Il Frutto dello Spirito (Galati 5:22)

Introduzione: Ogni risveglio ha dato particolare risalto ad una verità dell’Evangelo; purtroppo frequentemente il messaggio si è accentuato a danno delle verità collaterali. Il risveglio metodista, per esempio, ha dato enfasi al frutto dello Spirito oscurando in parte la predica dei doni dello Spirito; il movimento pentecostale sovente ha fatto l’opposto: nella letteratura di questo movimento esiste, infatti, una fioritura di temi sui doni, e sui ministeri dello Spirito ma non ha riscontro una vera produzione editoriale sul frutto dello Spirito.

L’equilibrio rappresenta invece l’esatta interpretazione del messaggio divino, e nel caso specifico, questo è dato dall’attribuire valore fondamentale ad ambedue queste realtà spirituali.

1)  IL CONCETTO BIBLICO DI QUESTE DUE REALTA’

a)  Importanza data ai doni e ministeri dello Spirito.1 Corinzi capitolo 12

b)  Importanza data al frutto. 1 Corinzi capitolo 13.

c)  Importanza data ad ambedue.1 Corinzi 14:1

d) Parità numerica fra i doni e il frutto. 1 Corinzi 12:8 ; Galati 5: 22,23

Nota: “Frutto” al singolare è inteso da alcuni come unico risultato della vita dello

Spirito, pur nella molteplicità della fisionomia (come parti di un’arancia), ma forse

il singolare può essere considerato come un’espressione generica di quel che

nasce dalla pianta stessa ed il frutto ognuno degli attributi menzionati

dall’epistola.

2)  COME SI PRODUCE IL FRUTTO

   Nota: biologicamente il frutto è l’ultimo stadio della vita e si riproduce mediamente seguendo il concorso di diversi elementi: quindi non c’è quando non c’è vita, o non si produce pur essendovi vita, quando mancano determinati elementi. (Luca 13:6-8; Marco 11.13); spiritualmente è l’estrinsecazione  o la concretizzazione della natura divina partecipata per lo Spirito nella nuova nascita (Giacomo sembra illustrarci questa verità a mezzo di una realtà opposta, 1:15)  –  Romani 6:21-22; 7:4.

a)   Con Cristo operante dinamicamente in noi. (Filippesi 1:11)

b)   Con noi in Cristo. (Giovanni 15:4)

c)   Con la Parola di Cristo in noi. (Giovanni 15:7-8)

Nota:
Frutto dello Spirito vuol dire essenzialmente risultato di una vita spirituale, e le condizioni elencate rappresentano per intero la vera vita spirituale, che se incomincia da un messaggio spirituale e prosegue  in quell’opera che lo Spirito compie in noi e nelle esperienze che facciamo nello Spirito, si compie però in una vera vita in Cristo.

3)  COME NON SI PRODUCE IL FRUTTO E COSA NON E’ IL FRUTTO

a) Mediante l’osservanza di norme esteriori e sempre ambiziose.
(Matteo 6:1,5,16) (Matteo 23.25)

Nota: L’opera di santificazione e quindi l’apparizione del frutto deve avvenire quasi senza che noi ce ne rendiamo conto, ma ben deve essere visibile a coloro che ci circondano.
(Cantico dei Cantici 6:12) (1 Timoteo 4:15).  A ragione il rispetto di alcune norme inculcate forse per ragionamento umano è stato assomigliato al frutto attaccato artificialmente alla pianta.

b) Mediante la pratica  del battesimo o la ricerca del battesimo dello Spirito Santo.

Nota: Il battesimo cristiano non conferisce per potere intrinseco nessuna capacità spirituale ed il battesimo dello Spirito Santo, promesso soprattutto in vista del servizio (Atti 1:8) può irrobustire, ma non creare la vita spirituale, unica fonte del frutto.

c) Mediante l’esercizio dei doni dello Spirito.

