IL FIGLIUOL PRODIGO

Sermone predicato nella Chiesa Evangelica di Via Anacapri, 26  – Roma –   Trascritto in forma integrale.

Generalmente quando noi consideriamo questa parabola fermiamo la nostra attenzione sopra il figliuolo, il figliuol prodigo. Il giovane che dopo aver fatto un’amara esperienza, ritornando in sé stesso, decide di volgere i suoi passi verso la casa paterna, e di cercare nella benedizione del Padre la soluzione del proprio problema. Ma in questa sera pur continuando a considerare la parabola come ci viene proposta e quindi pur considerando il figliuolo prodigo che sta davanti a noi, vogliamo specialmente volgere la nostra attenzione verso il padre. Questo padre che esplicitamente nella breve parabola è nominato ben dodici volte e ricordo questo numero non soltanto perché è un numero significativo dal punto di vista biblico, ma per le molte volte che questo nome è ripetuto ed è ripetuto noi dobbiamo concludere che dobbiamo considerarlo con attenzione, con grande attenzione. Il padre che riceve questa richiesta da parte del figliuolo; i suoi figliuoli sono due ma è proprio il più giovane, forse colui che è carente di esperienza, che ha un pizzico di ingenuità o forse un eccessivo trasporto giovanile, e che si rivolge a lui per chiedergli la parte dei suoi beni.

Molti hanno messo in dubbio la saggezza del padre, osservando che quel padre avrebbe dovuto usare della rigidità nei confronti di quel figliuolo e negargli quanto veniva richiesto. Ma noi dobbiamo invece considerare la generosità di quel padre e non tanto la generosità nel concedere quei beni, non tanto la generosità nel dare quello che gli è stato richiesto, quanto nel riconoscere l’emancipazione del suo figliuolo, l’autonomia del suo figliuolo, quel suo potere decisionale. Non vuole intervenire per violentare la volontà del suo figliuolo, per coartare quella libertà. E naturalmente noi dobbiamo fare delle considerazioni spirituali in quanto dobbiamo riconoscere in quel padre la figura stessa di Dio. Dio che ci ha creato liberi e che rispetta la nostra libertà. Dio che ci ha dato una personalità, che ci consente di esercitare un potere decisionale, e Egli non interviene per impedire questo potere, ma rispetta e rispetta fino in fondo la nostra personalità. Sa che noi possiamo decidere, e sa che noi siamo chiamati a decidere e in fondo Egli stesso che lo ha detto, e l’ha detto sin dal principio quando rivolgendosi a Caino, quel Caino contristato per un sentimento di invidia e di gelosia nei confronti di Abele suo fratello. Caino aveva notato che Dio accettava le offerte di Abele e non accettava invece le sue; gradiva quello che veniva presentato da suo fratello e chiudeva gli occhi di fronte all’offerta che egli stesso presentava. E invece di esaminare se stesso, la sua posizione, egli pensava di esprimere tutto il suo sdegno e a manifestare il suo turbamento. E il Signore parlò chiaramente a Caino: “perché sei turbato? Se tu fai del bene non sarai tu accettato? Ma se fai il male, il peccato giace alla porta… ma ricordati Caino, i desideri di esso dipendono da te, tu sei libero di decidere, di scegliere, e io rispetto la tua libertà come rispetto la libertà di Abele rispetto la tua libertà…,” e Dio rispetta la libertà di tutti gli uomini, indiscriminatamente, non fa differenza.

Noi non possiamo essere d’accordo con coloro che dicono: “Iddio dovrebbe intervenire nei confronti dei criminali, dei violenti, dei malvagi, dovrebbe impedire le loro azioni, e limitare la loro libertà.” Non siamo d’accordo, appunto perché riteniamo che Dio esprime rispetto nei confronti della libertà di tutti, e proprio nell’esercizio di questo rispetto Egli ci chiama a fare delle scelte e delle decisioni che possono esprimere chiaramente il nostro desiderio di amarlo e di fare la Sua volontà.

