Chi era Diotrefe? Etimologicamente il suo nome significa «nutrito dall’Eterno » e se tale nome era stato scelto dopo la conversione, come è da supporsi, dobbiamo dedurne che in origine questo fedele doveva manifestare le caratteristiche della consacrazione. Nelle scritture facciamo la conoscenza di questo poco noto cristiano leggendo la terza breve epistola di S. Giovanni, in cui si parla di lui in termini poco lusinghieri; viene presentato come un superbo, cianciatore e odioso.
Meritava queste severe definizioni, proprio da colui che era il predicatore dell’amore, perché non riceveva i fratelli e non permetteva che altri li ricevessero. Si esaltava esageratamente nella sua autorità ed espelleva dalla chiesa quanti non si fossero assoggettati ai suoi ordini ed al suo arbitrio. Non faceva stima di coloro che gli erano preposti nel Signore e ne sparlava malvagiamente negando il loro apostolato e la loro autorità. I suoi molteplici mancamenti perciò erano di gravità estrema.
Viene da domandarsi come un conduttore di chiesa avesse potuto modificare in modo così violento l’insegnamento evangelico della fraternità, dell’amore e dell’umiltà e come avesse potuto trovare degli aderenti e dei seguaci che gli consentissero l’esercizio della sua dispotica autorità. Possiamo pensare, che egli si fosse servito, per applicare fra i fedeli le nuove e sgradevoli regole, dei documenti scritturali che in quei giorni, come in questi, costituivano principio dottrinale. Naturalmente egli avrà dovuto alterare il significato degli scritti, interpretandoli in modo personale ed arbitrario. Paolo aveva già detto: “…vi esorto fratelli che prendiate guardia da coloro che commettono le dissensioni e gli scandali, contro alla dottrina la quale avete imparata, e che vi ritiriate da essi”. (Rom. 16:17) Non è improbabile che copia di questa epistole, o un sunto di esse, già circolasse fra le chiese; comunque è certo che questo principio era stato divulgato per iscritto ed in parola fra le assemblee cristiane.
Un secondo documento importantissimo era costituito dell’epistola indirizzata da Giovanni alla “signora eletta”. Ai versetti 11 di detta epistola era detto: “Se alcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non lo ricevete in casa e non salutatelo, perché chi lo saluta partecipa le malvage opere di esso.”
Questo secondo documento era stato certo largamente diffuso tra le chiese dell’Asia perché affrontava un problema molto importante per quei tempo e per quei luoghi. Non potevano però essere sufficienti questi scritti ad ispirare l’operato di Diotrefe, perché la loro chiarezza poteva essere offuscata soltanto da qualche altro fattore più influente. Allora e necessario tentare di ricostruire la personalità del succitato e l’ambiente nel quale espletava il suo ministero.
Giovanni scriveva di lui: “procaccia il primato tra loro...” li, in seno ad una chiesa cristiana il primato non poteva essere procacciato che cercando di emergere in ogni attività concernente la vita delle Chiesa stessa e nella manifestazione di quella santificazione che è caratteristica non ultima del cristianesimo; e quindi si può ammettere che Diotrefe avesse preso in mano le redini dell’assemblea prodigandosi zelantemente nell’espletamento delle varie mansioni direttive, come si può ammettere che le opere da lui manifestate si conformassero apparentemente alle più rigide regole di spiritualità e di ascetismo. L’ambiente poi era dei più soggetti ad accettare estremismi di tale natura perché, come è stato detto da altri, i predicatori o evangelisti itineranti avevano causato, durante l’espletamento delle loro pur benedette missioni, non pochi inconvenienti e, ancor peggio, alcuni fraudolenti dottori avevano aumentato le apprensioni con la diffusione di principi e di dottrine che tentavano di rovesciare i valori cristiani.
Nulla di strano, quindi, che un uomo evidentemente presuntuoso ed ambizioso, facendosi forte della sua particolare personalità e approfittando di un particolare momento, inalberasse la bandiera dell’indipendenza, isolando se stesso e la chiesa da ogni ingerenza e da ogni autorità. Egli non avrà trascurato di dire che gli apostoli stessi in precedenza avevano dato ordini e consigli al riguardo, come non avrà trascurato di accusarli perché, secondo il suo arbitrario giudizio, non dimoravano fermi su quanto da loro stessi scritto. Infatti Giovanni dice: “Cianciando di noi con malvage parole“.
