di Agostino Masdea – “I loro idoli sono argento e oro, opera di mani d’ uomo. Hanno bocca ma non parlano, hanno occhi ma non vedono… hanno piedi ma non camminano; come loro sono quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano”. Salmo 115:4-8
Calvino disse un giorno che la natura dell’uomo è una continua officina di idoli. Come dargli torto? Cosa intende la Bibbia per idolatria? Tutto ciò che nel cuore dell’uomo viene posto al pari o al di sopra di Dio. Paolo, per esempio, scrive ai Colossesi: “Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e avidità, che è idolatria” Colossesi 3:5. La sede dell’avidità, definita come “il desiderio incontrollato che sembra non placarsi neppure se soddisfatto”, e di tutte le forme di idolatria, è il cuore dell’uomo.
Gli idoli di cui parla il Salmo 115 erano statue fatte con argento o con oro e avevano un certo valore dal punto di vista economico, ma spiritualmente erano la rovina del popolo. Il salmista si preoccupa di avvisare dell’inutilità di quegli idoli inanimati, ma soprattutto un invito a confidare nel Signore e non in chi non ha nessun potere per soccorrere e dare aiuto. La conclusione del verso otto è lapidaria: coloro che li fanno e tutti coloro che sperano in essi, diventano come loro: inanimati, senza vita.
Se questo è vero, allora possiamo concludere che anche noi diventiamo simili a ciò che adoriamo. Se stiamo adorando il Signore diventiamo sempre più simili a Lui e questo processo dura per tutta la nostra vita, e si completerà solo quando Lo vedremo faccia a faccia: “…sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come Egli è”. 1 Giovanni 3:2
Confidiamo in Dio sbarazzandoci di ogni forma di idolatria, perché è una follia pensare che gli idoli, di qualunque genere o natura, possano soddisfare la nostra vita o essere per noi un beneficio.