ESSERE COME TRALCI

Ci sono due problemi che fanno particolarmente soffrire la chiesa di Gesù Cristo: l’immaturità e la solitudine in cui vivono alcuni credenti! Benché siamo abituati a guardare queste cose con meno apprensione di azioni decisamente peccaminose e malvagie, pur nondimeno costituiscono un grave ostacolo, sia per lo sviluppo della propria vita spirituale, sia per il progresso della testimonianza dell’Evangelo.

Vivere nell’immaturità, significa, secondo il dettato biblico, restare eternamente bambini. Vuol dire prolungare quello che deve essere un momento di transizione, in una situazione di sconcertante immobilità. Per questa ragione la Sacra Scrittura non esita a definire questo stato: carnalità (1 Cor. 3:1 – 3). Difatti colui che rimane fanciullo nella fede, non è mai in grado di contribuire alla propagazione dell’Evangelo e di realizzare una conoscenza più profonda del Signore, della Sua grazia e delle Sue benedizioni. Al contrario ha continuamente bisogno di altri che lo aiutino e lo sostengano nel suo traballante cammino. Così succede che molto spesso l’opera dell’Evangelo viene impedita più dai cristiani immaturi che dai suoi stessi nemici.

Anche il problema della solitudine si rivela alquanto complesso. Si può essere soli perché situazioni contingenti ce lo impongono. Oppure c’è solitudine perché ci isoliamo volontariamente lasciandoci dominare dai nostri interessi egoistici. In tutti e due i casi, sebbene molto diversi fra di loro, ci troviamo in una condizione che non è quella prevista dal Signore per i Suoi figli. Egli, infatti, ha promesso di essere con noi “tutti i giorni” (Mat. 28:20). Per cui, se ci trovassimo anche in un deserto, non saremmo mai soli. E se l’isolamento è il prodotto del nostro peccato, va da sé che la presenza del Signore è potente per infrangere i suoi legami schiavizzanti.

Per superare queste situazioni così dannose per la nostra vita spirituale, Gesù Cristo ci ha introdotti in una realtà molto bella, di cui dobbiamo tenere conto. Alla fine del Suo ministero terreno, Gesù ha narrato ai suoi discepoli la parabola della vite e dei tralci (Giov. 15:1 – 17). In questo discorso, chiarissimo ed ‘accessibile anche al più semplice dei credenti, Gesù rivela il segreto per una vita soddisfacente, capace di superare immaturità e solitudine.

Riflettiamo per un istante sulle caratteristiche dei tralci. Se, come cristiani, siamo tralci che dimorano saldamente attaccati alla vite fino ad essere una stessa cosa con essa, non ci saranno problemi di immaturità. Perché la linfa proveniente dalla vite ci attraverserà, facendoci, allo stesso tempo, crescere e portare frutto. Invece, rimarremo in una situazione di immaturità finché cercheremo di vivere una vita autonoma da Dio. Ma dal momento che ci affideremo senza riserve all’azione di Dio parteciperemo alla rigogliosità della Sua vita ed è questa che farà di noi degli esseri maturi, capaci di portare frutto abbondante e permanente.

Nello stesso modo supereremo qualsiasi forma di solitudine ed isolamento. Difatti i tralci della vite hanno una caratteristica tutta particolare. Oltre ad avere foglie ed a produrre grappoli, essi emettono dei cirri o viticci, cioè dei filamenti con cui aggrapparsi gli uni agli altri. Questo evita loro di cadere e perdere il frutto. Ebbene, proprio come credenti anche noi abbiamo ricevuto la capacità di amarci (Rom. 5:5) e di sostenerci a vicenda. Ed anche questa è una conseguenza ed un risultato della vita di Dio che, come tralci, riceviamo da Alto.

Siamo disposti a vivere questa realtà divina che ci è stata donata?