IN FORSE LA LIBERAZIONE DI RIMSHA: IL CASO DI RIMSHA MASIH.

(aggiornato al 1 6 settembre)   –  17 AGOSTO 2012    –   Rimsha Masih ha 11 anni, una disabilità mentale e rischia di trascorrere il resto dei suoi giorni in prigione. Sì, perché questa bambina di religione cristiana, affetta da sindrome di Down, è stata arrestata ieri a Islamabad con l’accusa di blasfemia dopo aver sfiorato il linciaggio per mano di una folla di estremisti islamici. Come scrive l’agenzia missionaria AsiaNews è «la prima volta la prima volta nella storia del Pakistan che la “legge nera” (la stessa per la quale si trova in carcere Asia Bibi) colpisce una minore».

 Rimsha si trova ora rinchiusa nel carcere minorile di Rawalpindi in base a un provvedimento di custodia cautelare di 14 giorni disposto dalla magistratura. La ragazzina è indagata per blasfemia, avendo “dissacrato il Corano” ed è perseguita in base all’articolo 295-B del Codice penale, che prevede appunto pene fino all’ergastolo.

 Alcuni testimoni, scrive Asianews, riferiscono che Rimsha, figlia di Misrak Masih, avrebbe bruciato dieci pagine di un libro islamico, il Noorani Qaida, usato per imparare le basi dell’arabo e del Corano. La giovane lo avrebbe scagliato nella pattumiera, dopo averlo avvolto in un sacchetto di plastica. Il fatto è avvenuto il 17 agosto scorso nell’area di Umara Jaffar, settore G-12 di Islamabad, dal quale proviene la famiglia della minorenne. Le forze dell’ordine hanno aperto un fascicolo di inchiesta in base alla denuncia presentata da Syed Muhammad Ummad, un musulmano.

 La polizia ha arrestato Rimsha Masih, dietro pressioni dell’ala fondamentalista islamica. Ieri, infatti, una folla ha preso di mira la famiglia della ragazza, che ha rischiato il linciaggio assieme alla madre. Centinaia le persone infuriate che minacciavano di farsi giustizia da sé. Gli agenti hanno tratto in salvo la ragazza, quindi l’hanno condotta in carcere.

30 AGOSTO –  SI PROLUNGA LA PRIGIONIA DI RIMSHA MASIH.

Quando tutto lasciava pensare che al termine dell’udienza di oggi in un tribunale di Islamabad la bambina cristiana pachistana Rimsha Masih avrebbe riacquistato la libertà, uscendo dal carcere dove si trova dal 16 agosto con l’accusa di blasfemia, l’azione spregiudicata di un avvocato dell’accusa ha alterato materialmente il corso della giustizia, costringendo il giudice a rinviare tutto a sabato.

Davanti a un uditorio formato per lo più da attivisti cristiani e per i diritti umani, Rao Abdur Raheem, legale della persona che ha firmato l’accusa di oltraggio del Corano nei confronti di Rimsha, ha preso la parola e con toni infuocati ha attaccato il rapporto medico sulla salute della bambina, definito “fazioso”.

L’avvocato, che non ha esitato ad accusare di parzialità anche il giudice Raja Jawad Abbas Gassan, ha sostenuto che “il rapporto è stato redatto senza le necessarie garanzie” perché “sostiene falsamente” che la bimba ha 14 anni e che mentalmente appare addirittura inferiore all’età reale”.

“Voglio evitare – ha detto con toni velatamente minacciosi – che questo caso si trasformi in un altro attraverso cui chiedere la riforma della Legge sulla blasfemia, perché questo scatenerebbe molti estremisti. Molti Mumtaz Qadris (i killer dell’ex governatore del Punjab Salman Taseer), ha concluso, sono pronti a sostenerli”.

A questo punto il magistrato, nonostante le proteste dei difensori di Rimsha che chiedevano l’esame dell’istanza di scarcerazione, ha dichiarato di voler controllare “i termini con cui è stato preparato il rapporto medico” ed ha aggiornato l’udienza a sabato.

