UNA NUOVA SPERANZA

di Masdea Agostino  –  Ruth 1:1-7 –  i) Il libro di Ruth racconta la storia di due donne, una suocera e una nuora… e sebbene questo tipo di rapporto proverbialmente sembra sia difficile, queste due persone unirono la loro vita in un legame spirituale e di affetto sincero che lasciò un segno profondo nella storia d’Israele e nella storia del popolo di Dio.
In questo brevissimo libro si fondono speranze e delusioni, gioie e amarezze, emozioni e sentimenti, che lasciano una profonda impressione dal punto di vista umano, ma che danno, con la chiarezza che il figli di Dio possono cogliere, preziose lezioni spirituali per la  vita di ogni credente.

A. – ELIMELEK , UN PADRE PREOCCUPATO

La storia di Ruth avviene al tempo dei Giudici; quel tempo cioè quando “non c’era alcun re in Israele; ognuno faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi.” (Giudici 21:25) Il primo personaggio che incontriamo si chiama Elimelek: vuole dire “il mio Dio è Re”. Elimelek ha una famiglia: come ogni buon padre di famiglia si preoccupa di dare un futuro ai propri figli. La situazione economica in quel tempo non era delle migliori in Israele; c’era la carestia. Così Elimelek decise di andare in un altro paese, Moab, per cercare di stare meglio, per garantirsi un futuro migliore.

E’ un padre preoccupato, non si accontenta di quanto ha, è ansioso, forse stressato al pensiero del futuro…., e cerca di più per se e la sua famiglia. Tutto questo è encomiabile: chi può dargli torto. Migliorare la propria posizione è un’ambizione legittima per tutti. Ma Elimelek commette un errore, scegliendo di portare la sua famiglia in un paese pagano, idolatra, e lontano dalle leggi del Signore. Una terra dove non esiste il culto al Signore, e i costumi sono diversi dal popolo d’Israele.

Chi sposeranno i suoi figli? Troppo presto per pensarci… che compagnie frequenteranno…? E i fratelli? Elimelek, posso cercare di immaginare, avrà pensato: “Troveremo amici anche in Moab! D’altronde non è colpa mia se Dio non ci provvede qui il necessario: Lui ha promesso una terra stillante latte e miele, noi abitiamo a Bethlemme, la casa del pane, ma non c’è pane…; io ho una famiglia da mantenere. Il culto…? I fratelli…? Pazienza! Cercheremo di arrangiarci… d’altro canto la preghiera non mi riempie la pancia…, e poi ho i miei figli da sistemare!”

Come mai c’era carestia in Israele? Nella terra stillante latte e miele? E’ una domanda che sorge spontanea alla luce delle promesse che Dio, precedentemente aveva fatto al Suo popolo. Leggiamo nel libro dei Giudici: “…dopo di essa sorse un’altra generazione che non conosceva l’Eterno, né le opere che egli aveva compiuto per Israele.” (Giud. 2:10) “I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno e servirono Baal; abbandonarono l’Eterno, il DIO dei loro padri che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto, e seguirono altri dèi fra gli dèi dei popoli che li attorniavano, si prostrarono davanti a loro e provocarono ad ira l’Eterno; essi abbandonarono l’Eterno e servirono Baal e le Ashtaroth. E l’ira dell’Eterno si accese contro Israele e li diede nelle mani dei predoni, che li spogliarono; e li vendette nelle mani dei loro nemici all’intorno, ai quali non poterono più tener fronte. (Giud. 2: 11-14). Lo sviamento e la ribellione portano sempre questa conseguenza: Dio non è più con noi! E i nemici ci spogliano.

Dio prova la nostra ubbidienza, sempre! Queste nazioni servirono a mettere Israele alla prova, per vedere se Israele avrebbe ubbidito ai comandamenti che il SIGNORE aveva dato ai loro padri per mezzo di Mosè. (Giudici 3:4) Cosa doveva fare Elimelek? Era anche lui coinvolto nell’adorazione di Baal? Era anche lui completamente sviato dal Signore? No probabilmente! Ma quando piove, piove su tutti… Se venisse in questi giorni una recessione economica di livello mondiale, come si teme, tutti ne porteremmo le conseguenze… e se questo dovesse portarci a perdere la fiducia nel Signore, allora vuol dire che il nostro cristianesimo è alquanto fragile. Vuol dire che stiamo seguendo Gesù solo per i “pani” e per i “pesci”. Se io servo Dio solo quando mi benedice, vale poco la mia fede. Se io amo il Signore solo perché mi libera, mi guarisce, mi provvede, allora il mio cristianesimo è un cristianesimo di convenienza: no! La vera fede è saper dire come i tre giovani ebrei davanti all’imperatore: “Ci liberi o non ci liberi…” ci guarisca o non ci guarisca… ci provveda o non lo faccia… noi lo amiamo e lo serviremo lo stesso.

