TESTIMONIANZA – Mi chiamo RUBEN DAZAR, (il nome è inventato) e sono nato in una città a nord dell’Iran, sotto un nome diverso sono cresciuto in una famiglia musulmana molto fervente. Mio nonno materno era un Ayetoalah, cioè un insegnante dell’islam, ed essendo suo nipote ero ben conosciuto e molto rispettato nella comunità. Nel corso degli anni ho scritto alcuni libri sull’IsIam. Mia madre è stata allevata come una buona musulmana e anche lei è un insegnante dell’IsIam. Sebbene abbia ora ottant’anni, ancora insegna in Iran. Sin da quando ero piccolo, mi raccontava che prima della mia nascita ebbe un sogno in cui un uomo santo le diceva che suo figlio avrebbe dovuto dedicare la propria vita a dio. Così i miei ricordi più lontani arrivano a quando avevo quattro anni. Mia madre m’insegnava come pregare e per incoraggiarmi a farlo di più nascondeva delle monete sotto il tappeto di preghiera, mi diceva anche che avrei dovuto seguire le orme di mio nonno e che dovevo diventare un insegnante dell’IsIam proprio come lui, un Mollah. Cominciai a frequentare le classi coraniche e trascorrevo del tempo a imparare i libri islamici già molto tempo prima che cominciassi ad andare a scuola. All’età di circa dieci anni ero in grado di ricordare a memoria e di recitare buona parte del Corano e dunque mia madre era molto fiera e felice di me.
Nella sua famiglia ero abbastanza rispettato ed erano pieni di fiducia che avrei portato avanti gli studi islamici. All’età di quindici anni, però, mi unii all’Accademia dell’esercito e non passò molto tempo che mi dimenticai di Dio, della religione con cui ero cresciuto vivendo appieno la mia libertà, lontano da casa. Dopo non molto fui introdotto a una festa comunista e divenni un promotore di questa ideologia dimenticandomi completamente di Dio. Quando arrivò il tempo di andarmene, vivevo una doppia vita, solo per essere sicuro di non ferire mia madre e la mia famiglia. Poco dopo, nel 1979 cominciò la rivoluzione in Iran e da giovane comunista presi parte ai raggruppamenti politici quando ancora ero alle armi. Quando la guerra scoppiò tra l’Iran e l’Iraq fui mandato a combattere al fronte perché ero giovane. Alla fine del 1984 fui sparato dalle forze dell’Iraq e rimasi gravemente ferito da una granata. Quando fui colpito per alcuni minuti esperimentai il lato spirituale della vita (fui subito dichiarato morto dai medici che vennero a soccorrermi e posto in obitorio), ma Dio aveva un piano diverso, ben preciso per me. Subito dopo, i medici scoprirono che ero ancora vivo, mi presero e mi portarono in ospedale, dove rimasi in coma per sei mesi e trascorsi circa un anno in ospedale. Cominciai a pensare seriamente a Dio, non per far felice mia madre o la mia famiglia, ma perché avevo avuto un’altra opportunità di vivere e servire Dio e piacere a tutti loro. Presi la decisione di diventare un buon musulmano, un Mollah, cominciai a vivere con rigore, pregavo ogni giorno e ogni notte, predicando nelle moschee militari e allo stesso tempo studiavo i libri islamici. Ancora pensavo che ciò non fosse sufficiente e non ero sicuro di ciò che dovevo fare per piacere a Dio.
Volevo solo che Dio mi desse dei segni per mostrarmi che ciò che stavo facendo era giusto, ma più provavo più ero circondato dal Suo silenzio, mi sentivo come se mi stessi allontanando da Dio. Mio padre che era un Sofe, mi disse di unirmi a questo gruppo che viveva sulle montagne e trascorreva tempo digiunando e vivendo una vita di sacrifici e di rinunce. Questa mentalità era basata sulla convinzione che vivere una vita difficile poteva avvicinare di più a Dio, cosi vi rimasi per sette otto mesi e mi ridussi a pesare quaranta chili. Speravo così di sentire o vedere qualhe segno da Dio, ma non ebbi mai quella gioia. Andai all’anziano del gruppo che aveva novantatré anni e gli dissi che desideravo vedere o sentire qualcosa, ma lui mi rispose che era lì da settantadue anni e non aveva mai sentito nulla da Dio, come potevo pensare io che ero lì solo da sette mesi di poter sentire o vedere qualcosa da Lui? Dopo quell’incontro, perciò lasciai il gruppo con il cuore in frantumi, feci velocemente i bagagli e me ne tornai a casa combattendo ancora con le medesime domande. Se Dio aveva creato l’uomo dalla terra e gli aveva dato il Suo proprio spirito come mai non comunicava con lui, perché restava in silenzio? Decisi di vivere rettamente e diventare un buon musulmano e di farlo nel modo giusto una volta e per sempre.