Di fronte a questo deludente risultato, i responsabili delle associazioni che lottano accanto alla minoranza cristiana pachistana non hanno risparmiato le loro critiche. “Non è stata una decisione giusta quella di aggiornare il caso”, ha detto all’Ansa Faruk H.Saif, presidente della Fondazione World Vision in Progress. “Il giudice – ha proseguito – avrebbe dovuto respingere l’appello presentato dall’avvocato dell’accusa. Ed è una grande ingiustizia che una bambina innocente sia stata reclusa in una cella del carcere Adiala di Rawalpindi, riservato ai criminali”.

Decisa la reazione anche di Xavier P. William, presidente dell’organizzazione cristiana Life for All, che ha chiesto “un immediato emendamento della Legge sulla blasfemia. Quelli che la stanno sostenendo sono gli stessi che hanno responsabilità per la morte (dell’ex ministro per le Minoranze) Shahbaz Bhatti e di Taseer”.

2 SETTEMBRE: ARRESTATO L’IMAN CHE ACCUSA LA RAGAZZA DI BLASFEMIA.

Con un colpo di scena senza precedenti per il Pakistan, la vicenda della bambina cristiana Rimsha Masih accusata di blasfemia ha avuto oggi una svolta radicale con la decisione di un giudice di Islamabad di disporre 14 giorni di carcere giudiziario per l’imam

L’Imam Khalid Jadoon

, fortemente sospettato di avere manipolato le prove del caso.

  Proprio quando la situazione della bimba sembrava complicarsi con continui rinvii dell’esame della sua richiesta di libertà dietro cauzione, è spuntata una testimonianza scritta di un religioso, Hafiz Mohammad Zubair, che ha apertamente accusato l’imam Jadoon di avere aggiunto pagine del Corano a quelle bruciate portategli da un abitante musulmano del villaggio di Mehrabadi, di nome Amaad.

   Questa testimonianza è stata confermata anche da altre due testimoni musulmani e raccontata all’ANSA dallo stesso Zubair. «Insieme ad altre due persone – ha detto – ho cercato inutilmente di impedire all’imam di manipolare le prove aggiungendo altre pagine a quelle bruciate. Per questo posso dire che «anche lui si è macchiato del reato di blasfemia».

  «Io qui non sto dicendo – ha concluso – che Rimsha Masih non ha bruciato le pagine, perchè ci sono testimoni che l’hanno vista, ma devo ribadire che l’imam ha manipolato le prove».

   Alla luce di questo colpo di scena, il presidente del Consiglio degli ulema del Pakistan, Tahir Ashrafi, ha chiesto oggi a tutti gli ulema del Pakistan di collaborare per una giusta punizione di Jadoon da parte del tribunale, sollecitando inoltre il presidente Asif Ali Zardari affinchè faccia liberare subito Rimsha e ne garantisca la sicurezza.

   Per domani a Islamabad è stata intanto fissata una nuova udienza per un possibile rilascio dietro cauzione della bambina. 

3 SETTEMBRE

“Noi la proteggiamo”