Questo padre rispettò il figliuolo e gli accordò quanto richiesto. “Dammi la parte dei beni che mi spetta!” Naturalmente dobbiamo fare anche a questo riguardo delle considerazioni scritturali, delle considerazioni bibliche. Noi seguendo il racconto possiamo vedere una casa perfettamente organizzata. La casa del padre è lì, le stalle sono lì, i servi sono lì, le ricchezze sono lì, quindi il figliuolo, questo figliuolo che chiamiamo prodigo, non ha avuto la parte dei beni nel senso ereditario della parola, ha avuto semplicemente quella parte che spettava in quei giorni al maggiorenne che iniziava una vita propria, una vita autonoma, indipendente. Noi chiameremmo la dote, la dote matrimoniale;e infatti leggiamo che il padre spartì i beni, e il giovane ricevette la sua parte. Il padre e continuò ad essere il padre, l’amministratore di una famiglia e di una casa, di un patrimonio. Abbiamo detto che la casa continua ad essere lì, tutti i beni del padre continuano ad essere il beni del padre, e il figliuolo ha avuto semplicemente una parte. Anche qui possiamo fare una applicazione che ci dice chiaramente che tutti coloro che ricevono beni da Dio, a qualunque livello, a qualunque titolo, cari nel Signore, ricevono i loro beni, esattamente i loro beni. Ma i beni di Dio continuano ad essere i beni di Dio, continuano a rimanere nelle mani di Colui che è il possessore di tutte le cose, e proprio per questo può essere in ogni momento il benefattore di tutti coloro che si rivolgono a Lui e che vanno a Lui.

Cari nel Signore, a questo punto viene da chiedersi quali beni, dal punto di vista spirituale, cioè facendo della figura una applicazione, ha ricevuto questo figliuolo e chi possiamo individuare in questo figliuolo. E io credo, cari nel Signore, che la lezione si dilata, perché noi possiamo fare non una applicazione sola, ma tante applicazioni, che ci danno la possibilità di fare di questo messaggio un messaggio che si indirizza a un gran numero di individui, perché va incontro a un gran numero di condizioni. Noi possiamo vedere nel figliuol prodigo i pubblicani e i peccatori, che venivano ricevuti da Gesù. E infatti il Signore Gesù ha proposto delle parabole relative alla salvezza proprio per rispondere a coloro che lo accusavano e lo giudicavano. Il giudizio dei farisei, e dei Giudei in generale, era un giudizio duro e severo, perché vedevano che Gesù non procacciava la compagnia dei sacerdoti, non frequentava i circoli religiosi, ma egli era pronto ad accogliere i pubblicani, era pronto ad accogliere i peccatori, ad intrattenersi con coloro che venivano considerati la feccia della società, i reprobi di quei giorni.

E il Signore Gesù, proprio rispondendo a quelle accuse e a quei giudizi, propone queste parabole per ricordare a coloro che lo accusavano che Egli, come buon Pastore, era venuto per cercare la pecora perduta. Come la donna della casa era preoccupato per la dramma smarrita, come il padre amoroso Egli desiderava riabbracciare il figliuolo, in ultima analisi che egli era venuto come il dottore per guarire gli ammalati, era venuto dal cielo per salvare i peccatori. E quindi nel figliuol prodigo noi possiamo vedere i pubblicani e i peccatori. Ma nel figliuolo prodigo noi possiamo vedere anche all’infuori del popolo d’Israele, quindi di quelle particolari categorie di persone di quei giorni, i peccatori che si trovano sotto ogni cielo e in ogni angolo della terra. In fondo tutti gli uomini hanno ricevuto dei beni da Dio, hanno ricevuto qualcosa direttamente dalla sua mano. E se parlando dei pubblicani e dei peccatori del popolo d’Israele noi possiamo pensare alla legge che avevano ricevuto, alla conoscenza dei comandamenti di Dio, a tutte le istruzioni relative alla personalità dell’Iddio vero, pensando a coloro che vivono sotto tutti i cieli noi possiamo andare anche con la nostra mente alla coscienza che hanno ricevuto, all’innocenza che ha caratterizzato la loro infanzia, all’educazione anche religiosa che in qualche maniera può aver influenzato beneficamente la loro vita. Beni posseduti per un periodo di tempo, insieme alla loro intelligenza e a quella libertà decisionale della quale parlavo poco fa. Ma cari nel Signore, anche in riferimento a questo, a questa categoria di persone, noi possiamo parlare di figliuoli prodighi, di persone che hanno dissipato, che hanno distrutto.

