il capo (Salmo 110:7).

Quel torrente è un dono di Dio alla Sua chiesa e perciò appartiene a tutti i figliuoli del Signore. Noi possiamo raggiungerlo e possiamo non soltanto bere di esso, ma anche tuffarci in esso. Iddio vuole che la nostra vita sia riempita della Sua potenza soprannaturale e che il refrigerio offerto dalle acque di quel torrente, che nasce dalla Sua casa, sia il nostro refrigerio tutti i giorni della nostra vita. Noi però dobbiamo raggiungere quelle acque e dichiarare sopra esse il nostro assoluto diritto di proprietà.

Ma anche qui purtroppo c’è un nemico ad attenderci: la pigrizia!

Per impossessarci del torrente della potenza dobbiamo scacciare con autorità la pigrizia.

Molti vorrebbero possedere quelle acque purissime, insieme al loro acerrimo nemico; vorrebbero, cioè, avere contemporaneamente avere contemporaneamente pigrizia e potenza; ma non è possibile: finché il nemico è presente nella nostra vita la benedizione di Dio rimane lontana.

Non si può ricevere potenza e non si può esercitare la potenza fintanto che il nemico mantiene la pianta dei suoi piedi nella nostra vita.

La pigrizia ci impedisce l’esercizio della preghiera; la pigrizia non ci permette di vivere una vita di comunione e di arrendimento e perciò la pigrizia tiene serrata ermeticamente, davanti a noi, la fonte della potenza celeste.

Non dobbiamo dire che ignoriamo il metodo per ricevere potenza; Iddio ci ha detto chiaramente che possiamo prendere possesso di tutta la potenza che è stata manifestata dal Suo Figliuolo e noi dobbiamo semplicemente piantare la bandiera della vittoria sopra questa benedizione divina.

Scacciamo dunque quel mostro di carne che si chiama pigrizia; egli ci sbarra il sentiero delle promesse di Dio e perciò ci mantiene nella nostra profonda povertà spirituale. Scacciamolo con autorità, per la forza della grazia, ed entriamo risolutamente fra i seminati della potenza.

Quando la pigrizia non esisterà più, quando la strada sarà libera davanti a noi, potremo godere potenza nella nostra vita morale, potenza nella nostra vita spirituale, potenza nella nostra testimonianza, potenza nel nostro servizio.

Per concludere: l’allegrezza e la potenza rappresentano due benedizioni che sono state menzionate semplicemente a titolo esemplificativo; tutte, tutte le promesse di Dio e le benedizioni di Dio stanno davanti a noi e ci attendono. Noi possiamo conquistarle senza difficoltà e possiamo possederle senza limitazione: dobbiamo soltanto scacciare i nemici che ci usurpano i beni del Signore. Ogni nemico abbattuto significa una posizione raggiunta ed una benedizione afferrata e perciò possiamo ben convenire che è saggio combattere ed è glorioso vincere.

Le armi di Dio sono a nostra disposizione; lanciamoci, dunque, contro l’avarizia, l’odio, la maldicenza, la carnalità, la mondanità, la superbia. Si, lanciamoci contro i malefici eserciti infernali che non soltanto cercano di chiuderci l’ingresso della gloria eterna, ma cercano anche di non farci godere oggi il paese della benedizione che si stende verdeggiante e fecondo davanti a noi.