E comunque Elimelek non stava tanto male! Sua moglie dirà più tardi: “Io partii nell’abbondanza, e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto.” (vs 21). Quindi la loro condizione non era estremamente precaria. Il problema di Elimelek è comune anche ai giorni nostri: la sollecitudine.
Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.” (Filippesi 4:6-7)
Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. (Matteo 6:31-32)

Anche al tempo di Elia ci fu una grande carestia… 3 anni e 6 mesi. Ma il Signore provvide per ogni suo bisogno. E quando si rese necessario andare in un altro luogo, Dio lo guidò. Elia, il Tisbita, uno di quelli che si erano stabiliti in Galaad, disse ad Acab: «Com’è vero che vive il SIGNORE, Dio d’Israele, che io servo, non ci sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia parola». La parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: «Parti di qua, va’ verso oriente, e nasconditi presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. Tu berrai al torrente, e io ho comandato ai corvi che là ti diano da mangiare». Egli dunque partì, e fece secondo la parola del SIGNORE; andò e si stabilì presso il torrente Cherit, che è di fronte al Giordano. E i corvi gli portavano del pane e della carne la mattina, e del pane e della carne la sera; e beveva al torrente. Ma di lì a qualche tempo il torrente rimase asciutto, perché non pioveva sul paese. Allora la parola del SIGNORE gli fu rivolta in questi termini: «Alzati, va’ ad abitare a Sarepta dei Sidoni; io ho ordinato a una vedova di laggiù che ti dia da mangiare». Dio si prende cura dei suoi figli. Chi confida nel Signore non teme la penuria o la carestia; non teme la tempesta e nemmeno la siccità… perché l’Iddio in cui confida è anche suo Padre. Salmo103:13 “Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso l’Eterno verso quelli che lo temono”.

No, non possiamo dare retta alle vomitevoli e abominevoli bugie di satana che ogni volta che passiamo per una prova ci dice che Dio non ci ama più, che ci ha abbandonati e che il nostro futuro è ormai segnato. No, ricordiamo a noi stessi le innumerevoli e preziose promesse di Dio; satana è un fallito, ricordaglielo quando ti dice che Dio ti ha abbandonato, ma i figli di Dio non falliranno mai fin quando rimangono nella casa del Padre!!!

Già , nella casa del Padre! Perché in Moab non ci può essere la benedizione! Moab è la figura del mondo; andare in Moab vuol dire lasciare la casa del padre, Bethlemme, la casa del pane, per andare a cercare altro da qualche altra parte. Meglio soffrire col popolo di Dio, che godere il benessere del diavolo. Anche il figliuol prodigo fece la stessa esperienza: non aveva penuria, non soffriva la carestia, ma non era contento.

Quanto mi dispiace vedere cristiani scontenti e insoddisfatti. Quel tipo di insoddisfazione che è l’anticamera del fallimento. “Io ho imparato a essere contento dello stato in cui mi trovo” dirà l’apostolo Paolo. L’insoddisfazione continua è causa di ribellione, e la ribellione è la porta dell’abisso. Quel giovane lasciò la casa del Padre per andare in un paese dove sperava, come Elimelek, di avere di più, di trovare di meglio, di essere finalmente appagato. E inizialmente fu così… per qualche tempo le cose andarono bene… poi vennero i problemi, e alla fine diventò un guardiano di porci..

Di Elimelek non sappiamo come inizialmente andarono le cose… non facciamo in tempo a incontrarlo, che già scompare. Il Vs 3 ci dice che morì… in terra di Moab. La speranza è ora nei suoi due figli che intanto si erano sposati. Sposati? E con chi? Con due moabite! Se vai nel mondo incontri il mondo, impari i costumi del mondo, vivi come il mondo e ti sposi con il mondo. Dio aveva severamente proibito matrimoni con donne straniere… ma i figli di Elimelek probabilmente neppure lo sanno… neppure si ricordano più del loro Dio visto che le loro mogli adorano Baal e Astarhot; per 10 anni cercarono la benedizione, la prosperità, la fortuna… ma laconicamente la Bibbia dice che in terra di Moab morirono anch’essi, tutti e due. Che tragedia. Povera Naomi. Ha ragione di dire “non chiamatemi Naomi (che vuol dire amabile) ma Mara, (amarezza)”.