Quante volte incontrando coloro con i quali veniamo in contatto, sentiamo parole di recriminazioni, qualche volta di nostalgia addirittura, in riferimento ad una infanzia pura, ad una giovinezza integra, ad una vita vissuta in una famiglia sana. Quanti e quanti ripensano a quei tempi, ripensano a quei giorni, ripensano a quelle esperienze per rimpiangere il bene perduto e il beni distrutto. Cari nel Signore, hanno ricevuto da Dio, in piena libertà il Padre ha fatto, e fa dono a tutti, generosamente di ogni bene. Ma naturalmente in questo figliuol prodigo noi possiamo vedere anche i retrogradi. Coloro cioè che hanno ricevuto il bene della conoscenza dell’Evangelo, il bene di un incontro con Gesù Cristo, il bene di una benedizione realizzata nella loro vita, che ha mutato la loro personalità e li ha fatti gioire in un incontro reale con il Signore. E poi attraverso un cammino tortuoso, una strada sbagliata, un’avventura disastrosa sono giunti alla condizione del figliuol prodigo. Anche loro hanno ricevuto dal Padre, anche verso di loro il Padre è stato generoso e coerente con i suoi principi e i suoi programmi. Qualcuno ha detto: perché Gesù ha chiamato Giuda, se poi doveva essere il figliuolo della perdizione. Ma cari nel Signore, domande di questo genere di possiamo fare cento e mille, ma sono domande sterili ed oziose, perché hanno già una risposta nella parola di Dio. Iddio chiama tutti, ama tutti, salva tutti, arricchisce tutti, benedice tutti, e tutti sono liberi di scegliere e di decidere.

Ed è perciò che nel figliuol prodigo noi possiamo vedere anche i retrogradi, anche colui che dopo aver gustato le benedizioni del SIGNORE ha fatto l’esperienza di questo giovane. Esperienze tragiche, drammatiche. Egli ha dissipato tutto, ha perduto tutto. Le parole della parabola, o cari, sono inequivocabili, chiare, non ci sono possibilità di dubbio intorno a queste parole. Non ha messo da parte, non ha conservato qualche risparmio per giorni ingrati e per giorni difficili. Ha avuto davanti a sé la follia nel senso più crudo di questo termine. Infatti egli ha dissipato tutto e ha perduto tutto in riferimento alle sostanze che aveva ricevuto dal padre. Doveva essere un bel gruzzolo, doveva rappresentare dal punto di vista patrimoniale una somma considerevole, e proprio perché era una somma considerevole si è sentito autorizzato a vivere una vita indipendente ed autonoma. A muovere i propri passi e allontanarsi per vivere la sua avventura e la sua esperienza. Ma è un’avventura peccaminosa che lo porta allo sgretolamento e alla distruzione di ogni cosa. Perché egli non soltanto dissipa il suo patrimonio, perde le sue sostanze, ma perde persino la sua dignità, la sua salute, la sua libertà. E tutto questo lo possiamo cogliere dal racconto, dalla parabola. Egli, figlio di un uomo facoltoso, che viene da una nazione dove ci sono determinate regole di comportamento, arriva ad essere un mandriano di porci.

Pensate: un mandriano di porci. Ha cercato una occupazione lavorativa per cercare di risolvere il suo problema, ma non ha trovato un’occupazione diversa da questa. Non l’avrebbe mai accettato nel suo paese, nella sua casa. Ma adesso in questo paese straniero egli è obbligato a piegarsi a prezzo della sua dignità e del suo prestigio, ma anche della sua salute e della sua libertà. Non può allontanarsi da quella mandria, è inchiodato vicino a quegli animali, e desidererebbe almeno saziarsi perché soffre la fame in quei giorni di prova e di carestia. Ma egli sta esercitando il suo lavoro sotto un duro padrone; non c’è il padre, ma un duro padrone, che lo fa soffrire, e che dimostra di avere molta più attenzione e più cura per i suoi animali che non per la persona del suo servo. Gli animali sono saziati, devono essere ingrassati, sono elementi di commercio; c’è cura per loro. Ma quel servo che desidererebbe riempirsi il corpo dei baccelli che i porci mangiano, cari nel Signore, è trascurato. Ed egli continua a soffrire la fame. Ma proprio a questo punto riemerge la figura del padre. Il giovane ha perduto le sostanze, la moralità, il prestigio, la dignità, la libertà e la salute ma non ha perduto una relazione con suo padre.

