È IMPOSTO!

di Roberto Bracco  – Quando una creatura viene alla luce e reca il suo corredo di gioia, di letizia a coloro che erano in attesa, fa anche sorgere spontanei cento interrogativi: come sarà, cosa farà, dove vivrà?  Interrogativi che rimangono interrogativi, nonostante gli auspici, gli auguri, i programmi che possono circondare la culla del nascituro. Nessuno può rispondere alle tante domande perché nessuno può prevedere in anticipo le vicende e la vita di coloro che vengono al mondo. Una sola cosa si può dire con certezza, affermare senza tema di errore: un giorno morirà! La morte è la più scontata realtà della vita e non si può quindi dar torto a coloro che affermano che noi viviamo per morire, e tanto meno possiamo rifiutare la Scrittura che aggiunge: per morire una volta.

Non pensiamo che questo passo voglia affrontare polemicamente il concetto della reincarnazione, ripugnante alla dottrina cristiana; pensiamo piuttosto che voglia sottolineare, in maniera rapida, ma concisa, la realtà della morte, in funzione della vita che siamo chiamati a vivere in Dio.

“La morte” – “il giudizio”; Cristo venuto ed offerto una volta per lavare i peccati, Cristo che apparirà a salvezza di coloro che lo aspettano. Sono realtà che la Parola di Dio ci propone attraverso paralleli esemplificativi che possono farci comprendere il messaggio che scaturisce da esse. Ogni uomo ha una sola vita, che si conclude sempre e per tutti con la morte.

Cristo è venuto una sola volta per essere il perfetto Salvatore di ogni uomo. Dopo la morte, per ogni uomo c’è il giudizio, l’esame, il consuntivo della propria vita. Alla fine del tempo, Cristo apparirà per la salvezza di coloro che l’aspettano. È vero che i paralleli pongono di fronte l’umano e il divino, il tempo e l’eternità; ma è anche vero che nel piano cristiano della salvezza questi raffronti sono inevitabili. Dio si è fatto uomo ed è venuto tra gli uomini; il tempo e l’eternità si sono compenetrati e l’eternità ha assorbito il tempo ed il tempo ha assorbito l’eternità.

Ma traduciamo in termini più semplici il messaggio espresso dalla Scrittura, affinché non possa essere rifiutato da chi potrebbe giudicarlo troppo complicato. Ogni individuo ha una vita da conservare o da gettar via; una vita soltanto, ma sufficiente alla propria salvezza o alla propria perdizione.

Egli deve usarla mentre la può vivere, cioè, deve fare le sue scelte e prendere le sue decisioni prima della sua morte, perché a tutti è imposto di morire una volta. È una vita soltanto, può essere anche breve, ma l’uomo prima della morte può viverla alla gloria di Dio, perché Cristo è venuto una volta soltanto; ma con quell’unica venuta, si è offerto per il peccato di tutti.

Dopo la morte c’è un tribunale per tutti, il tribunale di Cristo. Nessuno può sottrarsi da quell’esame, ma non tutti saranno colpiti da un giudizio di condanna, perché Cristo apparirà per accogliere nel Regno tutti coloro che saranno coperti da stole bianche, rese tali dal sangue sparso al Calvario e che quindi rimarranno in piedi fronte all’esame supremo.

Accettati questi principi fondamentali, verso i quali convergono la realtà della vita ed il messaggio della Parola di Dio, dobbiamo chiederci quale significato ha per noi il verso solenne dell’Epistola agli Ebrei: “E’ imposto che gli uomini muoiano una volta sola!”. Non possiamo sottrarci dal riconoscere che esso ha un solo significato: Vivere con saggezza, nell’attesa gioiosa di Gesù Cristo, speranza di gloria eterna.

Il primo atto di saggezza che ogni individuo può compiere è rappresentato dalla conversione a Dio. Questa affermazione scaturisce dalla certezza che ogni uomo può diventare cristiano soltanto a mezzo della conversione. A questo proposito è utile ricordare le parole di un saggio al quale un giovane chiese: “Qual è il momento migliore per convertirsi”? L’uomo rispose: “Convertiti un giorno prima di morire”! “Ma io non conosco il giorno della mia morte”! Replicò il giovane.  “Allora, convertiti oggi”!

È imposto all’uomo di morire, ma nessuno sa come e quando, e non possiamo davvero definire sciocche le parole di colui che disse: “Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo della tua vita”!

Non è un appello al fatalismo o un incoraggiamento al pessimismo, ma una saggia esortazione a fare oggi quello che forse non potremo fare domani. 