Un improvviso sciopero degli avvocati pachistani si è aggiunto oggi a complicare la vicenda di Rimsha Masih, la bambina cristiana in carcere dal 16 agosto ad Islamabad con l’accusa, rivelatasi in gran parte artefatta, di blasfemia per aver bruciato pagine di un libro contenente versi del Corano. Dopo il colpo di scena che ieri ha portato in carcere con l’accusa di manipolazione delle prove Khalid Jadoon, imam principale della moschea di Mehravadi, il villaggio alle porte della capitale dove vivevano Rimsha e la sua famiglia, tutti erano convinti che l’udienza di oggi in tribunale non avrebbe potuto che concludersi con l’accettazione dell’istanza di libertà dietro cauzione presentata dai legali della piccola. E invece l’improvviso sciopero degli avvocati indetto per oggi, e poi esteso, ha costretto il giudice Muhammad Azam Khan ad aggiornare a venerdì prossimo il processo avviato, bisognerà ricordarlo, oltre che dalla denuncia di un cittadino musulmano (Hammad Malik) anche sulla base di prove procurate e presumibilmente alterate dall’imam ora in carcere. Intanto una importante novità dell’ultima ora è la decisione di due persone (Hafiz Owais e Khurrum Shahzad) di presentare una testimonianza a sostegno di quella formalizzata la settimana scorsa dal maulvi (dotto musulmano) Hafiz Zubair che ha personalmente visto l’imam Jadoon mescolare pagine del Corano a quelle che l’accusatore sosteneva bruciate da Rimsha. Alla luce di questi nuovi fatti la polizia ha aggiunto il nome del religioso fra gli imputati per l’udienza istruttoria del caso fissata per il 14 settembre. L’avvocato della bambina, Tahir Naveed, ha commentato con soddisfazione la svolta nella vicenda. «Era stato lui stesso allora – ha dichiarato – a mettere il materiale contestato nella sacca di Rimsha. Questo dimostra che il suo agire era teso a cacciare i cristiani dalle loro abitazioni». Ugualmente soddisfatto di quanto è accaduto durante il fine settimana Paul Bhatti, consigliere per l’Armonia Nazionale del primo ministro, che ha dichiarato: «Il caso deve essere deciso nei tempi più brevi possibili, per evitare che la prolungata permanenza della bambina in carcere le crei un grave trauma». Comunque Bhatti ha ridimensionato dichiarazioni di ong che hanno drammatizzato le condizioni di detenzione della piccola. «È totalmente falso che Rimsha sia custodita nel carcere di Adiala come una criminale o alla stregua dei reclusi adulti. È tenuta con cura estrema. Ha cibo, vestiti e un posto confortevole per dormire. Ma certo – ha concluso – un carcere è un carcere; lei è impaurita perchè è da troppo tempo lontano dalla famiglia». Il presidente del Consiglio degli Ulema pachistani, Hafiz Tahir Mehmood Ashrafi, ha chiesto oggi la liberazione di Rimsha Masih, la bambina cristiana in carcere dal 16 agosto con l’accusa di blasfemia, sostenendo che «se lo Stato non è in grado di darle protezione, possiamo proteggerla noi». In una conferenza stampa a Islamabad in compagnia di rappresentanti delle organizzazioni e della comunità cristiana del Pakistan, Ashrafi ha sostenuto che Rimsha «è una figlia del Pakistan e va protetta come tale». L’autorevole religioso ha poi chiesto al governo di formare un team investigativo affinchè sia mostrato all’opinione pubblica« cosa è veramente accaduto, e chi è responsabile. Ashrafi ha concluso assicurando che gli atti dell’imam Khalid Jadoon, che ha manipolato le prove per aggravare l’accusa di oltraggio al Corano per la piccola Rimsha, »ci hanno fatto vergognare tutti«. Nessun musulmano, ha concluso, »dovrebbe commettere atti di tanto basso livello«

 

4  Settembre   –   

Islamabad – Si rafforza il fronte giuridico in favore di Rimsha Masih: ieri due nuovi testimoni si sono aggiunti a Hafiz Zubair, vice imam della moschea, confermando le accuse contro l’imam Khalid Jadoon di aver falsificato le prove. Sulla vicenda di Rimsha si è trovato un largo consenso dei leader musulmani moderati come Hafiz Tahir Ashrafi, leader dell’ “All Pakistan Ulema Council”. Nonostante ciò il caso alimenta tensioni: ieri Paul Bhatti, Consigliere Speciale del Primo Ministro per l’Armonia Nazionale, molto attivo nel caso di Rimsha, è stato costretto a restare chiuso nel suo ufficio, al Ministero dell’Armonia, a causa di un allarme per la sua sicurezza personale, per possibili attentati alla sua vita. Bhatti doveva partecipare a un dibattito televisivo su “Dunya News Tv” insieme con Tahir Ashrafi e con p. Rehmat Hakam Michael, Vicario generale della Diocesi di Islamabad-Rawalpindi, ma ha potuto solo stabilire un collegamento dal suo ufficio. A Bhatti oggi è stata assegnata una nuova scorta speciale e il Consigliere si è recato al Senato per la sessione assembleare. 
Intanto, come anticipato a Fides da p. Francis Nadeem (vedi Fides 1/9/2012), si conferma che dietro al caso di Rimsha vi sia la mafia dei terreni: alcuni speculatori intendevano cacciare i cristiani dal sobborgo di Mehrabadi per motivi economici, dato che il valore delle case in quell’area di Islamabad, è salito. Per questo hanno montato il caso di blasfemia, che doveva servire da grimaldello. La maggior parte delle famiglie del sobborgo, dicono fonti di Fides, sono fedeli fuggiti da Gojra, località data alle fiamme da radicali islamici nel 2009, per un supposto caso di blasfemia. Fu Shahbaz Bhatti, allora Ministro delle Minoranze, a far assegnare agli sfollati interni tali alloggi nella periferia della capitale.