Nota:  I doni possono sussistere anche in assenza del frutto e quindi l’esercizio di essi non è il frutto e non può produrre il frutto. (1 Corinzi 13:1-3)

4) IL VALORE DEL FRUTTO

          Il Padre è glorificato nel frutto dei figli (Giovanni 15:8), ma soprattutto il cristianesimo è manifestato integralmente quando doni è frutto sono e si manifestano uniti:

a)    Gli uomini possono essere benedizione agli altri. (Atti 6.3 ; 11:24)

b)    Possono essere sensibili ai piani di Dio. (Luca 2:25-26)

c)     Possono essere una testimonianza alla gloria di Dio. (Matteo 5:16)

AMORE 

Gal. 5:22,23

La priorità dell’amore sembra essere qui non soltanto cronologica, ma anche qualitativa.                       Possiamo accettare il principio che l’amore è il primo e il più importante dei frutti perché li compensa in se stesso: Rom. 13:10; I Cor. 13:4-7. La grandezza di questo frutto, è stato detto, ci porta all’infinità di Dio che è Amore (I Giov. 4:8) e perciò come è impossibile giungere ai confini dell’infinito, così è impossibile giungere ai confini dell’amore. La spiegazione più esauriente dell’amore è stata data da Paolo in I Cor. 13, che risulta essere la pagina più elevata, il poema più sublime del servo ispirato da Dio.

1)  LA DIFFERENZA TRA L’AMORE NATURALE E L’AMORE QUALE FRUTTO DELLO SPIRITO

   a)    L’amore naturale viene dalla nostra carne;

b)    L’amore naturale è nella sua essenza egoistico;

c)     L’amore naturale è mutevole, fragile e limitato nel tempo, nello spazio, nelle cose e nelle persone ed è motivo di divisione perché unisce gli uni contro gli altri.

d)    L’amore come frutto viene dallo Spirito. Rom. 15:30; Rom. 5:5; II Tim. 1:7;

e)    È essenzialmente altruistico. Rom. 5:7-8; I Cor. 13:6; Rom. 9:3

Nota: Il Pastore che mette la vita per le pecore è la figura dell’amore in azione di sacrificio

f)      E’ illimitato nello spazio e nelle persone. Matteo 5:46-47; Luca 23:34; Atti 7:60;

Nota: Gesù sulla croce ci conferma questa verità nell’ esercizio dell’ amore verso i nemici, verso il ladrone, verso Sua madre

g)    E’ costante nell’immutabilità. Giov. 13:1
2)  CHE COS’E’ L’AMORE NEL PIANO ETERNO DI DIO

a)    Il legamento di ogni perfezione. Col. 3:14

Nota: La Chiesa viene edificata per l’opera del ministero e legata per la potenza dell’amore. Ef. 4:13

b)    Stadio ultimo della perfezione e quindi limite eterno del piano divino. I Cor. 13:8

Nota: Ministeri, doni, morale, ecc. sono stati assomigliati alle impalcature o al rumore che accompagnano la costruzione di un palazzo e che, naturalmente, sono necessari ma non permanenti, mentre la costruzione fuori dell’impalcatura e del rumore è permanente.

ALLEGREZZA

L’allegrezza è uno stato dell’anima o una condizione interiore desiderata da tutti, ma, purtroppo, procacciata da pochi e procacciata bene da pochissimi. Anche coloro che fanno dell’allegrezza lo scopo della vita e che pur di raggiungere questo scopo sono disposti ad accettare qualsiasi genere di allegrezza, all’atto pratico dimostrano di non procacciare o non saper procacciare l’allegrezza.

Eppure “tutti desiderano allegrezza” e nel mondo spirituale si può affermare che ogni atto ed ogni decisione rappresentano, o dovrebbero rappresentare un cammino verso l’allegrezza. E’ stato detto che anche la croce e la rinuncia vengono scelte in vista di gioia eterna e, si può aggiungere, in vista di gioie contingenti più elevate e più profonde di quelle perdute con la rinuncia e col matrimonio.

Gesù stesso sofferse la croce per la letizia che Gli era posta innanzi (Ebrei 12:2). 

1)  ALLEGREZZA NATURALE

L’allegrezza naturale può essere quella che procede, come nello stoicismo, o quella che   deriva dall’egoismo come quella degli epicurei ma in ambedue queste eventualità l’allegrezza presenta tutte le caratteristiche negative delle realtà umane perché tutto quello che si consegue con mezzi naturali porta in se stesso il suggello dell’effimero, dell’imperfetto, del relativo.

a)    Viene dalla gloria e dai piaceri della vita. Salmo 49:18;

b)    Si conclude sempre in maniera dolorosa. Proverbi 14:13;

c)     Si fonda esclusivamente sul visibile e, soprattutto, sull’opera stessa dell’uomo.  Ecclesiaste 2:9-11; 2° Corinzi 4:18.