La Bibbia stessa raccomanda: “Oggi, se udite la voce di Dio, non indurite i vostri cuori!”. Il domani potrebbe non venire o potrebbe trovarci meno disposti di oggi al ravvedimento, all’umiliazione, alla ricerca della salvezza. Quante pagine del Libro di Dio ci ricordano la tragica fine di coloro che hanno vissuto la loro vita come se fossero pienamente padroni del domani: il ricco epulone, lo stolto possidente, il governatore Felice …

Il primo sprofonda nell’inferno; il secondo viene colto da morte improvvisa e quindi inaspettata; il terzo, che sembrava tanto vicino alla salvezza, se ne allontana per sempre e, da quell’incontro, può soltanto trarre un più severo giudizio, una più dura condanna. 

Il libro della Genesi ci ricorda in breve la vita di un patriarca: Enoc, che camminò trecento anni con Dio. Egli non iniziò questo itinerario dalla sua nascita, ma da quando, fatta una decisione, mosse i primi passi; perseverò poi nel sentiero della fede fino al giorno che fu “rapito nel cielo”.

La conversione è il primo passo per una vita saggia; ma la costante comunione con Dio rappresenta la continuazione di un itinerario preparato e benedetto da Dio. Camminare ogni giorno con Lui, significa essere sempre pronti ad incontrarlo oltre i confini di questa vita; la lunghezza dell’esistenza in questo mondo perde totalmente la propria dimensione, e dieci anni non sono dissimili dai trecento anni di Enoc, perché ogni giorno è stato vissuto alla gloria di Dio.

Non pochi cristiani d’altronde hanno fatto una meravigliosa scoperta e cioè che vivere ogni giorno con Dio o vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo della propria vita, non normalizza soltanto i rapporti col cielo, ma anche con la terra; non soltanto con Dio, ma anche con gli uomini. Diceva infatti una pia credente, sempre cortese, affettuosa e tollerante con tutti: “Non mi è difficile avere questo genere di rapporto con il mio prossimo, perché io tratto ogni persona come se questa si trovasse all’ultimo giorno della propria vita”.

Sembra che ci sia un rovesciamento dei termini, ma in effetti in ambedue i casi si tratta di restituire alla vita la propria dimensione e riconoscere che per “ tutti “ la conclusione è fatale, ma che questa fatalità rappresenta l’elemento fondamentale di una programmazione a tutti i livelli: da quello dei nostri rapporti con Dio a quello dei nostri rapporti con noi stessi, con gli intimi, con gli amici, con tutti.

Forse a questo punto è doveroso precisare, alla luce della Scrittura e sulla base delle esperienze cristiane più genuine, che vivere in vista della morte o, come abbiamo chiarito con diverso linguaggio, camminare con Dio, rappresenta indubbiamente una scelta eroica e come tale un impegno responsabile al quale non possono mancare rinunce e conflitti, ma non per questo un’esistenza infelice, arida, grigia. Vivere per fede, operare con una speranza nel cuore, significa realizzare la gioia più profonda, la felicità perfetta.

Allegrezza pura ed esuberante è stata sempre, anche nel periodo delle persecuzioni più cruente, la caratteristica centrale dell’esperienza e della vita cristiana, e non c’è nulla di temerario quando affermiamo che soltanto in Cristo la vita è realmente vita nel senso più alto, più nobile, ma anche più pratico della parola.

Agli uomini è imposto di morire! Questa parola, a coloro che non hanno ricevuto e non vogliono ricevere Cristo nel proprio cuore, o suscita un terrore disordinato, o accende una voglia sfrenata di bruciare le tappe e purtroppo anche la propria anima nei piaceri effimeri della carne. Ma a tutti quelli che hanno accettato Colui che è venuto per espiare il peccato dei perduti, Colui che torna per la salvezza eterna di coloro che lo aspettano, questa medesima parola ravvisa la fede ed ispira un modello di vita, capace di rispecchiare la speranza, di onorare Dio, di offrire perfetta pace in Cristo.

Caro amico, anche tu, come tutti, ti muovi e vivi entro i limiti di una legge che se è inesorabile, lo è soltanto per offrirti la possibilità di compiere una scelta, di fare una decisione. Non indugiare, perché il futuro è nascosto agli occhi tuoi, e il domani non ti appartiene. Accetta Cristo e lascialo entrare nella tua vita, perché tu possa essere pronto ad incontrarlo nell’ora del suo ritorno!