di Agostino Masdea – Ci sono molte figure nella Parola che rappresentano lo Spirito Santo: l’olio, il vento, la colomba, il fuoco.
A Pentecoste, due di questi simboli, il fuoco e il vento si sono manifestati contemporaneamente, e fu quel tipo di battesimo che segnò una nuova era, perché segnò la nascita della chiesa di Gesù Cristo. Ed è stato quel fuoco, quel battesimo, che ha trasformato quei discepoli spaventati e timorosi in ministri di fuoco che in poco tempo misero il mondo sottosopra, raggiungendo con il messaggio dell’Evangelo gli estremi confini della terra.
Esattamente come avviene in un incendio, il fuoco comincia a volte con una scintilla, una piccola scintilla, per poi diventare devastante e inarrestabile. Qualcuno ha affermato che “il segno del cristianesimo non è una croce, ma una lingua di fuoco”. Purtroppo oggi, in gran parte delle nostre chiese, da tempo ormai il fuoco tende a spegnersi, o si è quasi spento. Eppure nel secolo scorso ci vollero pochi mesi, da Azusa Strett in poi, perché il fuoco arrivasse in tutte le parti della terra; era il fuoco dello Spirito Santo, e il movimento pentecostale fu, ed è ancora in molte nazioni, una vera e propria esplosione, un vero e proprio incendio!
Oggi purtroppo, almeno in Occidente, le cose sono cambiate; per alcuni cristiani in verità quel fuoco non si è mai acceso. Sia in America e molto più in Europa, il mondo vede il cristianesimo come qualcosa di freddo, inerme, formale, e addirittura irrilevante nell’impatto con la società. Qualcuno ha detto che molte chiese evangeliche sono più simili a frigoriferi che ad altari dove brucia l’olocausto, e molti luoghi di culto sono, più che centri di vita esuberante, vere e proprie camere mortuarie…
Senza contare che in giro c’è anche molto “fuoco strano”, e dobbiamo stare attenti. Basta andare su internet o sui canali satellitari e scoprire che oggi, purtroppo, nel mondo cristiano c’è molto fuoco strano. Tanti fenomeni e manifestazioni vengono spacciati come opera dello Spirito Santo, ma non sono altro che contraffazioni. Se esiste il falso comunque è perché esiste il vero. Il pericolo è, che per paura del falso si rifiuti anche il vero; per l’ossessione di difendere l’ortodossia e la sana dottrina si cada in una forma di conservatorismo e di fondamentalismo esasperante che, più che al fuoco dello Spirito, fa pensare ai surgelati nel freezer. Per la paura di cose “strane” si paralizza e si impedisce anche l’opera genuina dello Spirito Santo. Per usare le parole di Paolo, si spegne lo Spirito.
Cosa sappiamo oggi del fuoco dello Spirito Santo? Dov’è questo fuoco? Lo desideriamo?
“Egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco”!
Purtroppo molti cristiani non sanno nulla di questo fuoco, non lo conoscono affatto. Il risultato inevitabile e tragico è che, senza quel fuoco rimane solo una forma di pietà, ma non c’è più la potenza. L’esteriorità resta; attività, programmi, anche il parlare in lingue, oppure qualche sparuta profezia, e spesso il tutto condito con una presunta conoscenza e con l’ostentazione di una sana dottrina, ma la sostanza non c’è, è assente.
La sostanza non consiste in una perfetta organizzazione o una raffinata liturgia ecclesiastica; così come in una macchina non è la vernice lucida e patinata della carrozzeria. Una macchina può essere perfetta esteriormente, ma se il motore non parte, se non si accende, se non “brucia”… a poco serve. Così possiamo essere anche noi. Come una macchina… se non “bruciamo” non ci muoveremo; se lo Spirito Santo non brucia nella nostra vita siamo poco più che un freddo monumento o un inutile soprammobile.
Questo incide profondamente anche nel servizio cristiano, cioè nell’opera che compiamo. Non basta testimoniare, predicare, o mettere in azione tante attività; tutto ciò va bene se motivato e potenziato dal fuoco dello Spirito Santo. Altrimenti possiamo fare tante belle cose, ma non vedremo nessun frutto reale. La domanda è: desideriamo avere questo frutto? È molto simile alla domanda precedente: desideriamo veramente il fuoco dello Spirito Santo? Forse sarò accusato di pessimismo e di negativismo ma la mia sensazione è che la risposta sia no. Stiamo troppo comodi così come stiamo per cercare il fuoco.
Ma perché dovremmo cercarlo? Perché Dio è nel fuoco. Arriva e si presenta nel fuoco. A Pentecoste lo Spirito Santo era nelle lingue di fuoco… a Mosè Dio apparve in un roveto di fuoco…, quando Elia prego sul monte Carmelo, Dio scese col fuoco… tra gli animali del sacrificio di Abramo, Dio passò in una fiamma di fuoco… Perché il Signore andava davanti al popolo “in una colonna di nuvola per guidarli nella via, e di notte in una colonna di Fuoco per dar loro luce” … perché non possiamo essere “pentecostali” senza quel fuoco. Quando a Pentecoste Dio scese su quei 120, le lingue di fuoco si posarono sopra “ognuno” di loro. Significava che ora, a differenza dell’antico patto, Dio, per mezzo del Suo Spirito, viene a dimorare nel credente, che diventa un tempio dello Spirito Santo.