Il lavoro dell’uomo è vano perché destinato a scomparire, provoca invidie, comunque lascia insoddisfatto colui che lo compie. Soprattutto bisogna notare che generalmente i motivi dell’allegrezza umana nascono dal peccato e quindi portano in loro stessi i germi e le inevitabili conseguenze del peccato. Ester 5:9; Apoc. 11:10 (13)

2)  L’ALLEGREZZA FRUTTO DELLO SPIRITO

a)    Viene per la copiosa presenza dello Spirito. Efesi 4:18-19

b)    Eleva l’animo sopra tutte le circostanze (perciò immutabile). Efesi 4:20

Nota: Quindi l’allegrezza nasce, come ogni frutto dello Spirito, da una fonte pura e può dare soltanto sensazioni pure e produrre effetti analoghi alla causa.

c)     Trova il suo alimento in ogni cosa. Rom. 8:28

Nota: Quindi nelle manifestazioni esplicite dell’amore e della provvidenza di Dio ed anche in quelle implicite e di conseguenza apparentemente contrarie.

d)    Si manifesta sempre nel timore di Dio. Salmo 2:1; Efesi 5:4

3)  LA PARABOLA ASCENSIONALE DELL’ALLEGREZZA

a)    Nasce dalla salvezza. Atti 16:4

Che è allegrezza del perdono, allegrezza dell’incontro con Dio, allegrezza della speranza…

b)    Si sviluppa nella vita della Chiesa. Salmo 48:2; Atti 2:46;

c)     Si matura nelle opere di Dio. Isaia 35:10; Filippesi 2:17; Atti 15:3;

d)    Diventa completa e perfetta in Dio. Cantico dei cantici 1:4; 1° Pietro 1:8

Nota:  L’allegrezza quindi ha le sue prime fasi nella nostra salvezza e nella salvezza che altri ricevono per nostro mezzo o per mezzo della chiesa, ma diventa ancora più elevata nella nostra perfetta comunione con Dio.

4)  L’OPERA DELL’ALLEGREZZA

a)    E’ attiva verso se stessa. Matteo 13:46;

b)    E’ attiva verso gli altri. Giov. 4:28,29;

Nota: Non è difficile vedere la donna correre per partecipare il bene che le ha dato l’allegrezza

c)     E’ comunicata ad altri. Luca 15:6-9

Nota: La gioia partecipata si moltiplica e si perfeziona sotto lo spirito dell’altruismo e della comunione.

 PACE

INTRODUZIONE:
“Pace” nel suo significato etimologico e nel suo uso corrente sta per “tranquillità”, “quiete” ed ovviamente rappresenta uno stato interiore benché con lo stesso termine vengono designati quegli stati interiori della concordia che caratterizzano le relazioni umane.

“Pace”, nel suo significato religioso esprime lo stato dell’anima nella quale si sono acquietati i timori, le perplessità, le apprensioni, le passioni; con un linguaggio figurativo si può dire che è lo stato di una anima che ha trovato una fortezza per rifugio.

Anche per la pace si può dire quel che è stato detto per l’amore e l’allegrezza e cioè che esiste sul piano naturale ed è costituita dal sentimento di tranquillità generato dalle fortezze umane: denaro, salute, posizione sociale…è logico però che la consistenza di questo sentimento non può essere maggiore delle realtà che lo suscitano.

La pace, “frutto dello Spirito” ha due aspetti distinti:

1)  PACE CON DIO

a)    Giustificazione in Cristo (Rom. 5:1) (Pace nella Sua legge);

b)    Riconciliazione nel sangue (Col. 1:20) (Pace nella Sua comunione);

c)     Riconciliazione nella croce (Ef. 2:16) (Pace nel Suo Regno).

Con la salvezza Dio induce l’uomo ad abbandonare le armi della ribellione, ed Egli stesso compie un’opera di distruzione (Sal. 76:3), ma per giungere dall’armistizio ad una sostituzione radicale della guerra è necessaria un’opera nel tempo (Michea 4:3). Per questo motivo è stato detto che la “pace” nell’uomo o la pace fra l’uomo e Dio cresce progressivamente.

2)  PACE IN DIO

Questa è la pace che Cristo ha comunicata ai Suoi discepoli dopo averla dimostrata attraverso la Sua vita. Egli donò quello che possedeva (Giov. 14:27; Marco 4:39) e che fece di Lui una vivente dimostrazione di serenità di fronte alle potenze degli uomini e dell’inferno.

a)    Pace nella fiducia in Dio. Isaia 26:3; Matteo 6:34; Filippesi 4:6.
E’ la pace che salvaguarda la mente ed il cuore, autentici ricettacoli di turbamento.

b)    Pace nella potenza di Dio. Atti 4:24-31;

c)     Pace nella sapienza di Dio. Atti 12:6;

d)    Pace nella grazia di Dio. I Cor. 14:33; Atti 9:31.

