di Stephen Witmer – Riuscire a capire la relazione tra la sovranità di Dio e la responsabilità umana è sempre stata una questione di semplice ricerca intellettuale per me – solo un sorprendente puzzle d’idee filosofiche. Ma adesso non lo è più. Il frutto amaro della pigrizia, dell’ansia e dell’orgoglio si sono intrufolati nella mia vita ogni volta che sono caduto in questo equivoco e dall’altra parte della medaglia, il meraviglioso frutto di un cuore in pace e di un amore disinteressato sono risultati in un successo. Questa non è una discussione teoretica o teologica che non ci riguarda. Qui stiamo parlando della differenza tra una vita cristiana vissuta in pieno e la stagnazione spirituale.
Come possono le nostre azioni in questo mondo essere relazionate con l’opera di Dio? Consideriamo tre possibilità, nelle quali mi sono ritrovato varie volte nel corso della mia vita.
Dio non fa nulla, mentre noi facciamo tutto
Alcuni vivono la loro vita con questa convinzione: credono che non ci sia un Dio e quindi pensano di avere la piena responsabilità di quello che fanno. Altri semplicemente vivono in questo modo nella pratica, nonostante non lo dichiarino apertamente. Molti cristiani infatti sono atei nella pratica: quando si trovano di fronte a un problema, istintivamente si rivolgono a loro stessi per risolverlo.
Parecchi anni fa, io e mio figlio Samuele tentammo di gonfiare le ruote di gomma del passeggino. Nonostante Samuele chiaramente avesse bisogno del mio aiuto per far funzionare la pompa della bicicletta, era determinato a fare tutto per conto suo (nonostante io sostenessi, a ragione, che non ci sarebbe riuscito). Questo è quello che facciamo con Dio quando andiamo in paranoia o ci preoccupiamo, o ci precipitiamo subito nella modalità “risolvi il problema”, invece che arrendere i nostri problemi in preghiera a Dio e chiedergli aiuto.
Il Salmo 127:1-2 proclama la vanità del tentare di vivere lontano dall’aiuto di Dio:
“Se il SIGNORE non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori; se il SIGNORE non protegge la città, invano vegliano le guardie. Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare e mangiate pane tribolato; egli dà altrettanto a quelli che ama, mentre essi dormono”.
Invano, invano, invano. Salomone non intende dire che gli atei non possono costruire case o mantenere le città sicure (ci sono un sacco di buoni costruttori di case che sono atei). Ma quando lo fanno, negano l’aiuto del vero Dio! E il messaggio di Salomone è ancora più profondo e perspicace: qual è il senso di costruire una nuova casa o proteggere una città se non hai Dio? La vita non può proseguire in maniera separata da Lui. Nella seconda metà del Salmo 127, Salomone mostra quanto la nostra vita può essere benedetta quando ci appoggiamo a Dio (Salmo 127:5). L’ateismo pratico è un grande errore, ma anche fare l’opposto è un errore!
Dio fa tutto, mentre noi non facciamo niente?
I cristiani a volte mascherano passività e pigrizia con un abito spirituale. Amiamo “lasciar andare e lasciar fare Dio”. “Dio ama quella persona e ho fiducia che risponderà ai suoi bisogni”. Diciamo “pregherò per te”, invece di offrire un aiuto pratico che ci possa costare qualcosa. È la stessa cosa che ha fatto mio figlio quando finalmente sono andato ad aiutarlo a gonfiare le ruote del passeggino. Ha pensato che poiché ormai io avevo iniziato a usare la pompa, avrebbe potuto trovare qualcos’altro di più interessante da fare. Quindi è andato a fare altro.
Possiamo chiederci se i versi del Salmo 127 che abbiamo citato sopra incoraggino alla pigrizia. Dopotutto, Salomone dice che invano ci alziamo di buon mattino e andiamo tardi la sera a riposare. Tuttavia notate qualcosa di essenziale: è certo importante che sia Dio a costruire la casa, ma ci sono in ogni caso persone che la costruiscono. E mentre il Signore protegge la città, ci sono comunque degli uomini di guardia sulle mura.
Giovanni Calvino aveva ragione quando disse “non è nella volontà di Dio che stiamo fermi come blocchi di legno, o che ce ne stiamo con le braccia conserte senza fare niente; ma dovremmo applicarci e usare tutti i nostri talenti e i vantaggi che [Dio] ci ha affidato”.
Avere l’aiuto di Dio non significa che ci possiamo trasformare in pelandroni. La Sua opera non invalida mai le nostre (Filippesi 2:12-13). C’è un modo migliore per armonizzare la Sua opera con le nostre azioni.
Dio fa tutto, ma anche noi facciamo qualcosa
Dio ci chiama a fare qualcosa in questo mondo: a essere attivi, ad abbondare anche in buone opere (I Corinzi 15:58). Tuttavia anche se abbondiamo in opere, dobbiamo certo riconoscere che non faremo mai abbastanza in confronto a ciò che Dio fa. È vero che “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” ma non è vero che “se i costruttori non costruiscono la casa, il Signore costruisce invano”. Questa è un’eresia. Abbiamo bisogno di Dio, ma Lui non ha bisogno di noi. Egli è sovrano.
Dopo che Samuele si era allontanato per fare qualcos’altro, mia figlia Anna passò di lì e si fermò. Prese il manico della pompa, io misi la mia mano sopra alla sua, e gonfiammo le ruote insieme. Alla fine del lavoro tutte le ruote erano gonfie e Anna ebbe la soddisfazione di aver sinceramente aiutato. Ma ovviamente i nostri sforzi non sono stati gli stessi. Se Anna avesse smesso di gonfiare insieme a me, io avrei comunque finito il lavoro senza problemi. Al contrario, se mi fossi fermato, Anna non sarebbe stata capace di continuare.
Questo non fa di Anna una persona passiva o pigra in quello che fa. Anzi, la mia presenza l’ha incoraggiata a pensare che il lavoro sarebbe stato compiuto con successo, anche se avesse provato le sue forze. Allo stesso modo, sapere che Dio opera in noi e attraverso di noi ci dà la sicurezza e il coraggio di essere più, e non meno, attivi nel nostro lavoro che lui ha predisposto per noi.
Dio fa ogni cosa, e noi facciamo qualcosa. O come diceva l’apostolo Paolo:
“Ma per la grazia di Dio io sono quello che sono; e la grazia sua verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (I Corinzi 15:10).
Fonte: http://www.coramdeo.it