di CHARLES H. SPURGEON – L’apostolo Paolo ci offre il modello perfetto di un uomo sinceramente consacrato. Pastore vigilante, si preoccupava incessantemente del gregge affidato alle sue cure e non si limitava a predicare l’Evangelo, ne pensava di aver fatto tutto il suo dovere annunziando la salvezza; ma i suoi occhi erano sempre aperti sulle Chiese che aveva fondato, seguendo con vivo interesse i loro progressi spirituali o il loro declino della fede.
Quando l’apostolo Paolo doveva allontanarsi in altre località a proclamare l’Evangelo, non cessava mai di vigilare sul benessere spirituale di questi brillanti gruppi di Cristiani della Grecia e dell’Asia minore. Egli aveva largamente seminato in mezzo alle tenebre del paganesimo e mentre accendeva nuove luci alla fiaccola della verità, non trascurava mai quelle già accese. Infatti, mentre era lontano dalla piccola Chiesa di Filippi, di prova della sua sollecitudine per quel gruppo di credenti facendo loro giungere consigli ed avvertimenti. Così scriveva: Io ve l’ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo che molti fra voi camminano da nemici della Croce di Cristo (Filippesi 3:18).
L’apostolo Paolo era fedele e vigilante e quando vedeva il peccato nelle Chiese non esitava a denunciarlo apertamente a tu per tu ai peccatori. Non era un debole e non aveva timore di dichiarare la verità anche lui, fedele e saggio, non poteva sopportare che i credenti, di cui sentiva la responsabilità, si allontanassero dalla verità, egli era severo, energico ma anche quando la sua bocca pronunciava le più terribili minacce, il suo cuore batteva così forte di compassione e d’amore per le anime che le stesse persone alle quali si indirizzava non potevano dubitare del suo grande affetto per loro.
Miei cari nel Signore, l’avvertimento solenne che Paolo indirizzava più volte ai Filippesi: Io ve l’ho detto più volte e ve lo ripeto ancora piangendo, è bene che lo prendiate in seria considerazione anche voi, oggi. Questo avvertimento non è meno necessario che al tempo dell’apostolo perché nei nostri giorni, come a quei tempi, ve ne sono parecchi nelle Chiese e fuori, la cui condotta testimonia altamente che essi sono nemici della Croce di Cristo. Il male, anziché diminuire, guadagna terreno ogni giorno di più. Nel nostro secolo c’è un maggior numero di persone che fanno professione di pietà, come al tempo di Paolo e vi sono anche più ipocriti di allora. Le nostre Chiese, lo dico a loro vergogna, tollerano nel loro seno membri che non hanno alcun diritto di dirsi Cristiani, ma che starebbero assai meglio piazzati in una sala di festini o in un luogo di dissipazione o di follia. Mai dovrebbero avvicinare le loro labbra al calice o mangiare il pane nella commemorazione della morte del nostro Signore Gesù: molti, troppi ve ne sono la cui condotta in completo disaccordo con la santa Legge Divina.
Io mi propongo, fratelli miei, di ricercare con voi la causa della sofferenza straordinaria dell’apostolo, versante lacrime. Sappiamo bene che Paolo non era una sensibilità malata o pronto a commuoversi anzi, in nessuna parte della Scrittura si legge che pianse quando fu perseguitato, ne quando con la verga gli fecero dei solchi sul dorso: non una lacrima, secondo l’espressione del Salmista, uscì dai suoi occhi. Gettato in prigione cantava invece di gemere. Ma seppure Paolo non pianse per le sofferenze alle quali egli si espose per l’amore di Cristo, piange scrivendo ai Filippesi.
La prima causa di tante lacrime fu per lo scatenarsi del peccato fra alcuni membri della Chiesa, la seconda per i dolorosi effetti della loro cattiva condotta (divisioni, risentimenti, ecc.) e infine per la sorte disastrosa a cui andavano incontro. Abbiamo detto dall’inizio che Paolo pianse a causa del peccato di alcuni formalisti che, pur facendo parte duna Chiesa Cristiana, non camminavano dritti dinanzi a Dio, ne dinanzi agli uomini. Uno dei peccati più gravi che egli rimproverava loro è la sensualità. Vi era infatti nella Chiesa primitiva gente che dopo aver fatto professione di fede in Dio ed essersi seduta alla tavola del Signore, partecipava ai banchetti dei pagani e lì si lasciava andare senza alcun ritegno agli eccessi del mangiare, del bere e alle voglie della carne. Si abbandonavano a tali piaceri che non soltanto perdono l’anima ma anche il loro corpo ne risentiva gli effetti disastrosi. Altri ancora, senza cadere tanto in basso per le loro concupiscenze, si preoccupavano assai più di figurare come veri Cristiani che esserlo realmente.
Ebbene, questo grave rimprovero dell’apostolo Paolo non è forse applicabile anche a noi oggi, come allora, per la Chiesa di Filippi? Anche fra i membri delle nostre Chiese ve ne sono molti, purtroppo, che in apparenza sono a posto, ma in realtà sciupano tutto e dimenticano di servire fedelmente la causa del Salvatore, come sarebbe loro dovere di fare.
Si sono introdotte nelle nostre file falsi fratelli che strisciano come serpenti sotto l’erba e spesso si scoprono quando già hanno inflitto, una dolorosa ferita o un serio danno alla gloriosa causa del nostro Maestro. Io rilevo tutto ciò con profonda tristezza ma anche con intima convinzione e, per esser certi di quanto ho detto, basta aprire gli occhi all’evidenza.