3)  DOVE TROVA ALIMENTO QUESTA PACE

a)    In Dio che trita satana. Romani 16:20;

b)    In Dio che provvede ogni bene a coloro che procacciano il bene. Filippesi 4:9;

c)     In Dio che cura le nostre relazioni fraterne. 2 Cor. 13:11.

– La pace di Cristo è la pace dell’Iddio della Pace e ci viene comunicata per l’opera dello Spirito. Rom. 8:6.

 

LENTEZZA ALL’IRA  (O LONGANIMITA’)

 INTRODUZIONE:

“Longanimità” vuol dire “virtù di colui che è di animo lungo”, cioè virtù di colui che è predisposto alla tolleranza, che non è sollecito all’ira, che è paziente. A ben comprendere questo termine è necessario ricordare che ira vuol dire “subita accensione d’animo verso chi ci ha offesi”.

La longanimità quindi è quella virtù spirituale che offre al credente la possibilità di esprimere le compassioni di Dio e di esercitare la giustizia di Dio (Giacomo 1:20). Naturalmente la longanimità si associa con la pace e l’amore e rappresenta nutrimento di essi; è provato clinicamente che l’ira rappresenta uno stato patologico che apre la porta ai più profondi e funesti disordini organici.

Questa è una delle caratteristiche meno falsificabili perché è quasi inesistente sul piano naturale. Ci sono individui naturalmente predisposti alla longanimità ed esistono persone che acquisiscono un autocontrollo mediante l’educazione, ma questa categoria ha una rappresentanza così sparuta e così imperfetta da essere trascurata.

Quanto sopra ci autorizza a concludere che la longanimità è una delle più evidenti manifestazioni del frutto dello Spirito. Essere pazienti non può passare inosservato in un mondo dove “non si è più abituati ad accettare l’azione dell’agente” quando questa è dolorosa e molesta.

1)  LA FONTE DELLA LONGANIMITÀ O PAZIENZA

a)    Dio stesso nei suoi attributi. Romani 15:5;

b)    Dio stesso nella costante manifestazione della Sua personalità dall’inizio alla fine. 1° Pietro 3:20;  2° Pietro 3:9,10

Nota: Dall’inizio alla fine è detto rispetto all’uomo perché relativamente a Dio la longanimità è ab-eterno. Naturalmente questa lentezza all’ira non è mai complicità o assoluzione nei confronti del peccato. Esodo 34:6,7.

2)  COME VIENE PRODOTTA LA PAZIENZA NEL CREDENTE

Dio innesta questa virtù nel credente e successivamente sviluppa i Suoi piani in maniera da far progredire l’innesto e portarlo a fecondità e maturazione.

a)    Per mezzo delle afflizioni. Romani 5:3;

b)    Per mezzo della tentazione. Giacomo 1:3

c)     Per mezzo della comunione fraterna. Efesi 4:2.

Questo ci ricorda che le afflizioni e le tentazioni non sono mai “fine a se stesso” perché, quando non producono altro, sviluppano o producono pazienza.

3)  LA BENEDIZIONE DELLA PAZIENZA

a)    Ci offre la possibilità di esortare ed ammaestrare. 2° Timoteo 4:2;

b)    Crea la prudenza e la rende attiva. Proverbi 14:29;

c)     Spegne le contese e le risse. Proverbi 15:18;

d)    Ci qualifica per il servizio e per il ministero. 2° Corinzi 6:4-6;

e)    Ci eleva e ci da una più luminosa visione di Dio. Giobbe 42:5; Giacomo 5:11;

f)      Ci fa progredire nell’amore fraterno. Efesi 4:2.

 MANSUETUDINE

 LETTERALMENTE: “assuefatto alla mano” e quindi che si lascia trattare dalla mano. Questo termine sembra nato per illustrare soprattutto il carattere dell’animale che si sottomette alla mano dell’uomo fino a farsi dominare e trattare duramente senza reagire.

La mansuetudine è perciò più della mitezza e non ha alcuna relazione con la viltà, la pusillanimità, la paura, nonostante qualche volta sembri imitarne alcune delle caratteristiche esteriori.

Essa è la virtù dei grandi, dei saggi, dei forti, dei nobili (Proverbi 16:32) e non implica sempre o necessariamente l’arrendimento o la debolezza.