Quando torna con la mente al suo paese, alla patria lontana, quando, o cari, i suoi ricordi, le sue reminiscenze gli mettono davanti la casa della sua giovinezza, egli non pensa alla casa, non pensa ai suoi anni, ma pensa a suo padre, e parla di suo padre, e nomina suo padre. E infatti che cosa dice: ” quanti servi di mio padre mangiano del pane in abbondanza. Non c’è della restrizione nella mia famiglia. Non ci sono limitazioni di nessun genere. I servi di mio padre mangiano del pane in abbondanza, e io che sono suo figliuolo, qui mi muoio di fame.” È vero, è un mandriano di porci, è vero, è in una terra straniera dove si è moralmente abbrutito e depravato, è vero, ha fatto perdita della sua dignità e della sua libertà, ma non ha fatto perdita di questa relazione, ed egli si sente ancora figlio di suo padre. Figlio di suo padre! E una speranza si accende nel suo cuore. E questa speranza non è nel mutamento della condizione dove si trova, non è in se stesso. Egli non arriva ad dire: “i giorni passeranno, la carestia terminerà. Io sono giovane e forte, pieno di capacità. Potrò assumere un altro lavoro, prendere un’altra iniziativa, risolvere il mio problema… oppure potrò cercare quei tanti amici che mi erano intorno nei giorni buoni, nei giorni lieti, e come ho goduto con loro delle ore felici nella carne potrò tornare a goderle di nuovo.

Non lo dice neanche per un istante. Egli vede una luce soltanto guardando a suo padre, pensando a suo padre, andando con la mente alla casa di suo padre. Gloria al nome del Signore!

E anche io in questo momento penso a quel Padre. Al Padre che ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. (Giovanni 3:16)

Penso all’infinità di quell’amore, alla tenerezza di quel cuore; penso a quel Padre che a braccia spalancate attende, ed attende, e continua ad attendere. Attende i pubblicani, e i peccatori che hanno rovinato la loro giovinezza, hanno distrutto la loro innocenza, attende coloro che hanno forzato la loro coscienza per operare il male, coloro che hanno calpestato una vita, una famiglia, una dignità. E attende anche tanti retrogradi, tanti suoi figliuoli che avendo dimenticate le benedizioni, la luce della sua grazia e della sua parola, si sono incamminati per quelle strade che li hanno allontanati dalla sua presenza e dalla sua casa, e li hanno portati la, dove hanno potuto dissipare, hanno potuto perdere, hanno potuto distruggere. Il Padre attende, e mentre attende fa conoscere la sua personalità e il suo amore.

Il Padre! Perché anche questo padre come abbiamo letto, ha perduto qualche cosa. Ha dato quei beni al suo figliuolo nella speranza che il suo figliuolo facesse fruttificare quei beni, stimasse quei beni. In fondo erano frutto di lavoro e di sudore. Il patrimonio di una famiglia. L’onorevole patrimonio di una famiglia. Ed egli ha affidato quei beni al suo giovane figliuolo, come li ha riconosciuti all’altro figliuolo. Sono sempre i beni della sua casa, ma adesso quei beni sono perduti. Perduti perché dissipati da suo figlio. Forse egli sa che suo figlio gli ha fatto perdita dell’onore della famiglia. Noi non siamo informati intorno a quello che quel padre poteva sapere del figlio. E quindi non sappiamo se notizie tristi sono arrivate fino a lui per dirgli che quel figlio aveva disonorato anche il nome della famiglia. Ma, se sapeva o non sapeva, il fatto era reale. Quel padre non solo ha perduto quel patrimonio affidato al figlio, ma ha perduto anche l’onore della famiglia a causa di quel figlio. Ma soprattutto ha perduto la presenza di suo figlio. Per lui il figlio è morto! Il figlio è perduto! Ma fratelli e sorelle, egli continua a parlare di un figlio, di colui col quale è vincolato da un legame. È suo figlio! Qualunque cosa sia avvenuta, è suo figlio. Qualunque cosa possa essere capitata questa realtà non è tramontata, non è stata neutralizzata. Sono avvenute tante cose, le più drammatiche e le più dolorose, ma è rimasto un fatto; e il fatto è questo: c’è un figlio per lui, un figlio caro al suo cuore. Ed è per questo, cari nel Signore, che la parabola ci mostra un padre nella pienezza del suo amore, del suo tenero amore. Direi del suo impenetrabile amore. Perché se noi vogliamo spiegarlo razionalmente, cerchiamo o cari di commentarlo, o di analizzarlo a livello cerebrale, a livello della ragione, ci sentiamo smarriti. È qualcosa che sta al disopra delle nostre capacità di intendere, soprattutto quando comprendiamo bene che non ci troviamo di fronte ad un episodio storico, ma di fronte ad una parabola che ci parla di Dio. Che ci parla dell’amore di Dio, manifestato verso chi? Verso colui che si è allontanato, che ha dissipato, e che ha distrutto.