Non vi sono forse fra i credenti molti ambiziosi? Eppure il Signore ha dichiarato che colui che vuole essere innalzato deve abbassare se stesso. Una volta il Cristiano era un uomo semplice, modesto, si accontentava di quello che riceveva dalle Mani del Signore: ma nel nostro secolo non è più così. Fra i pretesi discepoli dell’umile Galileo, vi è chi aspira ad arrivare al massimo gradino dei valori umani e di cui l’unico pensiero, non di glorificare Cristo ma di glorificare se stesso ad ogni costo. Ce ne sono molti di questi aventi apparenze di pietà ma che non sono meno mondani dei più mondani e che hanno dimenticato in che consiste il vero spirito cristiano. E’ anche vera la constatazione che vi sono alcuni molto avari, fra i credenti, e che invece di utilizzare una parte dei loro beni per aiutare l’opera nell’avanzamento del Regno di Cristo, non pensano che a tesorizzare il loro danaro.
Se, fra i membri più considerati dei nostri gruppi, fra quelli che occupano cariche ecclesiastiche importanti, vi si trovano quelli fortemente attaccati alle cose di questo mondo e che non possiedono assolutamente nulla della vita nascosta in Cristo senza la quale non esiste vera carità cristiana. Lasciatemelo dire: tutti questi grandi mali non sono i frutti di una vera fede, ne quelli di una religione vivente!
Che Dio sia benedetto, poiché c’è anche il residuo degli eletti preservato da queste funeste tendenze ma la massa dei cristiani di nome che ha invaso le nostre Chiese ne presa in maniera deplorevole. E’ tanto facile oggi farsi passare per figliuoli di Dio! Ma quanto a rinunzie, all’amore per Cristo, alla mortificazione della carne, si è poco esigenti. Lo so, io continuo a ripetere cose dure, pungenti, ma perchè sono cose vere non posso tacere. Il mio sangue ribolle nelle vene quando incontro persone della cui condotta mi vergogno e che spavaldamente si dicono: fratelli in Cristo.
Come si può essere di Cristo o in Cristo e vivere nel peccato? Io prego Dio di perdonarli per questo loro traviamento e che presto siano ricondotti a vivere in maniera degna della loro vocazione. Non ce crimine più spaventoso dell’audace ipocrita che, mentendo a Dio e alla coscienza, dichiara solennemente che appartiene al Signore e che Cristo gli appartiene. Poi vive come quelli del mondo, secondo l’andazzo del presente secolo, commettendo le stesse ingiustizie, raggiungendo gli stessi scopi di quelli che non si sono mai interessati di appartenere a Cristo con tutta l’anima.
Ah, se nelle nostre assemblee quelli che dubitano essere preda di tali peccati si mettessero subito in ginocchio e con sofferenza e spasimo chiedessero a Dio di aiutarli ad uscire di nuovo dalla perversa generazione. Quale benedizione per la loro anima! Trafiggere Cristo, tradirLo ancora facendo credere d’essere Suo un peccato così odioso che non dovrebbe più esistere.
La storia ci racconta che Cesare, moribondo sotto i colpi dei suoi nemici, non perdette il dominio di se stesso fin quando non vide il suo figliolo adottivo Bruto colpirlo a sua volta. Allora, grida: Anche tu, Bruto, figlio mio!? E coprendosi la testa col suo mantello pianse.
Fratelli miei, se Cristo comparisse in mezzo ad una assemblea, non direbbe la stessa cosa a parecchi di voi: E tu, che dici d’essere mio figliuolo, un mio discepolo, mi colpisci ancora? Guardate bene come vi comportate, che non si dica anche di voi che siete dei traditori.
Il soldato di Cristo che vuole combattere al Suo fianco, che vuole testimoniare e difendere la Sua Causa, deve camminare con Lui nelle Sue vie fedelmente, seguendo i Suoi ammaestramenti. In una parola, il vero discepolo non deve più cedere all’avversario, in nessun caso. Ricordate bene che tutti coloro che hanno il privilegio di chiamarsi Cristiani, nel preciso significato di questa parola, se la loro condotta è di scandalo, fanno un male incalcolabile anche agli inconvertiti. I poveri peccatori che cominciano a volgere lo sguardo sulla Croce di Cristo, sono tenuti lontano da Lui se non si testimonia fedelmente con la vita oltre che con le Parole della Sacra Scrittura. Dovete dimostrare di appartenere a Cristo.
State bene in guardia, non disonorate la Causa del Cristo e cercate di nutrirvi tutti i giorni della Manna Celeste che da la visione esatta di quello che siamo e di come dovremmo essere come fedeli discepoli di Cristo. Studiatevi di affermare la vostra vocazione la vostra elezione e non ritenete mai troppo alta l’opinione di voi stessi: guardatevi dalla presunzione! Quante anime considerate dalla Chiesa piene di carità cristiana non sono che spazzatura dinanzi al Santo dei Santi!
Che ciascun credente provi se stesso e ripeta in preghiera: Mio Dio, scrutami e fa che nel mio cuore non vi sia più alcun male. Conducimi per mano sulla via che Tu mi hai tracciata e fa di me un sincero figliuolo di Dio, vivente in Cristo mio Salvatore?.
FONTE: RISVEGLIO PENTECOSTALE Aprile 1970