Molti confondono questa virtù con l’umiltà, ma nonostante queste due realtà abbiano degli elementi in comune, la differenza è notevole. Inoltre, mentre la mansuetudine ha per sinonimi mitezza, dolcezza e, anche se un più lontano, gentilezza, i sinonimi di “umiltà” (da Humus: terra e quindi “essere vicino alla terra”, “in basso”) sono: modesto, basso…La prima è, quindi, l’opposto di collera, ira, cruccio; la seconda, di superbia, orgoglio, alterigia.

1)  LE CARATTERISTICHE DELLA MANSUETUDINE

a)    Non si adira (quindi rimane sempre nella giustizia di Dio). Giacomo 1:20;

b)    Non si turba per le accuse. Luca 22:65;

c)     Non reagisce alle violenze. Giovanni 18:23;

d)    Sopporta e tollera gli ignoranti ed i malvagi. Salmo 38:13,14;

e)    Eppure è ferma nel dichiarare la verità. Giovanni 18:36; 19:11;

f)      E’ energica nell’esporre il consiglio divino e ad arguire il male. Giovanni 2:15; Atti 7:51.

2)  COME SI MANIFESTA PRATICAMENTE

a)    Ricevendo la parola senza reagire. Giacomo 1:21;

b)    Parlando con grazia e dolcezza. Colossesi 3:12; Galati 6:1;

c)     Mantenendo un contegno dignitoso e composto. Giacomo 3:13.

3)  QUALI RISULTATI E BENEDIZIONI OTTIENE

a)    Benedizioni divine. Salmo 22:26; Salmo 25:6; Proverbi 22:4;

b)    Potenza divina. Salmo 37:11; Matteo 5:5;

c)     Allegrezza spirituale. Isaia 29:19.

ESEMPI GIGANTESCHI DI MANSUETUDINE

a)    Mosè: Numeri 12:3;

b)    Stefano: Atti 7:20;

c)     Gesù: Matteo 11:29.

BENIGNITÀ  

Letteralmente è quel termine che sta per “benevole” e “beneficio”; il primo estremamente passivo, il secondo estremamente attivo. E’ uno stato interiore dell’animo espresso dal significato etimologico dell’espressione “nato col bene”, cioè predisposizione naturale a ben volere e a ben fare: amabilità, gentilezza, cortesia…Qui si parla della benignità frutto dello Spirito e quindi di quel sentimento nato per l’opera della grazia anche in personalità poco evolute, rozze e qualche volta maligne (che è l’opposto di benigne).

 1)  DEFINIZIONE BIBLICA DELLA BENIGNITÀ

a)    Amare naturalmente i propri nemici;

b)    Fare naturalmente bene a tutti;

c)     Dare senza sperare il contraccambio.

Nota: Questa definizione, come è stato detto, può essere analoga ad “una potenza soprannaturale sottoposta ad un controllo soprannaturale”: virtù più grande delle più grandi virtù umane, e che può essere usata per le grandi e piccole cose (qualcuno ha dato l’esempio del martello pneumatico che è capace di lavorare il ferro ed anche di schiacciare una minuscola noce).

Possiamo anche pensare che “la potenza soprannaturale” sia rappresentata da tutta l’autorità dello Spirito ed il controllo dalla benignità che in questo caso appare come il timone della grande nave.

2)  BENIGNITÀ NEL MINISTERIO

a)    Come un pastore. Salmo 23:17; Isaia 40:1,11;

b)    Benignità verso gli ammalati. Matteo 8:3;

c)     Benignità verso i neofiti. 1° Tessalonicesi 2:7; 1° Pietro 2:2;

Nota: I genitori usano benignità verso i neonati

d)    Benignità verso i contraddicenti. 2° Timoteo 2:24

3)  BENIGNITÀ NELLE MISSIONI

a)    Benignità verso i peccatori. Giovanni 4, Luca 19, Atti 16:9,31;

b)    Benignità verso i ricercatori. Giovanni 3;

c)     Benignità verso gli smarriti. Atti 8:26;

Nota: Soltanto la benignità guida, ispira e rende efficaci le missioni. Per quanto la benignità del lavoratore cristiano è stata assomigliata alla gentilezza dell’artigiano, che anche con una massa d’argilla, usa leggermente il tocco delle sue dita. E d’altronde, se la benignità è il timone, è necessaria in ogni attività del servizio cristiano, dove un brusco cambiamento di rotta, potrebbe portare dannose conseguenze.

4)  COME SI REALIZZA LA BENIGNITÀ

a)    Considerando la benignità di Dio. Matteo 18:27,28;

b)    Esercitando la benignità. 2 Corinzi 6:6;

c)     Rivestendola continuamente per lo Spirito. Colossesi 3:12.