8 SETTEMBRE 2012

Un giudice pakistano ha ordinato ieri il rilascio su cauzione di Rimsha Masih, la ragazza di 14 anni appartenente alla minoranza cristiana e affetta da una forma di ritardo mentale che è accusata di blasfemia per aver bruciato alcune pagine del Corano. La cauzione, fissata a 10.500 dollari è stata pagata dalla All Pakistan Minorities Alliance, un’associazione che protegge le minoranze religiose pakistane.

Secondo Paul Bhatti, il ministero per l’Armonia nazionale (che si occupa dei rapporti tra le diverse confessioni religiose), dopo la liberazione Rimsha è stata condotta con un elicottero dell’esercito in un luogo segreto dove ha incontrato i suoi genitori. In teoria la blasfemia, per il codice penale pakistano, è un reato che non concede la liberazione su cauzione, ma sembra che sia stata fatta un’eccezione per via della giovane età della ragazza e, più probabilmente, per l’attenzione internazionale che ha avuto il caso. Rimsha dovrà comunque tornare davanti alla corte. Per il reato di blasfemia “volontaria” secondo la legge pakistana la pena raccomandata è”la morte o il carcere a vita”, in quest’ordine.

Domenica scorsa un imam della comunità locale era stato arrestato con l’accusa di aver infilato lui stesso le pagine bruciate del Corano in una busta della spazzatura che stava portando la ragazza. L’imam è stato accusato da un altro religioso, ma, a quanto pare, non è detto che questo possa salvare Rimsha. Infatti, il secondo imam ha comunque confermato che la ragazza ha bruciato, non si sa per quale motivo, delle altre pagine del Corano (oltre a quelle che erano state infilate nella sua borsa).

In seguito al processo contro Rimsha la polizia ha trasportato la sua famiglia in una località segreta  per motivi di protezione. Molti cristiani che abitavano vicino alla famiglia di Rimsha sono stati costretti a trasferirsi in seguito alle minacce ricevute. Le leggi che puniscono il reato di blasfemia sono un tema molto sensibile in Pakistan: nel marzo 2011 il ministro per gli affari delle minoranze venne ucciso dopo averne chiesto una riforma. Pochi mesi prima, per lo stesso motivo, era stato ucciso anche il governatore del Punjab.

L’accusa ha chiesto l’annullamento della cauzione per la bimba pakistana accusata di blasfemia

Quando abbiamo visto le immagini diffuse dai media del mullah in manette sembrava scontata l’assoluzione della bambina pakistana. Invece, venerdì, quando la Corte ha ripreso l’udienza del caso Rimsha Masih, il pubblico ministero Rao Abdur Rahim ha chiesto al giudice di agire contro la polizia e di annullare la cauzione concessa per la mancata comparizione dell’imputata. L’incarcerazione del responsabile, un mullah che ha falsificato le prove (il primo caso in cui l’accusatore viene addirittura arrestato), sarebbe dovuta bastare da sola a chiudere il processo, ma l’udienza è stata rinviata al 17 settembre. 

Le autorità pachistane continuano a trascurare il fatto che al di là della vicenda particolare sullo sfondo c’è una legge, quella sulla blasfemia, che è comunemente abusata per discriminare i cristiani e impossessarsi delle loro povere proprietà (e per questo sostenuta dal 97% della popolazione). Nonostante le tante ingiuste condanne e le uccisioni extragiudiziali di molti degli assolti, sul piano strettamente politico e legislativo non è cambiato nulla. Asia Bibi, mamma di due figli ingiustamente detenuta e condannata all’ergastolo, aspetta ancora il di essere sentita dall’Alta Corte di Lahore per l’appello che non può avvenire per motivi di sicurezza. Con lei attendono giustizia i detenuti incarcerati per lo stesso motivo e le 400 famiglie che nel concreto timore di rappresaglie hanno dovuto lasciare il sobborgo della capitale dove vive Rimsha. 