Lo vediamo questo padre che sta in attesa. In attesa del figlio. Cari nel Signore, egli non ha rinunciato ad aspettare. La sua è una autentica aspettativa, vibrante e calda. Noi cristiani parliamo frequentemente di aspettativa, ma credo che noi non comprendiamo tanto bene il significato di questa parola. Noi diciamo che aspettiamo il Signore, e poi troppo facilmente e troppo spesso dimostriamo che questa nostra aspettativa è qualcosa di superficiale, forse entra soltanto nelle sfere delle nostre emozioni, e non sempre. La aspettativa è vera ansia ed è vera attesa. E quella del padre è aspettativa. Io vedo in questo padre colui che guarda, e guarda costantemente dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina; scruta l’orizzonte, cerca di spiare con i suoi occhi verso la pianura sconfinata perché non ha rinunciato, non può rinunciare o cari, a questa aspettativa. È il desiderio di rivedere suo figlio tra le sue braccia. Gloria al nome del Signore! E infatti noi leggiamo che quando questo suo figliuolo lacero e cadente in cammino ormai verso la casa appare da lontano, no, non lo aspetta sulla soglia di casa, non lo vuole umiliato ai suoi piedi. Questo padre che lo ha aspettato per tanto tempo gli corre incontro. E io in questa sera sento Iddio che muove i Suoi passi, i passi del suo amore, della sua misericordia, incontro a coloro che sono disposti ad umiliare la propria vita in una decisione e in una scelta che li riconduca a Dio. Gli corre incontro! Gloria il nome del Signore! E che cosa fa: abbraccia e riabbraccia il suo figliuolo.

Fino al punto che quel figliuolo che aveva già preparato anticipatamente una preghiera, nella quale vuole concentrare tutta la sua umiliazione, non riesce a pronunciarla per intero. Non può dire tutte le parole che vorrebbe dire. Il padre non gli permette di dirle, non permette che dalle sue labbra escano parole come queste: “fammi come uno dei tuoi servi! ” No, egli lo abbraccia, perché come figlio egli lo vuole nella sua casa e nella sua famiglia e lo vuole reintegrare in assoluto, in una maniera completa. Noi non lo avremmo fatto, vero? Contrario alla nostra concezione della giustizia, in opposizione persino alla nostra concezione dell’amore. Ma ci troviamo di fronte al Padre, al Padre, al Padre! Colui che veramente possiamo chiamare Padre. E lo chiamiamo quando ripetiamo le parole che ci sono state insegnate dal suo stesso Figliuolo: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Gloria al nome del Signore!

Egli apre le labbra per dare degli ordini, e sono ordini perentori, precisi, che non ammettono contestazioni o discussioni. Portate qui la più bella veste e rivestite il mio figliuolo. Prendetene nella stalla il vitello ingrassato, uccidetelo, mangiamo e facciamo festa. Mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi. Dobbiamo fare di queste figure altrettante realtà spirituali attraverso delle applicazioni precise? Possiamo farlo… Entrare nei dettagli e nei particolari, ma io credo che i dettagli e i particolari non aggiungono nulla e non dicono di più di quello che dice globalmente la parabola. Il Padre! Il Padre dell’amore e delle misericordie. E il verbo che viene espresso in questa sera, il messaggio che risuona in questo momento, è proprio il messaggio che ci ricorda che c’è un Padre a braccia aperte. Un Padre che vuole i suoi figliuoli ristorati, che vuole i peccatori, i pubblicani, i perduti, i retrogradi, nella sua casa e nella sua famiglia, pieni di gioia e di pace, che possono godere di quella abbondanza di quei beni che sono ancora là, che sono i beni di Dio. No, quelli che sono stati dissipati, non hanno diminuito quelli che sono i tesori di Dio. Egli è sempre ricco per dare abbondanza di pace, di fede, di gioia e di speranza a tutti coloro che come figliuoli prodighi sono disposti ad umiliarsi davanti a lui e dire soltanto: “Padre perdona… Padre perdona… Padre perdona!” E il perdono è assicurato da Dio in Cristo Gesù, benedetto eterno.