SAPER VIVERE, SAPER MORIRE

di ROBERTO BRACCO  –  Filippesi 1: 18-23  –  Qualcuno ha detto che non è difficile morire, ma è difficile vivere; molti altri invece hanno affermato che è facile vivere, ma non è facile saper morire coraggiosamente… crediamo che tutti abbiano torto, perché in realtà è difficile saper vivere e non meno difficile saper morire.

Tutti vivono e tutti muoiono, ma questo non vuol dire che sappiano vivere e sappiano morire; lo spettacolo più comune è quello di vite sprecate e di morti disperate, e questo spettacolo è una dolorosa testimonianza dello stato di un mondo incredulo. Sì, abbiamo proprio detto « un mondo incredulo» perché soltanto il possesso e l’esercizio della fede in Cristo maturano le capacità per vivere e morire.

Paolo ci offre la sua testimonianza, ma questa riproduce fedelmente quella di ogni autentico cristiano; eccola: «Per me vivere è Cristo e morire è guadagno».

Ha imparato a vivere, ha imparato a morire… veramente Paolo, alla Scuola dello Spirito Santo, ha imparato tante cose. Ha imparato ad essere sempre contento del proprio stato… Ha imparato che «tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio»… Ha imparato a ringraziare per ogni circostanza… Ha imparato a non fermarsi mai, neanche sulle benedizioni ricevute e le esperienze realizzate, ma ad andare avanti verso nuove benedizioni e nuove esperienze.

Forse però tutte queste cose sono incluse nella grande lezione «Vivere Cristo». Non è solo conoscere, amare Cristo… non è neanche soltanto possederLo, ma viverLo e Paolo lo vive. Cristo il suo programma, le sue azioni; le sue finalità, la sua gioia. Qualcuno dirà che questo è vero cristianesimo, ma si può anche dire che è vera vita; vita vissuta alla gloria di Dio, ma anche per il bene della società e per il conseguimento di una vera realizzazione di sé.

C’è
un programma preciso, luminoso e questo programma è Cristo; c’è una vita feconda, attiva e questa azione è Cristo; ce gioia, soddisfazione e queste sono Cristo; Cristo speranza di gloria. Ma se questa è la vita, non possiamo dimenticare che essa si fonde con la morte che Paolo dichiara essere non il tramonto, il crollo, ma un guadagno per lui, un guadagno per il credente. Egli può dire: «I miei peccati sono stati cancellati». Il giudizio che pesava sopra di me è stato annullato. Il mio destino eterno è illuminato perché Cristo mi ha schiuso il cielo.

Lo scettico, l’incredulo possono anche dire che non sempre la confessione di una speranza rappresenta un elemento valido per affrontare serenamente e gioiosamente la morte. Questo è vero, ma soltanto quando la speranza non è la vera speranza cristiana, ma quella acquistata a poco prezzo da una delle tante religioni che assieme alla loro liturgia, alle loro misteriose pratiche sacramentali vendono una fede che è solo credulità o superstizione, una speranza che è solo un’illusione, una conoscenza che è solo leggenda.

Ma Paolo possedeva la vera fede, la vera speranza e poteva vivere per fede e poteva morire illuminato dalla speranza; egli vedeva le realtà invisibili, eterne e camminava gioiosamente verso il possesso assoluto di quelle realtà che erano in lui potenzialmente e che lo attendevano.  Paolo, solo Paolo… no! Ogni cristiano realizza questa condizione meravigliosa.

Forse anche tu ti reputi un cristiano, ma non realizzi questa condizione. Non cercare di comporre con i tuoi poveri mezzucci il conflitto, che è evidente, fra quel che dici di essere e quel che non sei ; c’è un modo solo per armonizzare la tua professione di fede con la condizione realizzata da Paolo e questo modo è «diventare veramente cristiano».

Nessuno nasce cristiano, nessuno diventa cristiano a mezzo di una pratica sacramentale alla quale è estranea la partecipazione cosciente del soggetto, nessuno per eredità, per educazione. Nessuno è cristiano soltanto perché è membro di una famiglia o di una comunità cristiana o perché possiede una cultura cristiana…

Paolo ha avuto bisogno di un incontro con Cristo, udire la sua voce, ma è diventato cristiano arrendendosi a Cristo, accettandoLo come Signore e Salvatore. Da quel giorno ha potuto vivere Cristo… ha potuto guardare al sepolcro come ad un passaggio obbligato, ma verso il riposo, verso un incontro con Cristo liberato dal peso del corpo, dal diaframma del mondo.

Anche tu, caro amico, puoi finalmente trovare la vita, la vera vita, quella che vale la pena vivere perché ha uno scopo, un frutto, una gioia; anche tu puoi finalmente vivere Cristo. Ma ti diciamo di più; anche tu puoi guardare in faccia la morte libero da ogni timore, anzi puoi pensare con gioia al giorno che deposto il tuo corpo di argilla nella tomba puoi incontrare Cristo il Signore, scopo della tua vita, luce nella tua morte.

Possiamo solo ripeterti le parole di sempre : – Non accontentarti di una religione accettata supinamente in retaggio, la quale non ti offre una vera fede, che non ti riscalda con la speranza; Cristo è pronto per accoglierti, pronto per fare per te e in te quello che ha fatto a favore di Paolo e di ogni credente, ma anche tu, come colui che abbiamo ricordato nella sua testimonianza, devi essere sinceramente disposto a dire: “Signore, che vuoi che io faccia?”