La liberazione di Rimsha e le dichiarazioni del pubblico ministero lasciano l’amaro in bocca: la bambina non è stata liberata, ha cambiato solo il regime di detenzione. I motivi di perplessità sono molti: è stata arrestata una tredicenne, riconosciuta ritardata mentale dal perito tecnico del tribunale, con in più una falsa accusa e testimoni che la scagionano. Ciononostante, è avvenuta ugualmente la pretesa del pagamento per il suo rilascio. La considerevole somma di 10.000 euro di cauzione è stata provvidenzialmente pagata da una Ong italiana, la ‘Umanitaria Padana Onlus’, operativa in Pakistan dal 2009, che si è fatta carico anche del pagamento dell’avvocato difensore e addirittura del suo viaggio in elicottero verso un luogo sicuro. 

Nonostante la liberazione, Rimsha ed i suoi familiari temono di essere uccisi; la bambina pachistana ha dichiarato alla CNN di “essere spaventata e di temere che qualcuno mi possa uccidere”: non è una preoccupazione aleatoria giacché la decisione della sua liberazione non è condivisa dagli estremisti islamici che le hanno inviato minacce di morte. E non solo: per esempio il giovane ragazzo che insieme al Mullah ha accusato Rimsha di aver bruciato il testo sacro ha detto che “se serve possono nascere altri Mumtaz Qadri”, ovvero quella guardia del corpo che uccise il governatore del Punjab nel 2011 perché era contro la legge sulla blasfemia. 

Qual è la posizione attuale dei governi occidentali, tanto prodighi a sostenere la democrazia? Debole come sempre, tanto che nel marzo 2009 paradossalmente è stato proprio il Pakistan a presentare una risoluzione al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite con cui ha invitato il mondo ‘a formulare leggi contro la diffamazione della religione’. Quella risoluzione è stata approvata. La stessa solerzia purtroppo non è stata dimostrata per la difesa degli ultimi: in Pakistan il ministero per la tutela delle minoranze è stato inopinatamente cancellato proprio nel momento di maggior bisogno, evidenziato dall’uccisione di Batthaz Batti (titolare del dicastero) con più di 30 colpi di arma da fuoco. Oggi il fratello Paul Batthi, anch’esso cristiano, è a capo del meno indigesto ministero ‘per l’armonia nazionale’, ma c’è una sostanziale differenza tra un ministero che si prefigge l’armonia nazionale ed uno che era stato espressamente istituito per la difesa, la tutela e la salvaguardia di tutte le minoranze (e che aveva fatto non poco su questa strada, come la concessione delle baraccopoli di Islamabad ai legittimi occupanti). 

Mettendo tutto insieme, il messaggio che passa è che la legge sulla blasfemia è una legge giusta e che solo in particolari circostanze si può transigere. Non è in corso una battaglia di libertà, ma è in gioco la concessione di una eccezione che non tutti sono disposti ad accordare. Lo stesso ministro dell’Armonia Paul Bahhti, nonostante avesse detto che i religiosi e le ONG “fomentano l’odio religioso anziché placarlo”, è stato lui stesso minacciato di morte: gli è stata assegnata una scorta ma è costretto comunque a restare chiuso nel suo ufficio al ministero.

Se la preoccupazione del ministro, a riflettori accesi, è quella di non mettere in cattiva luce i musulmani, si spera che a riflettori spenti il vero obiettivo sia quello di preservare indistintamente i diritti di tutti gli uomini. Criticare una legge palesemente ingiusta non offende di certo l’Islam, lo sarebbe dire che va contro la ragione. La stessa incarcerazione non convince: anche se è stata giudicata dallo stesso ministro Batthi ‘necessaria per tutelare la sua incolumità personale’, non si vede come per tutelare l’incolumità personale di una bambina non ci sia altro di meglio che le sbarre.