Santità paradossale quella di Diotrefe; santità in dichiarata opposizione con l’amore che dovrebbe invece essere l’insostituibile vestito della santità. Disciplina sovvertitrice quella da lui comandata e da lui praticata; rimedio intimamente più dannoso dei mali reali ed immaginari che si proponeva di combattere.
Diotrefe probabilmente viene da ciò esaltato agli occhi dei suoi seguaci; agli occhi di questi ultimi si sbiadiscono le figure di Giovanni, di Pietro, degli apostoli tutti e di tutti i predicatori, e rimane uno solo, ricco di autorità, ricco di sufficienza: il loro conduttore.
Mentre Diotrefe e la Chiesa da lui curata si esaltano vicendevolmente nell’isolamento, quelli che in seno alla comunità cercano di attenersi a Cristo vengono bersagliati ed espulsi; mentre le accuse e le maldicenze più malvage vengono irradiate da questo nuovo centro di “eresie”, le comunità e gli apostoli insorgono. Comincia a circolare nelle chiese la regola, attribuita al pensiero dei Dodici: “Accogliete chiunque viene nel Nome del Signore. Poi quando, avendoli messi alla prova, li conoscerete, avrete la facoltà di discernere la destra dalla sinistra”.
Vengono chiariti e scritti gli ordini dei servitori del Signore, e cosi, mentre viene precisato che quanto contenuto nell’epistola ai Romani si riferisce ai disturbatori dimoranti nel seno della comunità, viene anche precisato che l’ordine della epistola di Giovanni non intende includere indistintamente tutti coloro che, pur palesando delle differenze dottrinali nei confronti delle verità rivelate, possedute dalla chiesa visitata, avevano però sentimenti puri e scopi legittimi nella loro fatica spirituale.
Viene precisato che il Grande Apostolo intendeva colpire i promotori ed i propagatori della dottrina sorta per combattere l’umanità del Cristo, e viene quindi messo in evidenza che egli si riferiva ad individui le cui opere erano malvage, perché nella loro vita era assente la potenza della redenzione.
Questo per chiarire che non doveva intendersi pericoloso quell’operaio evangelista nella cui vita era manifesto il Cristo (e non la malvagità) nonostante che in qualche concetto, specialmente teorico, “sentisse diversamente”. Ma in in modo particolare vengono curati e sviluppati gli incontri di persona e per epistola fra quanti nelle chiese erano preposti al ministero. Si cerca di eliminare ogni differenza, di mettere cioè tutti i predicatori e tutti i dottori sotto il controllo di una regola dottrinale universalmente accettata. A questo fine si incrementano i concili e le visite fra i conduttori dell’opera.
Viene insomma sviluppato un grandioso e glorioso piano atto ad arginare il metodo sorgente che in Diotrefe aveva il tipico rappresentante. Ma oltre e fuori dei piani e dei provvedimenti viene detto e proclamato che il comandamento dell’amore del Cristo è quello che deve costituire regola in ogni comunità, ed esso non può far seguire le orme di quanti sotto il manto dello zelo e della dirittura, si mettono contro i loro fratelli per potere, nell’indipendenza assoluta, sviluppare i loro piani ambiziosi.
Tutto questo, però, non ferma completamente la piaga. Come Caino inizia la progenie dei fratricidi; come Giuda inizia la progenie di quelli che tradiscono il sangue innocente; cosi con Diotrefe comincia una serie interminabile di violatori del codice dell’amore. Con Diotrete cominciano le scissioni di carattere generale. Con Diotrefe comincia l’innalzamento della personalità umana in mezzo al popolo cristiano.
La serie interminabile è giunta fino a noi; fino ai nostri giorni; fino al nostri luoghi ed alle nostre orecchie le parole di Giovanni sono di un’attualità così dolorosa e scottante, che ci sentiamo meravigliati. Quando sorgerà nei cuori il desiderio di arginare la piaga? Quando si unirà il popolo cristiano nell’unico sentimento di opposizione a Diotrefe ed ai suoi metodi, per limitarne l’azione? Fratelli, guardiamo a Gesù!
R. BRACCO –