Cominciai insegnando alla gente il Corano e facendo ogni cosa fisicamente possibile per aiutare gli altri a servire Dio. Finché un giorno un mio amico mi diede un Nuovo Te stamento chiedendomi di scrivere un articolo contro il cristianesimo. Presi il libro con un fazzoletto e lo gettai nel mio armadio. Pensai che quello fosse il modo perfetto per servire Dio: provare agli altri musulmani che il cristianesimo era sbagliato, quindi iniziai a studiare un libro islamico contro il cristianesimo, ma scoprii che non c’era nessuna buona ragione per convincere i giovani a esservi contrari. Così, lessi anche tutti i libri occidentali contro il cristianesimo, ma dopo di questo non ero ancora soddisfatto, pensai che potessi fare di meglio, decisi di leggere io stesso il Nuovo Testamento per trovare le falsità e provare che il cristianesimo era falso e un prodotto dell’occidente. La prima volta che lo presi in mano indossavo un guanto da cucina perché pensavo che fosse impuro toccarlo e ciò che subito mi sorprese fu che Dio era chiamato “Padre” o “Amore”. Questa fu la prima scintilla nel mio cuore.
Cominciai a leggere diligentemente il Nuovo Testamento e ad avere nuove idee riguardo al peccato e alla salvezza. Una questione bruciante sempre presente nella mia mente, come l’uomo poteva comunicare con Dio e possedere l’assoluta certezza della salvezza. Chiesi a Dio di togliere questi dubbi dal mio cuore e presto non fui più in grado di pregare nella maniera islamica. Non ero cristiano, non avevo mai voluto esserlo, ma mi sentivo un peccatore e avvertivo la sensazione di essere sporco, sentivo che avevo tradito la mia famiglia, mio nonno e tutta la fede islamica. Un giorno arrivai a Giovanni 4:21-25 dove è detto che dobbiamo adorare Dio in spirito e verità, quella notte chiesi a Dio di salvarmi da ogni dubbio e di mostrarmi la vera via. Un paio di giorni dopo in un negozio vidi un uomo che vestiva abiti talari (Fratello Edward). Cominciai una conversazione con lui non perché volessi sapere qualcosa del cristianesimo ma perché volevo insultarlo. Immaginavo che se lo avessi fatto allora potevo provare che ero un buon musulmano, ma l’uomo era molto calmo e mi chiese se volevo andare in chiesa con lui.
Ciò mi fece arrabbiare ancora di più perché speravo che quest’uomo avrebbe cominciato a gridare e ad arrabbiarsi come me. Accettai l’invito ad andare con l’idea di distruggere la chiesa e la riunione in corso. Il giorno dopo arrivai molto presto alla porta della chiesa che era molto semplice, nulla era grande e c’era una piccola croce sul muro. Non appena entrai, sentii immediatamente lo Spirito di Dio venire su di me, vidi tutti i miei peccati come un flash davanti ai miei occhi, subito dopo aver varcato la soglia della porta, caddi sulle ginocchia e chiesi a Gesù di venire nel mio cuore. Dopo pochi minuti il pastore venne e mi chiese se avevo qualche domanda da fargli. Gli dissi che tutte le mie domande avevano avuto una risposta! Due settimane più tardi tornai al lavoro come ogni ufficiale dell’esercito e come di solito, tutti aspettavano che guidassi l’incontro di preghiera nel modo islamico, ma io non potevo farlo. Avevo trovato una nuova vita e non potevo stare zitto al riguardo. Cominciai a parlare a tutti della salvezza che avevo trovato in Gesù il che non è saggio nei nostri giorni in Iran.
Tre settimane dopo mi ritrovai confinato in prigione. Vi trascorsi un po’ di tempo e fui condannato dal sistema giuridico islamico alla pena di morte. Per la seconda volta nella mia vita Dio mi dimostrò di avere il controllo e per ragioni che sarebbe troppo lungo spiegare qui, dopo circa un anno fui rilasciato e mi fu chiesto di riunirmi all’esercito. A quel tempo mi diedero ventiquattro ore per ritornare nell’esercito sul fronte di guerra. Come uscii di prigione però uno dei miei colleghi mi chiamò e mi disse di non venire perché avevano ricevuto l’ordine di spararmi alle spalle non appena fossi arrivato. Cosi, anziché andare al fronte, tornai nella mia città. Solo due giorni più tardi una guardia rivoluzionaria attaccò casa mia con l’intenzione di trovarmi ma siccome non ero lì, presero mio padre e mio fratello e li portarono in prigione. Chiesero loro dove fossi, ma erano molto incerti, lo mi ero nascosto in un piccolo villaggio fuori città. Più tardi arrivai in Inghilterra e lì cominciai una nuova meravigliosa vita. Non dico che d’allora in poi ho camminato con il Signore, ma ciò che so e di questo sono sicuro è che Lui non mi ha mai lasciato e così sarà finché il Suo piano non sarà completo. Ora mi trovo in Italia servo il Signore con la mia famiglia, tra gli iraniani, afgani e turchi e lo faccio perché so che solo in Gesù è la salvezza e la verità che può salvarci.