Non possiamo mettere lo Spirito Santo da parte; non possiamo offenderlo agendo come se non avessimo bisogno di Lui. La parola ci esorta non solo a non spegnere lo Spirito ma anche a non contristarlo…
Abbiamo ricordato la nuvola di fuoco. Lo Spirito di Dio è luce; in questo deserto nel quale viviamo e ci dobbiamo muovere, resteremo immobilizzati e fermi senza quella luce.
Perché alcuni credenti non riescono ad amare la Parola di Dio e a comprenderla, vivendo sempre nell’incertezza e nel dubbio? Non hanno il fuoco. È quel fuoco che illumina il cuore e la coscienza; quando hai il fuoco di Dio ami la Sua Parola, ami studiarla, ami riceverne rivelazione tramite lo Spirito stesso; versi o concetti che prima erano ostici o addirittura incomprensibili diventano semplici e chiari; quei passi della scrittura che venivano letti superficialmente per poi essere subito dimenticati, ora scaldano il cuore e si trova in essi benedizione e forza. I due discepoli di Emmaus dissero: “Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentre Egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?”
C’è un versetto in Ebrei 12, verso la fine del capitolo, che parla di Dio con un’espressione che incute o dovrebbe incutere riverenza e timore verso il Signore: “il nostro Dio è anche un fuoco consumante.” E sicuramente ogni volta che questa espressione ricorre nella scrittura parla del giudizio di Dio. Ma nel contesto della nostra meditazione stasera vogliamo prendere lo spunto da questa espressione per ricordare che è vero, il fuoco consuma, brucia, purifica ogni cosa, ma per i credenti, il fuoco dello Spirito, non è motivo di spavento, di paura; infatti mentre per gli empi quel fuoco può distruggere e consumare, per i credenti lo stesso fuoco purifica e da potenza spirituale.
Ricordate i tre giovani ebrei nella fornace? Il fuoco bruciò i loro legami, ma non i loro corpi, mentre lo stesso fuoco consumò coloro che solo si erano avvicinati per gettare i tre giovani in quella surriscaldata fornace. Così il fuoco dello Spirito nel credente brucia il peccato, raffina e, come il fuoco che purifica l’oro o l’argento purificandolo dalle scorie, rende il cuore puro.
LA FIAMMA NON DEVE MAI SPEGNERSI.
C’è un passo in Levitico 6:8-13 che a riguardo contiene una preziosa lezione spirituale: Dio desidera che il fuoco non si spenga mai nel nostro cuore. Il verso nove dice: “«Da’ quest’ordine ad Aaronne e ai suoi figli, e di’ loro: Questa è la legge dell’olocausto. L’olocausto rimarrà sul braciere sopra l’altare tutta la notte, fino al mattino; e il fuoco dell’altare sarà tenuto acceso.”
Forse avete sentito parlare dei “fratelli Moravi”. Un gruppo di cristiani, che dal 1722 furono perseguitati in Europa, particolarmente nella Boemia e nella Moravia, e dovettero abbandonare le loro case, i loro beni, trovando rifugio presso un conte in Germania. Forse avete sentito parlare di lui, forse no. Era comunque un credente, aveva 27 anni, ed offrì rifugio a questi i fratelli nella sua proprietà. Quella rifugio divenne noto come “Hernuth” che in tedesco significa “sotto lo sguardo del Signore”.
Sul primo edificio che costruirono in che luogo posero una scritta, il salmo 84:3 – “Anche il passero trova una casa e la rondine un nido, dove posare i suoi piccoli presso i tuoi altari, o Eterno degli eserciti, mio Re e mio DIO”. Presso i tuoi altari… proprio per questa espressione, essi decisero di “non far mai spegnere la fiamma” su quell’altare, cioè su quel luogo che Dio gli aveva provveduto come rifugio.
Così cominciarono un incontro di preghiera; quella preghiera non si interruppe dopo un’ora, né dopo tre ore, ma ora dopo ora, giorno dopo giorno, per ventiquattro ore al giorno, mese dopo mese e anno dopo anno, quella preghiera durò ben cento anni.
Quale fu il risultato di quella preghiera? Essi andarono in tutto il mondo a predicare il Vangelo. Indie Occidentali, Groenlandia, Turchia, Lapponia…
Ventisei missionari partirono per queste terre lontane, ventiquattro di loro morirono prematuramente. Qualche anno dopo, quando la comunità era più o meno composta da seicento persone, contavano nel mondo settanta missionari. Nel 1792 ben trecento missionari, mentre ancora la preghiera ininterrottamente continuava a bruciare sull’altare.
Uno dei più grandi predicatori che il mondo ha conosciuto si chiamava John Wesley. Osteggiato in patria, intraprese senza successo missioni negli USA (Georgia). Poi incontrò, in una situazione particolare un gruppo di Fratelli Moravi. Accadde durante un viaggio sull’Atlantico, e una tempesta furiosa mise in pericolo la vita di tutti i viaggiatori. Si ruppe l’albero della nave, e la fine sembrava imminente. Mentre tutti i viaggiatori e persino i membri dell’equipaggio erano in preda allo spavento, quel gruppo di Fratelli Moravi cantavano tranquillamente inni e elevavano preghiere a Dio. Wesley rimase colpito da questa testimonianza di fede, che la sua intera vita cambiò. Da allora cominciò un nuovo cammino spirituale che lo portò ad essere l’artefice di uno dei più grandi risvegli mai conosciuti.
Abbiamo bisogno di quel fuoco! Che la Pentecoste si rinnovi nella nostra vita, per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime perdute.