B. – NAOMI UNA DONNA AMAREGGIATA

Naomi, una vedova, sola, in terra straniera. Ogni sua speranza è persa. Ogni fonte di aiuto è scomparsa. Il suo spirito è afflitto, la sua condizione disperata…. Forse no, non del tutto. I figli di Dio non saranno MAI disperati. Naomi non sa perché è successa tutta questa tragedia nella sua vita… ma c’è ancora un barlume, un fievole accento di speranza: le notizie che arrivano dalla sua terra: Dio ha visitato nuovamente il suo popolo. Ci possono essere momenti difficili, tempi di carenza di benedizioni, mancanza di abbondanza, ma poi Dio sempre si ricorda del suo popolo. Gloria a Dio per questo!

Naomi è una brava suocera. Infatti le due nuore vogliono onorarla e accompagnarla, almeno fino al confine, per aiutarla anche a portare il suo bagaglio. Naomi è un esempio per tutte le suocere. E’ evidente che con le due nuore abitavano ancora insieme e si volevano bene. Sappiamo che non sempre è così… ma l’esempio di Naomi è un incoraggiamento per tutte le suocere e le nuore a pregare per il loro rapporto, perché molti dissapori e a volte molti conflitti matrimoniali nascono dal pessimo rapporto che si crea tra suocere e nuore.

Come Naomi, ci sentiamo noi afflitti dalle circostanze della vita? Come Naomi siamo a volte scoraggiati e tentati a pensare che Dio ci ha maledetti invece che benedetti? Ci sentiamo a volte come la calamita che attira tutti i metalli, così noi con i problemi? Siamo quasi sopraffatti da cominciare a disperare??? Bene, questo messaggio è per noi. Il libro di Ruth è un messaggio proprio adatto per la nostra vita. Cosa fa Naomi ora?

Decide di tornare a Bethlemme. Saggia decisione. Come il figliuol prodigo. E’ meglio vivere in povertà a Bethlemme che avere abbondanza in Moab. Meglio essere trattato come un servo da mio Padre che fare il guardiano di porci. Arriva sempre il tempo di dire basta!!! Basta con Moab, basta con i porci, giovedì abbiamo parlato di Davide che disse “basta” con la terra dei filistei…. Basta col peccato, basta con lo sviamento, basta con la mediocrità, basta, ora la misura è colma: Mi leverò e tornerò a Bethlemme, ora tornerò a casa di mio padre e gli chiederò perdono! Ora dirò “basta” al diavolo e alle sue bugie. Basta…. nel nome del Signore!!! Basta con questo posto, sono stanca di questa sofferenza, basta con questa condizione… non è adatta per un figlio di Dio! Non resterò in questo posto un solo minuto ancora! Voglio tornare… tornare lì dove ho cominciato ad allontanarmi, dimenticare questo tempo e ricominciare da capo: una nuova vita, un nuovo inizio, una nuova SPERANZA.

E Naomi scoprirà alla fine che DIO REGNA. Egli siede sempre sul trono; mai le circostanze sfuggono al suo controllo. Il libro di Ruth è il libro della speranza: mai perdere la fede e la fiducia in Colui che tiene il mondo intero nelle Sue mani. Torniamo al Signore stasera. In qualsiasi posto noi ci troviamo, sia nel dolore che nella serenità, abbiamo bisogno di trovare nella casa paterna la consolazione per il nostro dolore o la benedizione per il proseguimento del nostro cammino.

Come Naomi imparerà così anche noi dobbiamo comprendere che “Tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio” e anche se oggi non comprendiamo, se siamo offuscati o annebbiati dalle circostanze, confidare in noi stessi, o nel mondo, non farà altro che aggravare la nostra condizione, ma lodare Dio, lodarlo ad alta voce, lodarlo con tutto il cuore, invocare il Suo nome è la soluzione migliore affinché Egli intervenga e si glorifichi nella nostra vita: A Lui sia la Gloria.